Racconto Lungo
di Monica Fiorentino
Pagine: 33
Prezzo: 3,20 euro
E-mail: non pervenuto
Tel.: 333 9385362
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PROLOGO
Perdonato da Satana, Jack O’Lantern, l’unico Umano che aveva avuto l’ardire di
sfidarlo, ha cessato il suo eterno vagare e nelle sacre terre del Vaticano ha
posto la sua Lanterna affinché ne venga custodito il sonno, strumento di luce
per ogni anima al momento del trapasso, godendosi finalmente il meritato riposo.
A custodia della santa teca è l’Arcangelo Gabriele che ne conserva intatta la
magnificenza e ne protegge la fiamma.
Ma alla Vigilia di Halloween il suo cuore trema, unito agli altri Spettri e
celata al mondo intero la sua vera natura nella notte in cui tutti sono maschere
agli occhi degli altri, Helmut Vladimir figlio di Boris di Moldavia verrà nelle
capitale guidato dal suo fiuto per impadronirsi della Lucerna come da sempre
aveva aspirato a fare. Assetato di vendetta e accecato d’odio verso il Genere
Umano il suo unico desiderio è quello di distruggere l’unica Luce in grado di
accompagnarli nel trapasso, per gettare il loro cammino nello stesso buio di
non-morto in cui lui è costretto a vagare.
Solo lei, Tourandot l’Angelo che è stata la sua amante, l’unica che gli ha
donato il calore vero di un seno può fermarlo, e chiamata dall’Altissimo
Cherubino ha ricevuto il preciso ordine di farlo.
Ma lei lo ama ancora e la lotta si presenta difficile, anche se accanto il lupo
Gugg saprà come guidarla, il suo cuore rappresenta il nemico più grande da
superare.
M.F.
CAPITOLO I
Svoltando velocemente l’angolo imboccando una via parallela
praticamente deserta, due figure avvolte in lunghi mantelli della stessa
tonalità damascata tagliarono il buio della notte e parlando sommessamente
divorarono il vicolo di pietre grosse per ritrovarsi nella strada principale
bagnata a giorno dai possenti lampioni che ai due angoli spandevano la loro luce
artificiale. “La direzione giusta è questa. Gabriele ha segnato in rosso proprio
questo punto sulla cartina che mi ha inviato allegato alla lettera, non mancano
che pochi metri ormai. La costruzione dove lui ci sta aspettando deve essere
quella in fondo, accanto alla cappella di cui minuziosamente ci ha informato nel
corso della missiva, la Sistina nel cui interno la cupola è affrescata da
straordinarie immagini di suggestiva sacralità”. E osservando il dito che usciva
appena dalla manica del lungo saio, ascoltate le sue indicazioni, l’altro
compagno col capo ben coperto dal cappuccio annuì tirando un lungo sospiro “Ci
siamo quasi dunque… non avevo dubbi sulle doti del nostro fratello caro, anche
se tutte le vie portano a Roma e personalmente a me sembrano davvero tutte
uguali, lui avrebbe saputo come spiegarsi con chiarezza. Allora finalmente fra
poco saremo di nuovo tutti e tre uniti… bene!”. E proprio a quelle ultime parole
nel nero manto notturno, una luce fece capolino e scese posandosi come una scia
luminosa a indicare l’uscio di un vecchio portone di legno massiccio dai cardini
arrugginiti e guardandosi di colpo negli occhi comprendendo all’istante, i due
sottobraccio avanzarono diretti.
Di lontano un gruppo di giovani percorse urlando e fischiando di corsa la strada
col volto coperto di cerone bianco sulle vesti dal gusto sfacciatamente troppo
arcaico, e udendo da fuori l’eco della festa, in attesa sulla sedia d’antico
intarsio Gabriele si levò comprendendo trepidante, che buona mano era giunta
nelle terre benedette del Vaticano per aiutarlo. Quelle goliardiche urla
segnavano l’inizio della Vigilia della festa di Ognissanti e l’indomani il tempo
avrebbe segnato la notte del trentuno ottobre. Ventiquattro ore soltanto
d’improvviso gli sembrarono un’eternità e sistemandosi la veste di un candore
opaco chiusa alla cintola da una corda intrecciata ben salda, si apprestò a dare
il giusto benvenuto ai suoi fratelli.
Ritta sulla soglia la figura di Gabriele salutò i due pellegrini e
abbracciandosi calorosamente l’un l’altro, dopo lunghi sguardi senza parole
sparirono all’interno del fabbricato e prendendo una scala in ferro battuto
scesero nei sotterranei, dove poterono finalmente i fratelli liberarsi dei
pesanti mantelli e aprire le proprie ali in tutto il loro splendore. Al sicuro
chiusa alle spalle la grata attraverso la quale erano entrati nella camera
spoglia dalle pareti umide, in mezzo alla quale troneggiava una tavola ricoperta
da una tovaglia di fine merletto ricamato sopra cui erano posti tre calici di
cristallo e una brocca panciuta colma di un ricco contenuto color smeraldo,
lisciandosi le vesti dello stesso colore e dello stesso identico tessuto di
quello di Gabriele differente solamente per la tonalità della cordicella alla
cintola, sedettero ognuno sul rispettivo sgabello facendone scricchiolare
gioioso il legno.
“Michele, Raffaele ero molto in ansia per il vostro viaggio, ma finalmente
adesso siamo di nuovo uniti. Le terre di Roma sono meravigliose ma ingannatrici
e ho temuto che non giungeste in tempo, di ore purtroppo a disposizione ne
abbiamo ben poche per permetterci di sprecarne di nostro. Ma adesso prego bevete
pure, è assenzio, la bevanda delle fate, pensavo che ne avreste avuto bisogno
per rifocillarvi” disse d’un fiato l’Angelo Gabriele invitandoli a riempire i
calici. Ripiegando adagio la cartina che l’aveva aiutato a raggiungere il posto
e riponendola nelle pieghe della sua veste, l’Angelo Michele prese la bottiglia
e versò per tutti, se l’Angelo Gabriele era il più maturo e assennato e Raffaele
il più giovane e di indole gioviale, lui era un’insieme di entrambi, saggio
quanto di liberi valori. Stanco per il faticoso cammino affrontato ma felice del
loro ritrovarsi tutti uniti, Raffaele Arcangelo bevve il primo sorso e gli altri
lo seguirono a ruota levando i calici.
“Stanotte dovremmo prendere le nostre posizioni fratelli, domani Halloween è il
gran giorno che non deve trovarci impreparati. Tu Gabriele sei stato chiamato
prima di noi a custodire la Sacra Lanterna e spinti dalla tua missiva sigillata
in ceralacca, pure a noi hai chiesto di accorrere qui per tenerti il braccio nel
momento della battaglia. Illuminaci dunque sui tuoi piani” chiese tenendo a
tratti fermo il tremore l’Angelo Michele movendo le sue lunghe chiome nel
reclinare il capo. Diversi per fisico e per profilo i tre, uno di fronte
all’altro, riempivano con la loro presenza le mura ricoperte di verdognola
sterpaglia e muffa. “Prima di voi mi fu dato il compito di venire qui nelle
sacre vie papali per ordine del Serafino stesso, al fine di sorvegliare la Santa
Lanterna, ad ognuno di noi tre Arcangeli è dato di operare il Bene in cielo come
in terra e a me era stato detto di vigilare qui in queste Segrete insospettabili
vicino alla Cappella, la Camera del Santo Lucernario da chiunque tentasse di
disturbarne il quieto sonno. Ed è purtroppo giunto il momento di tenere bene in
mano il ferro per difenderla”. Sospirò con sguardo incupito, confessandosi a
loro Gabriele.
Un urlo all’esterno della grata posta in alto, unica fonte estrema di luce
seguito dal botto di un fuoco d’artificio li fece sobbalzare, domani sarebbe
stato il trentuno e gli umani si apprestavano a modo loro a viverne con i dovuti
scongiuri, la festa “Domani notte correranno in terra Angeli e Demoni, Streghe e
Spiriti, Vampiri e Spettri e fra loro gli Esseri Umani non riusciranno mai a
riconoscere la maschera da quello vero. Le porte dell’Altromondo stanno per
essere aperte e le Creature tingono di colore i loro volti per trovarsi tutti
nelle medesime danze… ma fra vesti e variopinti stucchi stavolta ci sarà anche
lui” continuò l’Angelo Gabriele custode e capo della battaglia. Voltandosi
all’unisono verso l’unico dipinto che ornava la parete, un arazzo enorme
rappresentante ‘Il Martirio di S. Sebastiano’ i tre si scambiarono reciproche
occhiate d’intesa, nella lettera lui era stato già molto chiaro.
Levandosi la Creatura Celeste prese il candelabro per rischiare il cammino che
si sarebbero apprestati a compiere e fece cenno col capo di seguirlo. Sfiorando
il dipinto ad olio, la cornice scivolò lungo la parete e puntando in avanti la
candela i fratelli si spinsero dall’altro capo della camera attraverso uno
stretto e buio passaggio, ognuno sembrava conoscere perfettamente i pensieri
dell’altro. Dinanzi ai loro occhi apparve d’improvviso rischiarata dalla fioca
luce di un cero acceso una teca di cristallo di grosse proporzioni, sollevata da
un basamento di marmo nel cui interno una lanterna d’antichissima fattura era
adagiata in un purpureo drappo, avvolta in un tranquillo sonno. Né la ruggine,
né il tempo avevano sfiorato la sua bellezza intatta.
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