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In questo bel romanzo di alto valore umano, Imma Divino narra di un’anziana donna calabrese, Giulia per l’appunto, che da anni vive segregata nella sua piccola casa, vittima di quel sistema culturale così diffuso in un contesto etnografico estremamente debole e talvolta statico, qual è quello della Locride, che rimanda la donna nell’invisibilità sociale. È nell’immenso repertorio di ricordi, l’icona di una combattente solitaria, la figura di una donna straordinaria, che conserva gelosamente nelle rughe del suo bel volto la sua storia, la sua dignità di donna privata di ogni soggettività sociale, che dopo avere combattuto nella sua terra accanto ai braccianti e ai contadini, decide di tenersi lontana da eventi che sembrano capovolgere le sue condizioni. L’esperienza drammatica della guerra, condivisa con gli uomini, ha ormai proiettato gli interessi di Giulia ben oltre il campo delle rivendicazioni sociali della sua gente, che, del resto, impegnata com’è a voltare pagina, sembra quasi ignorare la minaccia del fenomeno criminale mafioso che come un fiume in piena travolge il tessuto sociale. E così Giulia, estranea sempre più tra la sua gente, come una novella Giovanna D’Arco finisce, ma questa volta per scelta, sul rogo della solitudine e della emarginazione. Per tornare alla pagina precedente |