SECONDO PREMIO TROFEO PENNA D'AUTORE SEZIONE B (poesie a tema libero) Giampaolo Merciai di San Marcello P.se (PT) K102403 Mi tuffo nei ricordi e brucio semi di tempo fuggo disperata dalla luce nera di notti insonni dove strade d’ombre sembrano non finire. Ti vedo ancora su quella panca dove posasti i tuoi stracci sotto gli occhi di uniformi criminali. Il burattinaio sterminatore abbassò il sipario sul tuo torbido destino. Madre, dov’è quel tuo bel seno che mi nutriva da bambina? Dove sono i tuoi occhi che sapevano parlare agli uomini? Il tuo petto è piatto come un lago, le tue pupille, mute senza più parole. Le tue ossa, sporgono come un rumore nella notte, il tuo cuore, è diventato uno specchio rotto, un libro strappato, una grotta nuda nel deserto del Sinai. Una mattina di dicembre ti facesti trasparente sulla neve bianca che nascondeva la vita la tua quercia liberò le ultime foglie; lontana dalla tua terra abbracciasti una nuvola. Il vento restò paralizzato, il cielo non pianse sangue. Il tuo nome rimarrà impresso per sempre in quel cielo grigio come la tua cenere: K102403, cielo di Auschwitz! Le nostre parole, se vorremo... Si potrebbe provare a nascondere i tramonti, a giocare a scacchi con il tempo, ma... il dopo non verrà e, se verrà, non sarà per noi che abbiamo già vissuto mille guerre all’ombra del salice che più non piange per un mondo affogato nell’ansia, nell’ indifferenza e nel dolore ... e i grilli e le cicale hanno smesso di cantare non ne resta che il profumo nei prati dell’infanzia affacciati su albe che non raccontano primavere ... e non ricorderanno di noi le mani né il volto aggrinzito in dissolvenza né i nostri sogni rimasti disattesi né gioie o dolori chiusi nel ventre appiattito del passato maschere d’amore vissuto o dilapidato valigie in partenza sul marciapiede di una stazione dove il biglietto non si paga ... ma le nostre parole, se vorremo, lasceranno tracce indelebili sulla pelle del mondo su ali di farfalle voleranno di cielo in cielo sulle acque dei mari non conosceranno confini ci sarà una nuova aurora e nell’immagine che emergerà dai figli dei figli coloreremo muri bianchi di speranze semineremo occhi di padre e cuori di madre e, dai germogli di marzo, nascerà di nuovo la spiga dell’amore. Raccontami Nel suo ignoto, il tempo estorce, dona, divide, unisce, mistero di giorni a venire, padrone dell’uomo e della vita. Raccontami, dunque, cosa vedi amico che sei partito all’improvviso raccontami degli amici che hai incontrato e raccontami di quell’infanzia che non tornerà, come non tornerà quel maggio, al di là del fiume, dove il sangue finto dei papaveri rubò le nostre attese. E raccontami di quelle pietre che, nell’altra vita, ci sembrarono petali di fiori nei dipinti di Monet. Fra i rami dell’oleandro, giù in giardino, oltre i graffi del tempo, ormai ubriaco, intravedo il maestrale pigiar sul calendario – palude senza uscita – e non ricordo foschie così prive di profumi e piedi doloranti per i morsi del futuro. Vorrei cullare sogni d’aurora vestiti e camminare sulla luna, vorrei dipingere tramonti col verde del grano di marzo e il sole dell’azzurro del mare, vorrei l’innocenza di un bimbo nel cuore e le vite che ho donato grido d’amore. Corre veloce il tempo... ma non voglio sentir parlare di paura o di dolore raccontami, invece, di quando gli aquiloni ci sembravano gabbiani e il filo voglia di futuro, raccontami dei piedi nudi nell’acqua fredda del fiume e della vita... e della luce... e dell’amore. Raccontami, amico, dell’uomo. Una volta ancora.
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