Premio Editoriale Penna d'Autore - Narrativa
E LE CHIAMANO BESTIE...
di Piera Alloatti
Due animali hanno lasciato un segno profondo nella mia vita di adulta, essi sono cresciuti pari pari con i miei figli: il gatto Gigio ed il cane Bel.
Con la nostra famiglia, sia pure in modo diverso, essi hanno trascorso la loro esistenza, regalandoci quell'affetto incondizionato che gli animali sanno donare.
Gigio è comparso in mezzo a noi in un caldo pomeriggio estivo, un batuffolo grigio dorato ammiccante dalla vetrina di un negozio di animali. Mia figlia, sei anni allora, se ne innamorò a prima vista. Ed iniziò quel giorno fra una bambina ed un gatto siamese una storia d'amore che doveva durare per venti lunghi anni.
Inutili le scuse che tutti i genitori inventano sul momento: un gatto sporca, bisogna curarlo, non è un giocattolo... inutile soprattutto il tentativo di sostituirlo con un altro essere vivente: una tartaruga, un pesce, un canarino... la bimba e il gatto si osservano, singhiozzando la prima, piagnucolando il secondo, con due occhi azzurri ammalianti.
Gigio è entrato in casa nostra e ha trasformato la nostra esistenza... si arrampicava sulle tende, distruggeva le sedie impagliate, grattava i divani, soprattutto lasciava il segno della sua presenza su qualunque oggetto alla sua portata... necessità per un micino in crescita, pazienza!
Come tutti i gatti aveva scelto una persona nella nostra famiglia e non era quella bimba a volte capricciosa, che magari lo disturbava per giocare quando lui aveva intenzione di sonnecchiare, ero io la sua preferita. Tre anni dopo è arrivato un altro figlio e Gigio incuriosito osservava i preparativi per la prossima nascita, probabilmente riteneva che la culla, le copertine, la morbida cesta fosse un omaggio per lui, perché inevitabilmente le sceglieva come luogo preferito per dormire.
Quale offesa deve essere stata scoprire che invece ora venivano occupate da un bambino vero e soprattutto che quel bimbo era spesso fra le braccia della persona che lui riteneva «sua». Col coraggio e la sfrontatezza tipica dei gatti decide che da quel momento fra me e lui è finito tutto e sceglie di vivere per quella bambina ormai un po' più grande e più paziente.
Da allora incomincia un periodo di attaccamento e di simbiosi reciproca, i due forse non parlano ancora la stessa lingua, ma si capiscono al volo, io non posso sgridare mia figlia perché al suo grido «Gigio, aiuto!» il gatto accorre e mi graffia le gambe, la bambina parla ed il gatto risponde modulando la voce, quei due si ascoltano e comunicano utilizzando un linguaggio fatto non solo di gesti e parole e versi, ma si instaura una vera e propria trasmissione del pensiero, che a mano a mano esclude gli altri componenti della famiglia.
Trascorrono gli anni e quella bambina cresce, anche il gatto comincia ad invecchiare, non combina più guai, come un vecchio silenzioso e stanco trascorre il tempo attendendo il suo arrivo dopo le ore di scuola, acciambellato sulla scrivania apprende con lei greco e latino.
Gelosia folle quando entra in casa il primo ragazzino, uscirà con un graffio lungo un metro su quel braccio che aveva osato sfiorare la sua amica!
E giungono gli anni dell'università, i lavori estivi, le ferie, ogni sera la telefonata: come sta Gigio? Ed io incomincio a temere che quel gatto, diventato anziano perché è il più curato del mondo, ma con un'età ormai eccezionale per un suo simile, possa andarsene quando la sua padroncina è lontana... non lo farà, ad ogni ritorno egli è pronto a riceverla con l'amore di sempre, come se si fosse allontanata il giorno prima.
E poi il lavoro, la laurea, l'indipendenza: mia figlia va a vivere da sola, decide di lasciare il gatto nella nostra casa, ritiene che data l'età potrebbe non sopportare il trauma di un trasloco.
Ed ogni volta lui l'attende fiducioso, si coccolano, riprendono lo stesso abituale discorso fatto di parole e miagolii, la ragazza lo porta dal veterinario, che si stupisce di questa longevità, lo paragona ad un uomo di 110 anni.
Una sera rientrando lo trovo riverso sul pavimento, non reagisce più, eppure quel vecchio cuore batte ancora. Mia figlia a 15 chilometri non sa nulla, eppure lo sente senza bisogno del telefono, quella telepatia che li univa da una vita di nuovo funziona, lei accorre e comincia a parlargli... il gatto esce dal coma e si rialza, accosta il muso al suo viso, con la zampa le accarezza il volto. L'aveva attesa e amata tutta la vita, l'ha voluta chiamare ed aspettare anche per morire!
L'avventura di Bel è molto meno casalinga, anche se comune a tanti suoi simili.
Giunto da chissà dove, scaricato da un'auto bianca, residuo di pietà forse la scelta di un paese e non di un'autostrada, ha incontrato in un giorno di neve un bambino di otto anni...
«Mamma, ho trovato un cane!». Penso al solito cucciolo, invece si tratta di un grosso lupo di circa un anno, dai dolcissimi occhi languidi. Impossibile pensare di alloggiarlo, già è difficile la convivenza in un appartamento di tre camere al quarto piano fra quattro persone ed un gatto, impensabile introdurre ancora un cane di quella taglia.
Ma si avvicina Natale e c'è tanta neve, apriamo un po' il garage, almeno troverà rifugio per la notte, poi riprenderà il suo vagabondare.
Quella notte è durata dieci lunghi anni! Bel, abbandonato dal mondo, ci aveva scelti ed adottati di sua libera iniziativa e neppure il tentativo di sistemarlo presso una famiglia in una villa con giardino ha avuto buon esito, è fuggito ed è ritornato da noi.
Sono iniziate così lunghe lotte con il condominio e buona parte del paese, anche i cani più buoni e docili e affettuosi hanno il vizio di abbaiare.
Bel poi aveva un altro punto debole: era nato libero e libero voleva vivere. Inutile provare a legarlo, soprattutto quando nel raggio di cinque chilometri sentiva effluvi d'amore... impazziva ed ululava come un vero lupo, arrivando perfino a strappare tutto e a correre via con tre metri di catena al seguito.
Logico che con le sue serenate alle cagnette recasse qualche disturbo, non tutti gli esseri umani sono pazienti, così per due volte è stato avvelenato, qualcuno con un bastone gli ha spezzato un orecchio, facendogli assumere quella sua caratteristica inconfondibile, di un cane lupo con un orecchio diritto e uno a mezz'asta.
E gli squarci nella carne (quante volte il veterinario l'avrà ricucito?), che si procurava saltando le acuminate cancellate per andare ad incontrare le sue simili di buona razza, tenute ben rinchiuse? Fosse stato un cane di appartamento sicuramente non sarebbe sopravvissuto a tante vicissitudini, ma era un lupo vero, temprato alle intemperie e pieno di anticorpi; dotato anche di un'intelligenza e una caparbietà eccezionale che lo aiutavano a togliersi dagli impicci.
Anche a Bel mancava soltanto la parola.
Compagno di giochi e di avventure di mio figlio, cresceva insieme con lui seguendolo nelle scorribande lungo il fiume o nelle escursioni in bicicletta, era in un certo senso il suo guardiano, perché, pur irrequieti entrambi, si sorvegliavano a vicenda.
Da nemico del condominio era riuscito giorno dopo giorno a conquistare la simpatia di tutti e a guadagnarsi il grado di custode. Conosceva tutte le auto e le persone, anche quelle che soggiornavano saltuariamente ed abbaiava pronto se di notte giungeva un mezzo sconosciuto. Accompagnava fino al supermercato le persone anziane e le scortava di nuovo fino a casa. Stava ore seduto in cortile ad ascoltare le parole altrimenti inutili di una nonna sola sul balcone. E che cosa dire quando gli ho dovuto impedire a forza di seguire (procedeva a passo lento e composto come una persona) il funerale di una signora che gli era stata amica?
Un suo gesto ha commosso il paese: una cagnolina che correva al suo fianco era finita sotto un'auto, lui si era avvicinato, prima ancora che intervenissero i presenti, e l'aveva spostata dalla carreggiata, posandola in mezzo ai fiori di un prato, con un estremo atto di affetto.
E a causa di quell'amore per cui era sempre vissuto, in un giorno di quasi primavera non si è accorto, per la prima volta in vita sua, lui che prima di attraversare guardava a sinistra e a destra, del sopraggiungere di un'auto... ora la sua corsa continua in un'altra dimensione.
Queste sono le storie vere di Gigio e di Bel, un gatto di casa e un cane di strada, che non ho il coraggio di chiamare
«bestie».
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