Racconto di Costanzo Martini
COSTANZO MARTINI
Vero che ho fatto tardi?
In famiglia tutti bene. I bambini crescono e noi si pesca nello scatolone delle fotografie e si fa un po' di ricordi. Fin dal mattino, che la luce è buona e ci si vede meno giallo in queste foto, meno grigio in quei sorrisi, meno nero, meno nero. I bambini crescono, crescono. Un momento ti adorano ed un momento ti tirano calci negli stinchi.
Ma che ora è, non devo fare tardi: Che ora è?
I bambini, i bambini... Come vorrei poter tirare ancora qualche calcio ben piazzato negli stinchi di qualcuno.
Noi qui, al mare dei vecchi, si galleggia spesso sulle panchine, con il giornale largo largo sbirciando di lato se mai passasse, per caso, il quattro chiacchiere e far venire presto l’ora di pranzo.
Noi cuneesi si è nati per soffrire, anche al mare, in vacanza. Non si è contenti se non c’è almeno la spiaggia pietrosa, meglio scogliosa, sabbia no che è troppo lussuria, ed i bambini fra i piedi a tirar coccole per se stessi e calci agli stinchi di noi vecchi.
Che ora è?
In due, sempre in due, tutto in due. Vecchia, fammi respirare. Un caffè da solo, al tavolino, davanti al mare. Che costi pure duemilacinquecento, tanto non li consumo tutti questi dannati, anche se a metterli insieme mica è stato facile. Si partiva per i mercati che era notte, sempre. Formaggi, formaggi, ce li ho ficcati nel cervello gli odori di tutti i formaggi del mondo. Carica, carica, macina chilometri nella notte sul tuo furgoncino ed arrivi sulla piazza con l’affanno, i tuoi colleghi già a metter giù casse e lampade a gas accese che il mattino non deve arrivare. Rotola, rotola il parmigiano. Ne devo fare una montagna, per la vista. E poi a tirar su la vela del mio banchetto, bianca bianca, buona per la pioggia ed il sole. Ma l’inverno è dal freddo che non ti ripari, nonostante il braciere, i mezzi guanti, le mutande di lana, la sciarpa sulla bocca con quella nuvoletta candida di vapore. E la strozzeresti la madamina che vuole l’ettoemezzo di gorgonzola che sia dolce dolce non come l’ultima volta, e quaranta grammi di mascarpone di quello cremoso, e due scaglie di nostrano che picchia un poco sulla lingua. Ma con la Censina di Vignolo, brutta ed acida come la morte, zitella zitella, che se ne veniva dondolante con il suo miliardo di capelli impalcati a forma di pomodoro, un giorno non mi sono tenuto. «Se non ce la fa a mangiarsi un etto di toma alla settimana, si trovi un uomo, un uomo».
A chili lo volevo vendere il formaggio. E giù con il coltello, che se non ti piace vai da un altro o scendi a Cuneo il martedì che puoi scegliere il formaggiaio con i baffi o senza baffi e tutto il resto come vuoi. Noi qui ti si serve sull’uscio di casa. E neve che non puoi scaricare la merce, e ti fai la tua trincea e ti va bene per quella mattina anche quella dei quarantagrammi. Non è stato facile metterli assieme, ed ora sono inutili, o quasi. Voglio il mio caffè, seduto, da signore, da duemilacinquecento od anche tremila.
Non sarà mica troppo tardi?
Solo, davanti al mare, per respirare un poco. E tu fuggi pure, vecchia, senza lavoro a maglia, ad un qualche tavolino della tua spiaggia ghiaiosa. A respirare anche tu, magari con un gelato al colesterolo, grande una montagna. Peccare un poco non ti farebbe male e startene un poco sola, con le tue cose, a misurare il mare.
Tanto ci si ritrova la sera, accanto al termosifone a sentire radiomaria. Stiamo contenti.
In famiglia tutti bene, tutti bene. Ed i bambini crescono, crescono. E la Anna è sempre in cinta, sempre in cinta. Per il freddo, dice, che in inverno mica si esce di casa ed il suo Gianni ha bisogno di essere scaldato. E noi li si guarda questi marmocchi, li si lava e veste come dei principi. E tu, la mia vecchia, a fare maglioncini che non soffrano anche loro il freddo e vadano in giro a mettere in cinta le ragazzine.
Noi si pensa molto ai peccati mortali ed ai veniali anche, se di meglio non c’è e la notte la si sente vicina.
Che si aspetta, che si aspetta? Nulla e non è questione di oggi. Noi si vorrebbe sapere se c’è qualcosa, qualcuno da aspettare. Son pensieri che tornano, tornano come queste onde di mare e sono a volte tamburi, tatam tatam tatam tatam, che ti fanno svegliare la notte sudato e tutto nero intorno e fortuna che ci sei tu, vecchia, tiepida, con quel po' di calore a dire che non è un loculo quel nero. Tatan, tatan, tatan. Tutti bene, tutti bene, ed i bambini crescono.
Ma ho fatto tardi; vero che ho fatto tardi?

Copyright © 1996

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