Albo d'Oro

 

GLI ORECCHINI DI PERLE

Mariateresa Biasion Martinelli


1937
Linetta, a 17 anni, era bella come un fiore di campo: i capelli neri, raccolti, erano lucidi ed il sole della Sicilia ne traeva riflessi blu cobalto; gli occhi scuri come perle di ossidania, si accendevano, per poi distogliersi e guardare lontano, quando, la domenica, all'uscita dalla Messa, gli sguardi dei giovanotti si posavano furtivi sulla sua calda bellezza.
Gli abiti castigati, nonostante il caldo dell'estate, non riuscivano a celare del tutto le sue forme.
Linetta era consapevole del suo fascino, e, benché non potesse negare a se stessa, il segreto piacere che le procuravano quegli sguardi, la rigida educazione ed un'innata timidezza le impedivano di rispondere con un sorriso.
Fra tutti, l'avevano incantata gli occhi neri di Alfonso, il più bello ed il più sfrontato fra i giovani del paese.
Quando Linetta, accompagnata dai genitori, dai fratelli e dalle zie nubili, attraversava il sagrato della chiesa, le occhiate non troppo furtive di lui sembravano scalfire la riservatezza di lei.
Linetta sentiva nel petto come il volo di mille farfalle ed il cuore batteva impazzito.
Ma per poterle anche soltanto parlare, Alfonso avrebbe dovuto chiedere il permesso al padre, presentandosi a casa, con tutti i rituali richiesti.
Ma Alfonso era restio ad ogni formalità e Linetta temeva che non avrebbe mai fatto il grande passo.
Fra le tradizioni, l'amore e la libertà, Alfonso avrebbe scelto, senz'altro, quest'ultima.
Si sentivano certe chiacchiere sul suo conto: baci infuocati rubati alle contadine, nei fienili, quando nella calura estiva, il mondo sembrava fermarsi e la campagna era deserta, visite furtive a ragazze meno schive di lei, in occasione dei suoi viaggi in città.
Linetta si rodeva per la gelosia e per l'impossibilità di spronarlo a chiedere la padre il permesso di farle visita e, soprattutto, per tutte quelle chiacchiere, sussurrate dalle donne, intente a ricamare, dietro le persiane socchiuse, nei giorni di festa, quando si riunivano. Eppure, Linetta sapeva che Alfonso era innamorato di lei, non era soltanto il suo cuore a suggerirglielo.
Un pomeriggio, mentre il mondo sembrava annaspare nella calura, era dovuta uscire per cercare il medico del paese, per zia Caterina, ormai anziana, afflitta da tanti malanni, aggravati dall'afa, ed era uscita da sola, perché il padre ed i fratelli si erano recati in città,mentre la madre era rimasta a tenere compagnia all'ammalata.
Ad un tratto, dall'angolo di una casa, era sbucato Alfonso. Con tono acceso, le aveva sussurrato."Sarò soltanto tuo e tu sarai soltanto mia!", poi l'aveva baciata sulle labbra, lasciandola stordita ed incredula.
La sera, nel silenzio della sua stanza, mentre il sonno tardava, la confusione sui sentimenti di Alfonso la tormentava: perché, se lui voleva che si appartenessero per sempre, non si dichiarava apertamente, invece di aspettarla di nascosto, come un ladro e perché aveva proferito quelle parole con tanta foga? Lei era libera e non aspettava altro che la sua richiesta di matrimonio,, forse era lui ad essere impegnato con un'altra ed ora non poteva disilluderla, però non esitava a far soffrire lei ed allora che amore era il suo? Non temeva che lei si sposasse con un altro? Non provava nessun sentimento di gelosia, come quello che invece tormentava lei, togliendole il sonno e la voglia di vivere?
Le sembrava tutto così assurdo!

1938
Alfonso era partito per il servizio militare, senza ulteriori richieste, anzi, senza alcuna richiesta.
Dopo l'incontro improvviso, non aveva più sorpreso Linetta, anche perché lei non poteva uscire quasi mai sola, né lui aveva cercato di parlare con la famiglia di lei.
Prima che partisse, lo vedeva ogni domenica, all'angolo della chiesa mentre la spiava, lo sguardo di fuoco.
Lei, aveva sperato che, finalmente, si dichiarasse, ma non era successo.
In paese si mormorava che il padre di lui si fosse rovinato col gioco e che la famiglia fosse costretta a vivere miseramente, pur cercando di salvare le apparenze.
Linetta sperava che si decidesse, ogni qual volta tornava in licenza, ma inutilmente.
E lei si struggeva in mille interrogativi senza risposta: chissà quante ragazze incontrava in città, in divisa era ancora più bello.
Poi si era sparsa la voce che si era fidanzato con una ragazza ricca, forse per salvare la famiglia dalla rovina, almeno così pensava Linetta.

1940
Linetta, avvolta nell'abito di pizzo che era appartenuto alla madre, saliva la scalinata della chiesa, al braccio del padre.
I suoi occhi sembravano cercare qualcuno tra la folla, un viso conosciuto ed amato.
Quasi, quasi, sperava che una voce gridasse il suo nome.
Davanti all'altare, Salvo l'aspettava nel suo abito migliore. Il profumo dei fiori d'arancio stordiva, anche se il sole non aveva ancora raggiunto il punto più alto nel cielo.
Gli invitati, quasi l'intero paese, avevano indossato i vestiti della festa, anche se non avevano potuto comprarne di nuovi: c'era la guerra a limitare feste e sprechi.
Linetta non aveva sul volto il sorriso radioso di una sposa, ma tutti attribuivano la sua velata tristezza all'emozione ed la fatto che lo sposo sarebbe partito molto presto per il fronte, su al Nord.
Anche Alfonso era al fronte, non le aveva mai scritto, né si era fatto vedere durante le brevi licenze, così Linetta si era decisa ad accettare la richiesta di matrimonio di Salvo.
In fondo, gli voleva bene, era un bel ragazzo, di buona famiglia e, soprattutto, l'amava con tenerezza e rispetto.
Inoltre, i suoi 24 anni erano considerati troppi per non avere ancora un marito.
Anche lei l'avrebbe amato, col tempo, sarebbe stata una buona moglie, avrebbero avuto dei figli e, perché no, sarebbero stati felici, o, per lo meno, sereni.
A meno che Alfonso non tornasse, prima che lei pronunciasse il suo sì, per mantenere la sua promessa: "Sarò soltanto tuo e tu sarai soltanto mia..." Vane parole.
La sera, Lisetta, dopo i brindisi, era uscita in giardino, per respirare l'aria fresca e riflettere.
Si era seduta sotto il melograno, il suo albero preferito. Quale non era stata la meraviglia nello scorgere una scatolina. Chi poteva sapere che era solita soffermarsi lì ed averla lasciata proprio in quel luogo?
Tremando l'aveva aperta ed alla luce della luna, aveva visto brillare un orecchino d'oro, con una perla di rara purezza.
Un minuscolo bigliettino accompagnava il dono: "Sarai sempre mia ed io sarò sempre tuo, nonostante chi ci vive accanto". Ma perché quelle parole, in quel momento, dette quando ormai era troppo tardi, ma, forse, era sempre stato troppo tardi per loro! Linetta, in preda a sentimenti contrastanti, ma consapevole che Salvo sarebbe stato offeso e geloso ed anche sospettoso di fronte a quel regalo, non trovò di meglio che scavare una piccola buca ai piedi del melograno e seppellirvi la scatolina , con il suo contenuto.

2004
Linetta, seduta accanto alla sorella Maria, attendeva con ansia che il treno entrasse nella stazione del paese natio.
Ogni volta che tornava, l'emozione le chiudeva la gola ed i ricordi le affollavano la mente, come un carosello impazzito.
Era stata una buona moglie, come aveva promesso, aveva finito per amare Salvo, anche se, dentro di sé, non aveva mai smesso di provare una sciocca, assurda gelosia per la donna che si svegliava accanto ad Alfonso. Sapeva che lui si era sposato, dopo la guerra, poi però non aveva voluto avere più sue notizie, come per proteggersi. Si era sentita tradita dalle parole, che lui aveva pronunciato, ma disatteso, senza una spiegazione.
La vita era stata dura: dopo la guerra erano dovuti emigrare al Nord, per lavorare nelle grandi fabbriche.
Soltanto i genitori erano rimasti al paese.
C'erano stati dei momenti felici: la nascita dei figli, dei nipotini.
Negli anni trascorsi, tantissimi, Linetta e la sua famiglia erano tornati molte volte al paese e non sempre in circostanze liete.
Poi, scomparsi i genitori, per parecchi anni, Linetta non aveva più voluto ritornare nella sua Sicilia.
Ora, per la prima volta, tornava senza Salvo, scomparso tre anni prima.
Chissà chi avrebbe incontrato: forse qualcuno che arrivava dal passato.
Ma che cosa andava a pensare, dopo tutti quegli anni e alla sua età.
Erano passati alcuni giorni dal suo arrivo in paese, ben pochi erano coloro che aveva riconosciuto: il tempo aveva cambiato i volti, anche il suo, per non parlare di coloro che erano emigrati, o che riposavano nel camposanto.
Il giorno prima, mentre posava un fiore sulla tomba dei genitori, le era sembrato di scorgere Alfonso, forse era stato soltanto uno scherzo dell'immaginazione. Si era trattato di un istante: quando si era girata verso la tomba dove era sepolta la moglie di Alfonso, non aveva scorto che il vuoto.
Un desiderio improvviso la condusse dove un tempo cresceva il "suo" melograno, ora sostituito da un altro albero.
La terra sembrava smossa di recente: scavò con le mani e quale fu la sorpresa nel trovare la scatolina di un tempo.
L'aprì con mani tremanti: vicino all'orecchino di perle, c'era il suo gemello ed i bigliettini erano due, quello ingiallito, la scritta sbiadita, ma ancora leggibile: "Sarai sempre mia ed io sempre tuo, nonostante chi ci vive accanto" ed un altro più recente, scritto con mano incerta: "Nonostante lei, non ho mai smesso di appartenerti!".
Non era firmato, come l'altro, ma non c'erano dubbi su chi l'avesse scritto!
Non avrebbe mai saputo perché Alfonso non l'avesse chiesta in sposa, ma ebbe la certezza che, sebbene avessero entrambi diviso la vita con altre persone amate, il loro sentimento era sopravissuto al tempo.
Pensò che non avrebbe fatto del male a Salvo se avesse indossato gli orecchini di perle.
In fondo a lui aveva dedicato tutta la vita ed ora che non c'era più, poteva coltivare il suo sogno segreto. Un segreto con il quale aveva convissuto da quel lontano 1937.
 

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