Marco Magistri

Racconti
di Marco Magistri
Pagine: 69
Prezzo: 8,00 euro
ISBN 978-88-6170-077-2
 


 

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Il "Circo Mendoza"

Il mio nome è Francesco Mendoza, detto Ciccio. Il circo è la mia vita. Sin da bambino ho vissuto, cittadino del mondo, su una casa viaggiante, un caravan, godendo della libertà che questa vita nomade mi ha dato, nonostante le difficoltà spesso incontrate.
Iniziai aiutando mio padre, domatore di leoni. Trascorrevo giornate stupende accudendo e conoscendo gli animali. Ben presto imparai la sua stessa professione; trovai lavoro in altri circhi, per molti padroni diversi, sino a che un giorno, realizzai il mio più grande desiderio: mi misi in proprio fondando il "Circo Mendoza" che divenne dapprima famoso per i numeri che vi si svolgevano e poi addirittura celebre per l’importante decisione che presi dopo l’incredibile storia che oggi, ormai vecchio, sto per narrarvi.
Come ho detto, imparai la professione di domatore di leoni - e di altri animali feroci - seguendo gli insegnamenti di mio padre. Cercai, con il passare del tempo, di arricchire il repertorio sorprendendo gli spettatori e richiamando sempre un folto pubblico ad assistere allo spettacolo.
Le mie indiscusse capacità, una discreta somma di denaro risparmiata durante gli anni di lavoro assommata a quanto mio padre mi lasciò alla sua morte ed una buona dose di coraggio, mi spinsero a fondare il "Circo Mendoza".
Il mio circo (finalmente potevo chiamarlo così) nacque nel 19.. . Vista la fama che mi ero fatto nell’ambiente circense riuscii ad assumere un numero di professionisti sufficiente ad intraprendere i primi tour. Col passare del tempo, grazie ai successi ottenuti, molti altri artisti, delle più svariate nazionalità, si unirono alla mia carovana. Avevo numeri d’ogni genere ma il "Circo Mendoza", come mi resi conto, andava famoso soprattutto per gli spettacoli con gli animali. Le fiere, leoni e tigri, erano la mia specialità; i cavalli, in tutte le loro più fantasiose esibizioni, erano il campo di mia moglie Olga; i giganteschi orsi bruni erano addestrati da una montagna d’uomo, a nome Vladimir; gli elefanti indiani seguivano gli insegnamenti di Akim, un indù. Avevo, inoltre, attrezzato un piccolo zoo, dove, con lo stesso biglietto acquistato per assistere allo spettacolo, il pubblico poteva osservare, lama, dromedari, pantere, scimmie, coccodrilli ed altri ancora.
Era nel complesso una buona squadra. Giravamo il mondo e dovunque eravamo ricevuti con gioia. Si montava il tendone multicolore tra gli applausi della gente; durante i giorni dedicati alle prove i più piccoli di questa tribù circense girovagavano per la città distribuendo volantini ed inviti e attirando l’attenzione di tutti con le loro grida pubblicitarie. Dopo l’ultimo giorno di prove, poi, una sfilata variopinta di uomini e animali percorreva le vie del centro cittadino dando l’avvio, per circa due settimane, ad una serie di spettacoli giornalieri. Era una vera gioia per i miei occhi assistere ogni volta all’afflusso del pubblico; osservare le famiglie felici prendere possesso dei loro posti, accingendosi ansiosi ad assistere a pericolose ed entusiasmanti esibizioni. Gli sguardi affascinati di quella gente, le grida gioiose dei bambini e le notevoli entrate economiche che i continui pienoni garantivano mi diedero la certezza di aver trovato la giusta strada e mi convinsero ad aumentare i numeri assumendo incantatori di serpenti, artisti che lavoravano con i boa, addestratori di pappagalli e tanti altri ancora. In breve il "Circo Mendoza", la mia creatura, divenne l’unico nel suo genere, il più seguito, il più richiesto. La fortuna era dalla mia parte. Nel giro di pochi anni, pur concedendo un buon salario a tutti coloro che contribuivano allo sviluppo ed al successo del circo, riuscii a divenire una persona davvero benestante con un considerevole conto in banca.
Il mio lavoro, come è facile immaginare, era molto impegnativo. Dovevo badare ai miei animali, esercitarmi nei numeri non tralasciando quelle attività amministrative, burocratiche che la gestione di un tale numero di persone, continuamente in movimento per il mondo, comportava. Col passare del tempo le giornate divennero davvero faticose, estenuanti sia fisicamente che mentalmente.
Pian piano le notti cominciarono ad essere disturbate da strani sogni che mi svegliavano di soprassalto lasciandomi spossato, senza la possibilità di riaddormentarmi e senza ricordare nulla di quanto sognato. Trascorsero alcuni giorni e la situazione divenne insostenibile. Il lavoro aumentava, gli incassi erano da record ma io sempre più di frequente ero svegliato dai miei incubi e a volte quasi avevo timore ad addormentarmi. Incolpai di tutto ciò la stanchezza e lo stress; sovente giunsi persino ad invidiare il tempo in cui, semplice domatore, mi limitavo a mantenermi in esercizio, a studiare i numeri da presentare e non avevo altri pensieri. Ad ogni modo decisi di ridurre le mie attività; non potendo certo lasciare la gestione del circo ad altre persone fui costretto, seppur a malincuore, a limitare la mia presenza in pista.
La riduzione degli impegni mi diede un leggero sollievo, tuttavia i sogni popolati da strane figure non cessavano; rovinavano le mie notti e minavano anche la mia lucidità mentale.
Cosa mi stava accadendo? La risposta era ancora ben lontana.
Nonostante i tentativi (facevo anche molta attenzione a ciò che mangiavo la sera per evitare di appesantirmi) le notti continuavano a trascorrere burrascose e le giornate passavano tra la spossatezza per il mancato riposo e la frustrazione per non riuscire a ricordare ciò che tanto agitava il mio sonno.
Una mattina, era quasi l’alba, mi svegliai come al solito di soprassalto ma con il ricordo dell’incubo che mi aveva spaventato nitido nella mia mente come una scena di un film. Avevo sognato le enormi fauci del mio leone preferito, Leo, che si richiudevano di colpo sulla mia testa! Era forse ancor più spaventoso il ricordo del sogno stesso.
Ahimè, sarebbe stato meglio continuare a vivere nell’ignoranza di ciò che mi turbava; quell’immagine terribile mi accompagnava in ogni momento del giorno e, cosa ancor più grave per un domatore, mi tolse la sicurezza, il coraggio con il quale affrontavo gli animali.
Fu così che la "dentatura" di Leo diventò la compagna delle mie notti; durante le lunghe ore di insonnia, sovente sino al mattino, cercavo di dare un significato, un senso al mio incubo ma non giungevo mai ad alcuna conclusione.
Una ancor più nitida scena sostituì, una notte, l’immagine delle fauci di Leo. Mi vidi in sogno, con una perfezione quasi fotografica, percorrere carponi un lungo e basso corridoio circondato da fitta vegetazione, illuminato da torce infuocate. Dovevo avanzare perché sentivo che mi sarebbe stato impossibile tornare indietro. Andavo avanti timoroso, come consapevole di un imminente pericolo; scrutavo gli anfratti dai quali sentivo giungere terrificanti rumori. Giunto alla fine del tunnel mi ritrovai all’interno di un grande anfiteatro, con il tetto di liane e rovi, simile ad un alto cilindro, dove fui circondato da decine di leoni ringhianti che, guidati da un feroce capo branco (molto somigliante al mio Leo), si avvicinavano minacciosi. E all’improvviso mi ritrovai tremante seduto nel letto con mia moglie Olga che mi scuoteva. Era stata un’esperienza tremenda. Ancora oggi, che finalmente posso godere di lunghi e riposanti sonni, il solo pensiero di quell’incubo mi fa venire i brividi. Potete facilmente immaginare quale fu il mio stato d’animo: ero spaventato da morire.
Decisi di consultare Amelia, la cartomante del circo, anche se avevo sempre giudicato la sua "arte" un’attrazione per creduloni, con la speranza che almeno lei, con i suoi metodi, riuscisse a svelare il significato dei miei incubi.

continua

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