Giulia Voghera

Romanzo
di Giulia Voghera
Pagine: 133
Prezzo: 12,00 euro
ISBN 978-88-6170-090-1
 


 

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PROFILO DELL'AUTRICE

GIULIA VOGHERA
Nasce a Pinerolo il 7 marzo 1992. Fin da piccola scopre la passione per la scrittura e il canto.
Dal 2004 al 2008 canta nel coro di voci bianche del «Teatro Regio» di Torino e nel 2006 partecipa come solista nel «Flauto magico» al Teatro C. Felice di Genova. Scrive poesie e vince il primo premio «Pezzani» nel 2004 con «TRAMONTO», premiata dal poeta G. Colli e si classifica al terzo posto nel 2006 con «SUONI E FOGLIE». Sogna di diventare giornalista o criminologa.
«Gli occhi della foresta» è il suo primo romanzo edito.


PREFAZIONE

Era una notte piovosa, lo ricordo bene, con fulmini, tuoni e tutto il resto. Mi sono svegliata di soprassalto e la luce di una saetta ha inondato la mia stanza attraverso gli spiragli delle persiane. Ero confusa, avevo appena terminato di sognare...
Due ragazzi correvano in una fitta foresta seguiti da un enorme ed immenso essere di pietra, nevicava e avevano paura...
È stato il sogno più strano e chiaro che io abbia mai vissuto, era come aver osservato tutto ciò che accadeva da molto vicino, come se fossi stata uno dei fiocchi di neve che volavano senza meta nel cielo grigio... Ho cominciato ad immaginarmi come sarebbe potuto andare a finire e, mentre la pioggia allagava il mondo cadendo copiosa ed insistente, la mia mente lavorava in silenzio nel buio trasformando meccanicamente un'astratta realtà. Qualche volta un lampo accendeva il mio cuore e ombre strane si disegnavano sulle pareti della mia stanza prendendo vita e diventando personaggi che hanno contribuito allo svolgersi degli eventi della storia fantastica che andava via via definendosi nella mia immaginazione.
Ed è nata l'idea...


LA FAMIGLIA PARKET

«Muoviti, sono già le otto! Dai!!»
La voce profonda di David, il fratello maggiore di Judy, proviene dalla cucina e sveglia la ragazza da uno dei suoi frequenti sogni ad occhi aperti dove salva il mondo da un’imminente catastrofe naturale o compie cari gesti eroici. La giovane si veste velocemente e, dimenticandosi di pettinare i lunghi capelli ramati, scende di corsa le scale tuffandosi nel caos più totale: la cucina. Da quando la mamma della sedicenne si è ammalata, un anno prima, manca nella casa quel lieve tocco femminile che rende tutto più apprezzabile e ordinato. Beh, non c’è che dire, quello è stato un gran brutto colpo per la famiglia Parket; Jack, il padre dei due ragazzi, si è dedicato a tempo pieno al lavoro dimenticandosi, quasi, di avere dei figli.
«Eccomi, eccomi!! Sono pronta.»
Judy è sulla soglia di casa, afferra controvoglia la sua borsa blu e le numerose spille colorate che vi ha attaccate tintinnano leggere mentre si affanna precipitandosi dietro il fratello, e col gusto di uova e pancetta ancora in bocca sale sul sedile posteriore del motorino di David che parte sgommando. Insieme i due si avviano alla Katerwoon school university studios, l’istituto privato che frequentano. Vivono a San Francisco, in California. Paesaggi e clima cambiano parecchio negli Stati Uniti: dai deserti aridi dell’Arizona alla ricca California, dalle sterminate pianure coltivate a grano alle montagne Rocciose, fino alle città della costa occidentale, ma loro non hanno mai visto altro che la loro città, escluse le mete raggiunte in varie gite scolastiche. David accelera e stringe le mani sudate attorno al manubrio sperando di non arrivare in ritardo a scuola per l’ennesima volta, ma , diciamocelo, in motorino fra cable car, salite improvvise e ripide discese, non è una semplice impresa andare ad alta velocità. Il giovane ha diciannove anni ed è socievole e spiritoso, circondato da amici, nella sua classe è quasi un Dio; Judy invece, diciassette anni, è totalmente diversa, soprattutto dopo la scoperta della malattia della madre, è infatti diventata una ragazza molto solitaria, ma sempre decisa, romantica e sognatrice.
La giornata trascorre monotona, come sempre d’altronde: dalle otto e mezza alle due meno un quarto si svolge la solita lezione di vita che perseguita ogni ragazzo dalla tenera età di sei anni fino alla maturità; all’uscita uno snack al bar di fronte alla scuola, arrivo a casa, compiti compiti e compiti. Entrambi i fratelli non sono particolarmente studiosi ma mantengono in ogni caso una buona media. Judy e David si recano ogni Mercoledì e Sabato a trovare la mamma mentre il padre, Jack, non ha orari fissi.
La serata è calda e il disco d’oro che è il sole, appeso nell’infinito cielo blu, illumina la villetta dei Parket fino a tardi, è Giugno e le giornate si stanno finalmente allungando.
David è chiuso in camera sua ad ascoltare l’ultimo cd uscito, il più cool del momento, chattando con il suo migliore amico; Judy sta scongelando un paio di hamburger per il padre e il fratello, mentre lei non ha particolarmente fame. La ragazza si muove stancamente nella piccola ma modesta cucina e chiama inutilmente David pregandolo di aiutarla ad apparecchiare, non sapendo che lui è sprofondato nella musica. Quando si decide ad uscire, la cena (un piatto di uova, insalata, hamburger e pancetta) è pronta, ma nonostante tutto il papà non è ancora rincasato
«Pazienza, si raffredderà il cibo, probabilmente sarà andato dalla mamma.»
David cerca di rassicurare la sorella, per tutta risposta lei si limita ad annuire.
«Com’è andata oggi a scuola?»
Il fratello cerca di intavolare un discorso ma il tentativo viene subito represso dalla sorella che gli chiede, come ogni giorno o quasi, quando secondo lui la mamma uscirà dall’ospedale. A quel punto David, stufo del comportamento della sorella e preoccupato come lei per la malattia della madre, si mette ad urlare.
«Ora basta! Questa storia deve finire! La mamma è malata, molto malata e non so neanche se uscirà mai da quel diavolo di ospedale! Cresci Judy, cresci e smettila di comportarti come se il mondo ce l’avesse con te!»
Con l’indice minacciosamente sospeso in direzione di Judy, David si risiede furente non rendendosi conto di aver esagerato. Con estrema calma, la sorella si alza dalla sedia, la accosta al tavolo, prende il suo piatto ancora pieno e lo posa nel lavabo, poi si gira con il volto rigato dalle lacrime, guarda il fratello dritto negli occhi senza dire una parola e sale le scale con nervosa tranquillità, esprimendo in questo modo silenzioso tutto il dolore e la rabbia che prova da un anno a questa parte. David si prende il volto fra le mani e socchiude gli occhi, sospira, si alza battendo con forza un pugno sul tavolo coperto da una tovaglia con ricamati dei fiori, ma il loro scintillante colore è ormai sbiadito a forza dei frequenti lavaggi, ed è solo più il ricordo di qualcosa di bello che non può più ritornare .
In quel preciso istante il papà rientra in casa con il volto addolorato e gli occhi segnati dal sonno, saluta il figlio e si scambiano brevi frasi insignificanti, poi David torna ad ascoltare la sua musica, mentre il padre si beve della vodka per affogare nell’alcool il dolore, ma non capisce che è come cercare di far rimanere nel fondo del mare un salvagente, resiste per poco, poi torna a galla.
Judy nel frattempo si è addormentata, il cuscino soffice bagnato dalle sue lacrime salate è l’unico segno del suo dispiacere; il suo viso umido, risplende nel buio illuminato dalla luna piena. La ragazza si agita nel sonno, come ogni notte, rigirandosi più volte nel letto. Ha incubi diversi ogni sera, ma ognuno di questi termina con la sconcertante e deprimente visione degli occhi della madre che la fissano, azzurri e tristi.
Judy si sveglia in un bagno di sudore.
Piove forte, un vero e proprio diluvio, la ragazza è stanca e impaurita, la sveglia fluorescente sul comodino segna le 5.36. I minuti passano inesorabilmente lenti, alle sei e mezza Judy si alza dal letto e si cambia, ha smesso di piovere e le prime luci dell’alba accendono la città; scende in cucina una mezz’ora più tardi e con sua sorpresa trova il padre nonostante dovrebbe essere già uscito: lo sguardo fisso sul giornale, la faccia impenetrabile.
«Buongiorno cara, vieni qui, com’è andata ieri a scuola? Novità?» chiede il padre, cercando di nascondere come può il dolore e la stanchezza.
«Tutto bene, non vedo l’ora che finisca, non ne posso più.»
«Beh, fra una settimana termina, non è così? Ah, tra l’altro, ti volevo comunicare che ho vinto un premio: una vacanza per due in Brasile; visto che io sarò occupato con il lavoro e tuo fratello con gli esami di maturità, ci andrai tu, ovviamente non da sola, ti accompagnerà Katerine, un’amica di vecchia data di tua madre.»
Judy è senza parole, il Brasile è semplicemente il suo sogno da quando aveva cinque o sei anni, la mamma le raccontava un sacco di storie sulla foresta amazzonica, leggende misteriose e fantastiche riguardanti strani individui con la pelle dipinta.
«Per quanto tempo?» si limita a chiedere.
«Un mese» risponde trionfante il papà, sapendo di aver colto nel segno.
«Bene, spero che questa Katerine sia una tipa simpatica.»
Il padre soddisfatto si reimmerge nel giornale e quando arriva anche David fanno tutti colazione; il fratello è già a conoscenza del viaggio premio e non c’è rimasto male poiché sa che la sorella ha bisogno di distrazioni più di lui, e comunque deve superare un esame di maturità, ostacolo non certo semplice.
È Sabato e, dopo la scuola, David e Judy vanno a trovare la mamma. È sdraiata nel letto sepolta da lenzuola candide e sta leggendo una rivista; s’interrompe immediatamente quando vede arrivare i suoi figli: Judy corre ad abbracciarla seguita a ruota da David, chiacchierano per un’oretta e vengono a sapere che la sera prima il loro padre era, come avevano supposto, all’ospedale dalla mamma per chiederle l’autorizzazione di mandare Judy al viaggio premio. Era stata lei infatti a consigliargli come accompagnatrice Katerine.
Terminata la visita i due si incamminano verso casa, Alcatraz si staglia imperiosa davanti a loro, seminascosta dalla nebbia; poco più in là il fiammeggiante Golden Gate bridge è invaso da auto di tutti i tipi che sfrecciano avanti e indietro senza sosta.
«La mamma sembrava felice.»
Judy è molto allegra oggi, era molto tempo che non lo era più.
«Si anche a me è sembrato. Allora, sei felice per il viaggio?»
«Ovvio. Comunque, non mi hai ancora chiesto scusa per come ti sei comportato ieri sera, pensi che riuscirai prima o poi?» gli fa notare ironicamente.
«Ah, già, beh, uffa… scusa.»
Judy ora è ancora più raggiante e soddisfatta David si sente più a posto con la coscienza.
La settimana passa in fretta e l’atmosfera è meno tesa in casa Parket, ciò influisce sull’andamento scolastico di Judy che ottiene brillanti voti in chimica e filosofia. La scuola finisce il dodici Giugno e lei dovrà partire il diciotto.
Gli ultimi giorni di stress passano come ombre rapide e in breve iniziano le vacanze, il sole splende sulle case e i parchi si affollano di gentleman distinti con pipa e cravatta, e nurse indaffarate a seguire piccoli bimbi euforici che scorrazzano ovunque, non mancano ovviamente gli hippy con bandane colorate e lunghi capelli sciolti che suonano una chitarra stonata all’ombra di alberi o, a volte, in piedi su una panca.
Ora che la scuola è terminata la famiglia al completo si ritrova spesso in ospedale e tutto è quasi perfetto, ci sono giorni nei quali Judy e David parlano ore e ore, si danno reciprocamente consigli, ciò non succedeva più da quando la mamma si era ammalata, per loro è come tornare indietro nel tempo, quando si spingevano su instabili altalene cigolanti o correvano per la casa felici e ingenui. Insomma sono quasi una famiglia normale e, anche se quel quasi pesa molto a tutti, le faccende vanno molto meglio. Quando né David né Jack sono in casa, Judy esce in giardino e sogna ad occhi aperti strane avventure nella foresta amazzonica, inoltre passa ore intere a immaginarsi Katerine e un giorno arriva a chiedere alla mamma di descrivergliela. Allora la donna decide di invitarla a farle visita all’ospedale per fargliela conoscere prima della partenza. Judy trova questa un’ottima idea, così il sedici Giugno avviene il fatidico incontro.
 

continua

© Copyright by: Giulia Voghera

- VETRINA LETTERARIA -

 
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