PROFILO DELL'AUTORE
Roberto Barbari, nato a Ponte della Priula (TV) l'11 settembre 1967. TU PER ME NON MORIRAI Introduzione Il Cantico dei Cantici, il più bello e sublime che intessono due giovani innamorati. Un canto carico di luce, colori, suoni, profumi, passione, una primavera della vita sullo sfondo di una primavera che sboccia nel creato in tutto il suo splendore. Un dialogo diretto dalla donna che qui occupa un ruolo, curiosamente, di protagonista primario pur nella maschilista società orientale. L’amore è il cuore del canto fatto di donazione e reciproca appartenenza, forte come la morte e che vive l’eros e la corporeità con passione e purezza, lontani perciò da qualsiasi interpretazione puramente carnale o banalmente spirituale. Il senso immediato del testo è quello terrestre, l’amore fra due giovani felici nel loro sentimento, e in amore nessun dualismo anima-corpo, terrestre-divino, ha alcun significato. L’amore che è forte come la morte, senza tregua, rivelando un profondo senso sull’affetto e sulla carnalità, sulla religiosità quasi laica, tant’è che il nome di Dio è praticamente assente da tutto il testo se si fa eccezione per “la fiamma di Jah” di 8,6. Il fine dell’amore è l’amore stesso colto in tutta la sua dinamica, nei suoi momenti raggianti come in quelli tenebrosi. Fondamentale quindi è la comunione da costruire continuamente, il dialogo, qui stranamente condotto tutto al femminile. I padri sono assenti, compaiono raramente i fratelli di lei, le due madri sono invece presenti e le file della trama sono condotte dalla protagonista femminile. Data la visione ebraica compatta ed unitaria della persona, la corporeità, non solo risulta positiva, ma funzionale ed antropologica. Il primato che il Cantico attribuisce alla donna è stupefacente, ma ci introduce ad un tema caro a tutta la Bibbia, perfino a Qoèlet per nulla estraneo alla misoginia sapienziale: la bellezza femminile (cfr. Gn 2; 6,2; 12,11.14; 24,16;29,17; Qo 9,9). L’intero Oriente è sensibile alla bellezza femminile, ma netta è la rottura che il Cantico effettua nei confronti dell’orizzonte poligamico: “sessanta sono le regine, ottanta le concubine, senza numero le ragazze, unica la mia colomba” (6,8-9). A questo punto non si può certo scordare il primo canto d’amore che la Bibbia mette in bocca ad un uomo, “... questa volta essa è carne della mia carne...”. Nulla può vincere la solitudine dell’uomo se non la donna e nulla può vincere il demone della solitudine se non l’amore. Nel Cantico trova piena risposta l’inquietante obiezione sollevata da Dio stesso circa la solitudine dell’uomo (cfr. Gn2,18). La solitudine è vinta grazie all’amore, rimane solo come retaggio necessario per ogni dialettica d’amore! Sempre legata al protagonismo femminile è l’assoluta parità dei due sessi, ribadita nella Rivelazione biblica (cfr. Gn 1,27; 1 Cor 11,7), ma ostacolata da considerazioni di squallida umanità. È il Talmud ad affermare che: L’uomo senza la donna non rappresenta adeguatamente Dio. Tutta la Bibbia è percorsa dal simbolismo nuziale (cfr Os 1-3: Gn1-2; Ap 21,2), e dato il tema affrontato non deve sorprendere di incontrare paralleli un po’ in tutte le culture: dall’India alla Mesopotamia, dall’Egitto alla Grecia, a Canaan. Datare il Cantico dei Cantici e scovargli un autore è impresa decisamente ardua. Anche il Cantico è inserito sotto l’alto patronato di Salomone, il sapiente per eccellenza, tuttavia la superficie linguistica non è assolutamente riconducibile all’epoca salomonica (X s.a.C.), né ad altro periodo posteriore con assoluta univocità anche se una collocazione post-esilica della redazione finale, pare la più accettabile. Anche l’unità del canto, sostanziale, non è così lineare. Forse frutto di racconti diversi creati in occasioni particolari, dobbiamo però propendere per la stesura definitiva verso una sostanziale unità. Il sistema ritmico è decisamente incostante e dinamico come il tema che si propone di affrontare. C’è sicuramente il metro preferito del dolore e della morte (la qìnah dal ritmo catalettico, spezzato), ma non mancano il ritmo veloce di un movimento giovanile, il metro classico. Troviamo quindi la complessità calda e cromatica dei suoni e dei colori tipici della primavera ed atti a suscitare stati d’animo. Come varia è pure la gamma dei generi letterari, la toponomastica. Al centro del Cantico c’è l’amore di due giovani che esprimono con semplicità e purezza il calore della loro intimità, della loro passione. L’amore capace di raccogliere in sé significati molteplici, umani e divini. L’atmosfera è quella primaverile, velata qualche volta dall’incubo. Tutto pare riportarci alla creazione che precedette il peccato dell’uomo: serenità e gioia contraddistinguono nell’amore l’intero creato. L’amore che è individualità ma anche donazione, essere se stessi pur non appartenendosi. Perfino il corpo trova nel Cantico una descrizione incredibile. L’esplorazione che ne viene fatta in tutti i suoi labirinti ed emozioni ne fanno un vero e proprio oggetto privilegiato, una trasfigurazione del sentimento più alto che è l’amore. La natura partecipa alle stesse emozioni dei due innamorati. L’intero Cantico dei Cantici non è che un giardino fiorito dove tutte le creature cantano la gioia di vivere! Il concilio di Jamnia del 90 d.C. inserì il Cantico dei Cantici nel Corpus degli Scritti e, certi della bellezza incomparabile del testo e della sua profonda umanità ed incarnazione della Rivelazione, anche noi possiamo affermare con Aqiba che “il mondo intero non vale il giorno nel quale fu dato ad Israele il Cantico dei Cantici”. La lettura interpretativa che ci sentiamo di proporre abbraccia perciò sia il senso umano che quello trascendentale. Il Cantico è prima di tutto un canto d’amore terrestre, umano, affermato in tutti i suoi dinamismi, ma la finestra sull’infinito che riesce a spalancare è nota a tutti e ne fa perciò un simbolo anche divino. L’amore fra l’uomo e la donna è sacro, già teofania senza ulteriori conferme. Il Cantico dei Cantici è un idillio d’amore sbocciato del cuore e nel corpo di due giovani, colto nel suo primaverile fiorire. La descrizione di tale sentimento abbraccia tutta la possibile gamma di manifestazioni, sia personali che creative. L’intero creato partecipa della gioia dell’amore, in una primavera davvero unica nella Bibbia. In un’epoca di incertezza come all’epoca della restaurazione post-esilica, come del resto anche ai giorni nostri, l’amore e perciò il Cantico dovettero e dovrebbero ricorpire un ruolo determinante, di ancora di sicurezza. Inoltriamoci quindi in questo giardino di delizie, nel miracolo dell’amore che si compie e rinnova con incredibile meraviglia ogni volta che un “lui” incontra una “lei”. |
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