Roberto Barbari

Romanzo breve
di Roberto Barbari
Pagine: 48
Prezzo: 7,00 euro
 


 

Chi desidera acquistare uno o più volumi dell'autore, deve inviare una e-mail all'ali@pennadautore.it.

PROFILO DELL'AUTORE

Roberto Barbari, nato a Ponte della Priula (TV) l'11 settembre 1967.
Dopo aver conseguito nel 1987 il Diploma in Elettronica Industriale, segue una pausa lavorativa di alcuni anni di lavoro; poi riprende gli studi all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e nel 1999 si laurea in Filosofia e Scienze Umane.
La sua intera produzione letteraria è in gran parte ancora inedita e solamente sei raccolte poetiche sono state pubblicate: «Dai quattro angoli del cielo» (Edizioni Il Filo, 2008), «Il Flauto di Pan» (Il Convivio, 2009), «Carezze di luna» (Il Convivio, 2010), «Eco di vento» (Aletti, 2010), «Ad Oriente in Eden» (Il Convivio) e «Frammenti di stelle» (A.L.I. Penna d’Autore, 2010). Ha pubblicato inoltre per la narrativa il romanzo «La figlia di Penìa» (A.L.I. Penna d’Autore, 2010). La silloge «Dai quattro angoli del cielo» ha ottenuto i maggiori riconoscimenti: è risultata finalista al concorso «Insieme nel Mondo», si è classificata al terzo posto al concorso «Giovanni Gronchi» (2009 e 2010) e al sesto posto al concorso «Franco Bargagna 2010», e ricevuto un diploma di merito al concorso «Albderoandronico 2009». Altri riconoscimenti le ha conseguiti con le composizioni poetiche «Manto di delizie», che è stata inserita nell'Audio Libro di Penna d'Autore, «Come un giglio tra le spine», premiata al concorso Città Cava de' Tirreni, «Chiudere gli occhi», pubblicata nell'antologia «Habere Artem» e «La conchiglia più preziosa» pubblicata nell’antologia del Premio Giovanni Gronchi.

 

LA CODA DEL GATTO

L’amore resta il modo più autentico di esprimere quel dono particolarissimo che è il dono di se stessi. L’amore non prende mai, né pretende: sempre si dona con l’unico desiderio di essere accettato. Rispondere a questo dono non è retribuire, ma accogliere con gioia. Ecco perciò che un uomo ed una donna che si amano, mentre si donano come espressione del loro reciproco amore, esprimono pure tutta la gioia che deriva dal fatto di sentirsi reciprocamente amati. Un tale amore non conosce limiti o barriere. E’ fecondo sotto tutti gli aspetti arrivando quindi al dono più grande di tutti: la vita ad una nuova creatura umana. La prostituzione non è un reato contro la società, quanto contro la persona perché vorrebbe mercificare quello che mercificabile non è.
Questo amore totale e pieno era l’amore nel quale credeva Angela ed andava costruendo col suo fidanzato, un ragazzo che si faceva chiamare Ike, sì, proprio come quella famosa marca di polli. Si tratta di due giovani appena maggiorenni fidanzati da poco più di due anni. Lei era una stupenda fanciulla, bionda come ce ne sono ormai poche, meravigliosa sotto tutti gli aspetti, col grande difetto però di nutrire poca fiducia in se stessa, fatto che la portava ad affrontare la vita con paura, fatalismo e troppo poco coraggio. Anche il fidanzato se l’era trovato un po’ così. La società non vede di buon occhio che una ragazza di diciassette anni sia ancora libera e così la scelta su quel ragazzo non le pareva male e poi iniziò pure a volergli bene. Si trattava un giovane rozzo da odiare i libri sopra ogni cosa, ma amava molto la terra e lavorava con onestà ed impegno come pochi sanno fare. Anche lui si era fidanzato senza troppe convinzioni, finendo però per trovarsi bene con Angela.
Se dovessi quindi sintetizzare l’amore di questi due piccoli uomini non esiterei un attimo a definirlo sincero quanto ingenuo.
Angela ed il suo fidanzato crescevano e camminavano assieme per quella strada che naturalmente porta al matrimonio, al dono totale di se stessi. Il mondo però non è così rosa come un amore tanto ingenuo può far credere. Il senso dell’amore è spesso cancellato e sostituito con quello della violenza e della sopraffazione, della prostituzione. Lavoratori, insegnanti, sacerdoti, medici, assistenti sociali, militari, genitori, figli: quanti operano solo per i trenta denari, vendono e si vendono, comprano, e quanti invece si donano gratuitamente? Se la legge dell’avere sta sostituendo quella dell’essere e l’avidità caratterizza il cammino degli uomini, l’ideale sarà quello di prendere, non donare, arraffare il più possibile anche con la forza poiché ogni mezzo diventa lecito.
L’amore nel quale credevano Angela ed il suo ragazzo trovava poco posto in quel mondo devastato da ideologie di capitalismo, certamente non né trovò affatto nel cuore di quei tre animali che Angela incrociò quella sera al ritorno dal lavoro. Angela lavorava come cameriera in un ristorante del centro e spesso faceva molto tardi, rincasando abbondantemente dopo il tramonto.
Ogni parola è sprecata per spiegare quel che successe: troppe volte accade e viene sbattuto in faccia a tutti, quasi con orgoglio, quasi contenti che sia accaduto per poterne spettegolare, magari per primi e coi dettagli più raccapriccianti. Qualsiasi parola è sciupata per tentare di comprende quelle tre bestie dall’aspetto forse lontanamente umano che addirittura in tre si sono messi per prevalere su Angela, credendo così, forse, di alleggerire il carico di colpa personale. Incappucciati tanto si vergognavano perfino della loro vittima. Ma soprattutto non ci sono parole per comprendere, raggiungere quello che dovette provare Angela, le sue suppliche, il suo senso di impotenza, la violazione della sua più intima umanità, la sua riduzione a brutale strumento di piacere nella mani di quei tre bruti. Infine è quasi inutile aggiungere che quei tre incompiuti non vennero mai catturati. Quando mai infatti dei mercenari potranno essere capaci di qualcosa di grande come la giustizia? Anche questa è una di quelle cose non mercificabili che però la nostra società ha mercificato. Me lo sapete dire com’è che se pesti i piedi ad un delinquente non fai a tempo a completare la tua azione che già te l’ha fatta pagare? Quanta differenza passa fra chi lotta per un ideale e chi invece gioca solo per denari! Fra chi fa carriera come leccapiedi e chi invece i suoi meriti se li conquista sul campo di battaglia! In fondo quei tre aborti non sono che figli di questa società: perché dannarsi tanto per trovarli ed incriminarli?
In questi casi la parola d’oro è “Dimenticare”. Ma quando la distanza che ci separa dal male è troppo piccola come si può dimenticare? La società ci riesce benissimo, Angela no. Il tempo, lo si sa, non può guarire, ma sa lenire anche ferite molto profonde. L’importante era non pensarci più ed evitare quindi che la propria mente si soffermasse su quella drammatica sera riscoprendo la ferita e rinnovando il dolore. Ma era del tutto inutile, quando il male è troppo non esiste dimenticanza che tenga, ed inoltre la violenza di quella sera aveva lasciato un segno ancora più inguaribile in Angela: Angela scoprì di essere incinta.
La maternità è una delle cose più naturali e belle per una donna. Quale donna dopo la fanciullezza non sogna un compagno e dei bambini? Ma “non così... Ti prego, dio, non così. Fa che non sia vero”. Quanto pregò Angela che il ritardo del ciclo fosse solo un errore di orologio biologico, che cioè non fosse quello che sempre più prendeva forma nel suo grembo e nella sua mente e nel suo cuore sempre più martoriati.
Quella sera, dal mare di violenza di quella sera, una nuova vita aveva iniziato a vivere dentro di lei, nutrendosi di lei e da lei ora dipendeva per la sua stessa esistenza. Una nuova vita, un pegno d’amore di un amore che non c’era stato, ma che non poteva comunque essere scansato. Angela non era responsabile, non voleva quell’amore perché doveva farsene carico? E’ difficile dire che la vita è meravigliosa perché capace di trasformare un gesto orribile come una violenza in uno fantastico come una nuova vita, ed Angela viveva tutta la drammaticità di doverlo affrontare.
Il primo sentimento di Angela fu la sintesi del negativo. Oltre alla vergogna per la violenza subita, Angela era ora privata anche della dignità di vittima, per diventare quasi complice dei suoi carnefici, ed un bimbo era li a testimoniare contro di lei e la sua innocenza. Un bambino che pareva dire a tutti che lei non si era opposta abbastanza, non si era difesa abbastanza, ed aveva permesso troppo. Angela non poteva dimenticare quella sera, non poteva più neppure sentirsi innocente e vittima, e l’odio provato verso i suoi aggressori improvvisamente trovò sfogo verso quel bersaglio, innocente come lei e al pari di lei tremendamente indifeso. Angela non fece mai nulla che potesse mettere in pericolo quella piccola vita, ma quanto sperò che com’era venuta se ne andasse. Di un aborto spontaneo non se ne sarebbe rammaricata, ed ancor prima di darne notizia ai suoi genitori, Angela prese ad odiare quella tenera esistenza, quell’estraneo che si era impossessato della sua femminilità da dentro e col quale lei non aveva mai voluto avere nulla a che fare. Su quella giovane vita Angela intendeva scaricare tutto l’odio e tutta la sete di vendetta che non poteva riversare sui veri colpevoli. “Ma che colpa ne aveva lui?”… La mente di Angela non era che un mare in tempesta... L’uomo sempre piccolo, troppo piccolo di fronte al Bene ed al male!!
Con tanta vergogna unita ad un grandissimo bisogno di vicinanza, Angela si aprì ai suoi genitori ed al suo fidanzato. Ma solo in piccola parte trovò l’aiuto che cercava, arricchito purtroppo da tanta diffidenza. Aveva perduto la verginità del corpo in una violenza, era incinta di un bimbo frutto di uno stupro, ma era pur sempre lei, la Angela di prima. Eppure le persone più care la vedevano diversamente, e nei loro occhi lei avvertiva quasi delle accuse per essere in quello stato, per non essersi opposta abbastanza. Suo padre rispose coi soliti discorsi ipocriti e carichi di biasimo che si fanno in questi casi e che non portano da nessuna parte. “Dovrebbero impiccarli quei bastardi. Se solo capitassero tra le mie mani!”. Lo sanno tutti che andrebbero impiccati, ma a sua figlia non ci pensa proprio? La madre di Angela invece non sapeva fare altro che tremare e piangere. A parole dicevano di esserle vicini, ma in realtà se ne stavano così lontani...
Perfino il suo ragazzo non la stringeva a sé più come prima, ma con un distacco che si poteva misurare in anni luce. La vicenda era tristissima e dura da accettare da parte di tutti, ma quanti pensavano ad Angela? Era lei la vera vittima, nessun altro. Era lei che aveva un estremo bisogno di calore umano che vincesse il gelo di quella sera, ma nulla di tutto questo trovò nei suoi cari, più attenti a se stessi che alla loro amata Angela.
E fu in quel momento che Angela iniziò a pensare in modo diverso a quel bimbo che portava in grembo, anche lui innocente e bisognoso di calore umano, anche lui ripagato con odio e diffidenza. Il rapporto col suo mondo Angela vide incrinarsi, macchiarsi di tradimento ed egoismo. E non era solo una questione di tempo: quella fiducia ormai smarrita, infranta, nessun tempo avrebbe mai saputo ricomporre. La solitudine iniziò ad impadronirsi di Angela. Lei aveva un problema grande più di una vita umana e ad affrontarlo si ritrovò sola. Senza troppe delicatezze i suoi iniziarono a bandirla dalle loro attenzioni, ma un nuovo amore iniziò a prendere piede. Quel bimbo che le dava solo preoccupazioni, tormenti, insonnia, conati di vomito, che era la prova più evidente di una vergogna mai più cancellabile, forse solo per la sua fragilità che domandava tanto affetto, sembrò per la prima volta donarne a sua volta. Un miracolo, improvviso come tutti i miracoli, si stava compiendo nell’anima di Angela, parallelamente a quello che cresceva nel suo seno.. Improvvisamente Angela si sentì amata di un amore tutto nuovo, mai provato prima, mai desiderato, per il qual certamente non era pronta.

continua

© Copyright by: Roberto Barbari

- VETRINA LETTERARIA -

 
HOME PAGE