ALFREDO DI MARCO - 2° classificato nella Sezione A3 del Gran Premio
Letterario Italiano «Penna d'Autore»
TI CREDEVO UGUALE
Come sei diversa dall’eco delle voci
che correvano fra colline di ginestre!
Ti credevo uguale al tempo del carrubo
che ci coprì d’ombra e di profumi,
uguale al crepitio del fuoco
nel camino che bruciava amarezze
di giorni di pietra, uguale al fiume
che copriva urla di ragazzi
nelle strade disadorne della mia terra.
Ti credevo uguale alla bambina
che correva nel campo
dietro tenere farfalle.
Sei come me seduta su di un sogno
invecchiato poco a poco sulla riva
e bagni alla risacca pensieri
che una volta legavamo
in gomitoli di illusioni.
E non so se sciogliere il mio canto
nel sorriso dei papaveri del prato
o scrivere ancora sulla polvere
dei giorni che ci restano «ti amo»
come amo le quiete sere
corrose dagli inganni dell’età.
So soltanto che il mare oggi riposa
e promette voli al di là dell’orizzonte.
Forse è meglio ascoltare il silenzio
per sapere cosa fu per noi la vita
e dove ci condusse il bisogno del grano
delle madri che spigolarono dolore.
ASPETTAMI
Aspettami sul bordo della quiete,
al crocevia dell’eternità,
dove è facile perdersi nel nulla.
Aspettami, come quando mi aspettavi
sul muro della strada
ed io, tornando di lontano
dove ero andato emigrante,
ti correvo incontro.
Di lassù ci sorridevano le stelle
e tu, prendendomi per mano,
mi accompagnavi nell’antica casa
dove ardeva il fuoco dei ricordi.
Aspettami sopra le nuvole,
salirò i gradini dell’iride
fino a quando troverò il tuo volto
immerso nella luce.
Sarò cucciolo a seguirti,
uccello implume a zampettare
sui cirri dell’immensità.
Aspettami là, dove s’inarca
l’alba a voli di impalpabili farfalle
quando giungerà l’ora del mio silenzio.
Poi correremo insieme, padre,
e mano nella mano come allora
andremo dietro le comete
al soffio leggero dello zeffiro
affinché ci scaldi per sempre
l’inestinguibile fuoco dell’amore.
CI CHIAMEREMO
Raccoglierò i venti
che spirano sui meridiani
della mia stagione
e fronda di melo
mi farò trasportare nell’aria.
Danzerò con le nuvole,
salirò fino a toccare
capezzoli di luna,
precipiterò nel grembo nero
dell’abisso, sarò come sasso
inerte sul margine del nulla.
Tu non vedrai
le mie evoluzioni
né io vedrò le tue
ed ognuno viaggerà nel sole
come un aquilone che si staccò
dalla mano fanciulla
e si smarrì fra silenzi.
Ma ci chiameremo
le notti di solitudine,
ci chiameremo coi sospiri
teneri dell’anima
e ci diremo ancora «ti amo».
Forse non giungerà
la mia voce alla tua,
però sai che la marea
ti porterà conchiglie di poesia,
sarò io, amore, che sull’acqua
dell’immensità continuerò
a scrivere versi per te.
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