Jonathan Duke varcò la soglia del centro
commerciale con l'intenzione di rubare qualcosa.
Salì al primo piano ed entrò nel negozio di
dischi. Cominciò a curiosare tra le centinaia di
CD esposti in ordine alfabetico sugli scaffali,
stando ben attento agli spostamenti dei commessi e
al viavai dei numerosi clienti. Arrivato alle
canzoni per bambini, si diede una rapida occhiata
in giro. Quindi allungò una mano, afferrò un CD e
lo fece scivolare nella tasca del cappotto.
Resistette alla tentazione di sorridere in uno
sfogo di esultanza e si avviò veloce verso
l'uscita. Pochi passi oltre la soglia e l'allarme
cominciò a suonare.
«Mi scusi» esclamò una voce maschile. Un uomo
brizzolato ed elegante che sostava presso la cassa
gli si fece incontro in tre rapide falcate.
«Vorrebbe cortesemente rientrare nel negozio?»
chiese. Jonathan tornò mestamente sui propri
passi.
«Ha fatto qualche acquisto?» domandò l'uomo
brizzolato, sorridendo per non più di due secondi
mentre lo fissava con due enormi occhi neri pieni
di sospetto.
«Io? No - rispose lui -. Ho solo dato
un'occhiata».
«È sicuro?».
«Sicurissimo. Che diamine sta succedendo?».
L'uomo brizzolato si schiarì la voce e si guardò
intorno. Si era formato un discreto capannello di
curiosi che ora attendevano gli sviluppi della
vicenda. L'uomo fece un cenno alla cassiera e
l'allarme smise di suonare.
«Posso chiederle di ripassare gentilmente
attraverso l'uscita?» domandò l'uomo.
Jonathan fece quanto gli era stato richiesto e
l'allarme tornò a farsi sentire.
«Qui abbiamo un problema», disse l'uomo brizzolato
riconducendolo all'interno del negozio. Altro
cenno alla cassiera e il fastidioso bip-bip fu
messo a tacere.
«Io non ho fatto niente», protestò Jonathan.
«Devo chiederle di vuotare le tasche, per favore».
«Mi sta forse accusando di aver rubato?».
«Non la sto accusando di niente, signore.
L'allarme è scattato e quindi io devo accertarmi
che...».
«Che io non abbia rubato niente».
L'uomo brizzolato, cosciente di avere su di sé
ormai tutti gli occhi delle persone presenti nel
negozio, compresse le labbra in un moto di
nervosismo. «Se non ha nulla da nascondere, perché
non vuota le tasche e la facciamo finita?»
domandò, incenerendolo con lo sguardo.
Jonathan mise una mano nella tasca del cappotto e
porse il CD all'uomo brizzolato. Tutte le teste
dei clienti si sporsero in avanti per vedere
meglio. Coniglietti bianchi, gnomi paffuti e
fatine rosa sorridevano dalla copertina del CD.
«Bene - disse l'uomo brizzolato -. Adesso, se
vuole gentilmente accomodarsi alla cassa...».
«Non ho i soldi per pagare», mormorò Jonathan a
quel punto, ma non tanto a bassa voce da non poter
essere udito da tutti i presenti.
«Allora è libero di andarsene», ribatté l'uomo
brizzolato.
«Ma io ho bisogno di quel CD! - esclamò Jonathan
all'improvviso, scoppiando in lacrime -. L'ho
promesso a mia figlia che sta molto male! Ne ho
bisogno! Veramente!».
L'uomo brizzolato fece una smorfia. «Questo
non...».
«La prego! - gridò Jonathan tra i singhiozzi -. Mi
hanno licenziato! Non ho un soldo! Non volevo
rubare! Sono disperato! La mia bambina è molto
malata! è Natale! La prego! Non ha dei figli,
lei?».
«Sì, sono un padre di famiglia - rispose l'uomo
brizzolato, visibilmente a disagio -. Ma sono
anche il responsabile della gestione economica di
questo negozio, e non posso assolutamente...».
«La prego!».
«Mi dispiace. Veramente. Non mi è possibile
aiutarla».
Jonathan, a testa bassa, continuava a singhiozzare
senza alcun freno. Una ragazza gli si avvicinò
timidamente. Catalizzò in un attimo l'attenzione
su di sé quando aprì la borsetta, ne tirò fuori il
portafogli e depositò una banconota da un dollaro
nella mano che era rimasta sospesa a mezz'aria in
un gesto di supplica.
«Mi dispiace, ma non posso darle di più», mormorò
la ragazza. Quindi si voltò verso coloro che
stavano a guardare come per invitarli a imitare il
suo gesto. Una buona parte dei clienti presenti
nel negozio replicò il singolare atto di carità.
L'uomo brizzolato si rigirava il CD tra le mani,
cercando di capire dov'era mai l'imbroglio. Attese
pazientemente che la colletta avesse termine e si
avvicinò di nuovo a Jonathan.
«Desidera ancora acquistare il CD?» chiese.
Jonathan annuì e guardò le banconote che aveva in
mano. L'uomo brizzolato intuì il suo disagio e
prese delicatamente il denaro dalle sue mani.
Contò quindici banconote e gli riconsegnò il
resto. Si avvicinò alla cassa, diede i soldi alla
commessa che batté prontamente lo scontrino. CD e
ricevuta fiscale finirono in un piccolo sacchetto
con il marchio del negozio. L'uomo brizzolato
tornò sui propri passi.
«Il costo della cassetta è di quindici dollari, ed
è la cifra che io mi sono permesso di trattenere
da questa inaspettata... donazione. Ecco il CD,
regolarmente pagato come risulta dallo scontrino
fiscale». E dopo aver pronunciato queste ultime
parole a voce alta, di modo che gli altri clienti
sentissero bene, rimase in silenzio ad aspettare
che il ladro mancato si decidesse ad abbandonare
il negozio.
Jonathan alzò finalmente lo sguardo. Riuscì a
mormorare un ringraziamento, sinceramente
commosso, prima di voltarsi e uscire.
Il gelido vento di dicembre gli diede il benvenuto
quando uscì dal centro commerciale. Camminò lungo
il marciapiede, abbottonandosi il capotto e
asciugandosi le lacrime dal viso. La prima cosa
che fece fu di gettare il sacchettino con il CD
nel primo bidone della spazzatura che gli capitò a
tiro. Poi entrò in un bar, si accomodò al bancone
e ordinò un caffè. Si frugò all'interno del
cappotto e ne estrasse un block notes e una penna.
Il giornalista Jonathan Duke cominciò così a
scrivere: «Ma chi l'ha detto che lo spirito
natalizio non esiste più? Sono appena stato
protagonista di un evento che è riuscito
inaspettatamente a commuovermi...».
Sarebbe stato un articolo strepitoso, uno di
quelli memorabili. E questa volta il caporedattore
non sarebbe stato lì a guardarlo dall'alto in
basso, giudicandolo, come al solito, il
giornalista più folle della redazione. Lui e i
suoi travestimenti per vedere come reagiva la
gente. Qualche mese prima, vestito da accattone,
era riuscito a racimolare due dollari. Ora, alla
vigilia di Natale, aveva ottenuto una cinquantina
di dollari buoni buoni. Il tutto senza chiedere
apertamente l'elemosina. Artefice del capolavoro?
Un CD di canzoncine per bambini. Ovviamente anche
le lacrime avevano fatto la loro parte, ma la
messinscena non sarebbe servita proprio a niente
in un qualsiasi altro periodo dell'anno. Era lo
spirito natalizio, che diamine. Il buon vecchio
spirito natalizio che resisteva ancora alle soglie
del Duemila, in un mondo ipertecnologico, nell'era
degli omicidi, degli stupri, delle guerre.
Jonathan Duke scriveva tanto veloce che la mano
gli faceva male. Aveva paura di non riuscire a
mettere nero su bianco le sensazioni che aveva
provato mentre fissava la pila di banconote che
cresceva a vista d'occhio nel palmo della sua
mano. La solidarietà e la compassione nei suoi
confronti da parte di perfetti sconosciuti,
accompagnata da un rispetto che raramente gli
esseri umani si concedevano l'un l'altro. Lo
spirito natalizio. Sì, c'era ancora. C'era ancora
qualcosa di buono nell'umanità.
L'articolo che stava scrivendo era perfetto.
Perfetto perché spontaneo, profondamente sentito,
sincero fino alla nausea, per un tipo come lui. Da
molti anni non si sentiva così orgoglioso del
proprio lavoro. Il fatto di aver giocato sporco
per poter ottenere quel risultato non lo faceva
sentire in colpa. Era stato un esperimento.
Un'esperienza che aveva fatto bene al suo animo e
a quello di tutte le persone presenti nel negozio
di dischi. E non lo preoccupava nemmeno
l'eventualità che molte di quelle persone
avrebbero potuto leggere il suo articolo e
scoprire l'inganno, perché a quel punto si
sarebbero sentite in pace con se stesse per aver
donato un dollaro a un loro simile che avevano
creduto in difficoltà. L'inganno non era poi stato
un inganno se di mezzo non c'era un vero
ingannatore. Jonathan ripose penna e block notes
nella tasca interna del cappotto. Sapeva già cosa
fare del denaro che gli era rimasto.
In fondo al vicolo buio, il barbone se ne stava
rannicchiato nell'ombra di un vecchio e
maleodorante cassonetto dell'immondizia. Dalla
strada Jonathan riusciva a scorgerne solamente la
sagoma indistinta, dato che, lungo il vicolo, i
lampioni erano tutti spenti. Era Natale. Natale
per tutti. La sola differenza la facevano i soldi,
questa era la realtà. Abbandonò la rassicurante
illuminazione della strada principale per
immergersi nell'oscurità del vicolo. Si avvicinò
con circospezione e si piegò verso il barbone.
«Signore?» lo chiamò, pensando che il barbone non
avrebbe mai risposto a qualcuno che lo chiamava
«signore». Invece l'uomo si scosse al suono della
sua voce e alzò la testa.
«Cosa vuoi?» domandò bruscamente.
Jonathan gli fece vedere i soldi che teneva nella
mano e disse: «Io vorrei darle questi. È Natale.
Si compri qualcosa da mangiare. Potrebbero anche
bastarle a passare la notte in un albergo. Ce n'è
uno da queste parti che...».
Jonathan non fece in tempo a finire la frase che
già le banconote erano sparite. Attese un
ringraziamento che non arrivò. Poi si disse che un
grazie non era quello che gli serviva
effettivamente. Gli sarebbe bastato il pensiero
che il barbone vestito di stracci e mezzo morto di
fame avrebbe avuto di che nutrirsi e un letto in
cui dormire per quella notte.
«Buon Natale», disse con voce gentile, credendo
fino in fondo a quell'augurio e sentendosi
magnificamente bene. Diede le spalle al barbone e
si avviò verso la strada illuminata. Non ci arrivò
mai. L'uomo al quale aveva appena fatto
l'elemosina lo aggredì e lo pugnalò alla schiena
per quattro volte. Jonathan cadde bocconi
sull'asfalto viscido del vicolo, sul viso ancora
l'espressione serena che pochi istanti prima gli
aveva illuminato gli occhi. Le mani rudi del
barbone frugarono velocemente nelle tasche del suo
cappotto, della giacca che portava sotto e in
quelle dei pantaloni. Il block notes volò fuori
dalla tasca interna e finì nella pozza di sangue
che andava allargandosi sotto il suo corpo.
Jonathan lo guardò con occhi vitrei mentre le
pagine si inzuppavano del liquido rosso. L'uomo
sopra di lui continuava a cacciare le sue mani
sudicie in ogni piega degli abiti che indossava.
«Buon Natale anche a te, brutto bastardo», mormorò
il barbone dopo che ebbe finalmente trovato il
portafogli.
L'ultima cosa che sentirono le orecchie di
Jonathan Duke furono i passi frettolosi del suo
assassino che si dava alla fuga. L'ultima cosa che
videro i suoi occhi furono i bagliori lontani
delle vetrine. E l'ultima cosa che pensò Jonathan
Duke, prima di morire, fu che, indubbiamente, il
suo articolo andava riscritto.
Sì. Indubbiamente.
Copyright © 1999