«BUONGIORNO», «BUONASERA»
Silvano Fecchio
Quando mi passa vicino, io la guardo sempre; spesso la cerco
con lo sguardo lungo questi interminabili corridoi e solo il mio sguardo può
camminare assieme a lei.
Mi manca il coraggio di parlarle, ad eccezione di un breve saluto; appena un
«buongiorno» o un «buonasera», accompagnato da un mezzo sorriso.
Lei non sembra accorgersi di chi e di ciò che le sta intorno; passa via con aria
assente, ma consapevole del fascino della propria bellezza, mentre alle sue
spalle e lontano dal suo udito, i miei colleghi le rivolgono volgari
apprezzamenti.
Sono tutti invidiosi di colui che riceve le sue attenzioni, le sue carezze, i
suoi baci; un colui che ha il privilegio di stringerla fra le braccia e di
sentire la morbidezza del suo corpo.
Io per queste cose non sono mai esistito. Le donne non cercano la mia compagnia;
non mi guardano e se talvolta anche lo fanno, non posso stimolare alcuna
tentazione; inoltre mi parlano poco e quel poco si concentra in un convenzionale
«buongiorno», o «buonasera».
In tutto me stesso non esiste una sola espressione di bellezza e se posso usare
una frase fatta, vi dirò che la natura mi ha modellato male e mi è stata ostile
matrigna, non certo madre affettuosa.
Sono irrimediabilmente zoppo e anche sbilenco, tanto che la suola della mia
scarpa sinistra è spessa tre dita più di quella destra e la mia spina dorsale,
fa una discreta S, cioè curva e controcurva.
Non posso correre e nemmeno camminare in fretta come gli altri, non posso
acquistare abiti già confezionati, né essere cliente di un normale negozio di
calzature, però a questi svantaggi, ho almeno il vantaggio, che camminando
piano, piano, ho più tempo per osservare la gente e le donne in particolare.
Devo dirvi, che se conosco il corpo delle donne, è perché esistono le
prostitute, so come sono fatte le donne perché le pago, altrimenti sarei ancora
fermo alle fotografie di certe squallide riviste.
Eppure, anche se vi sembrerò strano, io non odio le donne perché mi evitano e
non mi considerano come uomo, ma al contrario le amo appassionatamente, le amo
moltissimo, per me sono tutte creature meravigliose per le quali vale la pena
qualsiasi sacrificio.
Giovani o mature, alte o basse, magre o formose, colte o ignoranti, pudiche o
sgualdrine, io le amo per la loro e nella loro diversità. Le donne le ho sempre
amate, mi hanno sempre affascinato, mi hanno riempito le notti di sogni e
continuano a farlo. La mia vita non avrebbe senso senza di loro e non mi importa
se devo comprarmi l’amore, se devo pagare la loro compagnia, se le carezze che
mi fanno sono a tempo, non mi importa se la mia mano può scivolare sui loro
seni, solo perché nell’altra stringo qualche banconota.
Non importa se spendo quasi tutto il mio stipendio per acquistare il tepore
della loro vicinanza, tutto questo per me non ha prezzo. Non hanno prezzo anche
i loro sorrisi benché interessati, o le carezze insincere che ricevo, o quel
voluto non accorgersi delle mie deformità. Ma se la natura mi ha sottratto tanto
da una parte, negandomi di fatto la possibilità dell’amore di una donna che
appartenga a me solo, dall’altra mi ha compensato generosamente.
Io ho acquisito la facoltà di capire il linguaggio nascosto delle donne, le
capisco come nessun altro; io che non ne ho mai avuta nessuna di mia, riesco a
leggere facilmente nell’animo di ognuna di loro. Mi basta un istante per
interpretare tutte le loro espressioni, i loro battiti di ciglia, i loro sorrisi
e atteggiamenti.
Capisco dallo sguardo ciò che pensano in quel momento, ciò che desiderano, ciò
che temono; avverto immediatamente se sono sincere o se invece raccontano bugie.
Sì, nessuno meglio di me potrebbe rendere una donna felice, ma qualcun altro,
che io non conosco, ha deciso per me diversamente ed è inutile ribellarsi.
Adesso è meglio fare silenzio, perché tra poco lei uscirà dalla porta del suo
ufficio e verrà avanti lungo il corridoio.
Lo spettacolo del suo incedere flessuoso è semplicemente un capolavoro di
equilibrio e di femminilità.
Potrei chiudere gli occhi e egualmente sarei in grado di riconoscere il tocco
del suo passo tra cento.
Lei mi passerà accanto, come tante altre volte e mi saluterà con un semplice
«buonasera» e forse le sue labbra accenneranno un sorriso.
Io riuscirò a leggere il suo viso come la pagina di un libro aperto; mi
basteranno alcuni secondi per capire come ha trascorso questa giornata. Scoprirò
nella luce dei suoi occhi, se è annoiata o felice, o se qualcosa la preoccupa.
Riuscirò a intuire quali desideri ha in quel momento e tutto nell’effimero
spazio di un «buonasera», pronunciato con apparente distacco, mentre dentro di
me, il mio cuore le sussurrerà: «Buonasera anima mia».
Copyright © 2003
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