poesie di CLAUDIO BELLINI
CRISALIDI D'ACCIAIO
Questi figli che cavalcano anni veloci,
anime di cartapesta svezzate
a benzina e telegiornali intinti nel sangue.
Questi figli che giocano a tatuarsi
le braccia di implacabili buchi,
e viaggiano con i sensi intorpiditi
dentro lune di ghiaccio
e crisalidi scolpite nell'acciaio.
Questi figli che colpiscono alle spalle,
abbagliati da un Dio in filigrana
gettano alle ortiche coscienza e rimorsi.
Sono germogli impauriti
spesso bruciati dalle bugie dei padri
che si donano al progresso
come capretti sull'altare.
Questi figli che sfidano la morte
sopra strade d'asfalto tagliente,
come bambole di cera
baluginano al riflesso d'impietose lamiere.
E per una volta ancora
si sentiranno più grandi
talmente adulti da non riuscire
più a perdonare.
RESTANO SOLO PAGINE
Restano solo pagine
tra queste mani vuote di vita,
rimane un quaderno sgualcito
e nugoli di domande
senza più risposta.
Quante notti trascorse
a inseguire la luna,
ad ogni sussulto d'orologio
si spezzava qualche filo nell'anima
e penetrava come una lama
nel cuore impazzito d'angoscia.
E ti ritrovano sempre
con gli occhi invasi dall'aurora,
seduto sulle scale di casa
come un tragico manichino,
con un viaggio in più
tatuato sulle braccia.
Restano poche lacrime
nelle pupille di un padre
che ha dilapidato
fiumi di parole,
ho finto anche
di non crederci,
ma non si può
credere alla notte
quando brucia il sole.
E mi resta
un diario maledetto
pieno di bestemmie e destino,
mi resta quest'immenso rimorso
che gioco a scacchi
con la morte
mentre affogo nel vino.
LE BAMBOLE DI MARA Le bambole di Mara sembrano rose bruciate dal sole e nell'angolo più buio della stanza stanno in silenzio con gli occhi sbarrati, ad aspettare una carezza che riaccenda l'anima. Le bambole di Mara odiano quell'odore atroce di vomito e vino, quel volto paonazzo di padre che non sa più amare neppure se stesso. Io ho intravisto le bambole di Mara restare senza cuore le ho scorte mentre morivano a poco a poco, ma non chiedetemi niente perché le voglio ricordare con il viso invaso dalla luna. E Mara le stringe forte al petto, difende le sue piccole amiche dalla follia dell'orco brutale. Erano come stelle ferite quelle bambole che ho cullato con le lacrime agli occhi, io ripenso solo a quell'asettica stanza di ospedale e ad un'angelo senza cielo. Copyright © 1995