Dammi lavoro Dio, dammi lavoro
Dammi lavoro Dio,
dammi il dolore
del corpo che si piega alla fatica,
dammi la fame che mi fa capire
che il pane costa lacrime e sudore.
Non devi darmi giorni di sereno
se non mi dai le piaghe sulle mani...
Domani avrò il coraggio di parlarle,
di dirle che ho perduto il mio lavoro.
Quest’oggi fingerò che non sia stato
e partirò col treno del mattino.
Il giorno passerò sulla panchina
d’una sala d’aspetto, alla stazione.
Domani forse le dirò ogni cosa:
la donna capirà che sono un uomo
che pregherebbe Dio di avere in dono
la morte certa al posto di lavoro
piuttosto che la morte per vergogna.
Si muore tutti e alcuni sulla scena.
Vorrei morire, Dio dei disperati,
come muoiono i santi sulle croci,
coi ferri del mestiere alla cintura
e nelle mani
il fuoco del sudore che le brucia.