Armando Giorgi
Abbraccerò l’alba per regalare, a mio padre, trasparenze che riflettano sirene in un mare di sogni e speranze, nel suo sguardo privo di immagini. Un fiore, profumato di dolcezza, gli darò, per farlo sentire vivo nella sua dimensione buia, perché farfalle colorino voli di un tempo, tra campanili di ricordi, oltre il silenzio. Voglio costruire, con la mia voce, meraviglie sciupate dai suoi occhi, pezzi di fiumi puliti che scorrono sul libro dei cantici, come perle, sulle gote scavate. E non lo lascerò solo guardare con le dita, né annegare tra contorni di forme, ma gli darò calore di carezze per tornare all’origine, dove perse i suoi gabbiani azzurri, nelle schegge di una mola, con promesse d’ali, raccontando, in foglie d’ombra, altri spazi, a mio padre, lucertola di fatica che scala la montagna del non vedente per rubare bagliori ai sentieri dai raggi solari.
Copyright © 2001