Racconti di Maria Salemi
      
    Pagine: 33
       Prezzo: 5,00 euro
       Tel.: 329 1783603

     

    PROFILO ARTISTICO DELL'AUTRICE

    SALEMI MARIA è nata a Mori (TN) nel 1946 da padre siciliano, appuntato della Guardia di Finanza e da madre trentina. Studi commerciali, diploma di Scuola Media, Dolmetchershule in Germania; Paroliere S.I.A.E. Inizia a scrivere all’età di 12 anni a Rovereto, tenendo un diario poetico.
    Residente a Bolzano dove da autodidatta ha iniziato a scrivere racconti e favole per i suoi figli; ha partecipato a vari concorsi ottenendo consensi dalla critica e svariati premi. Nel 1996 si classifica al secondo posto al premio di poesia «Trofeo Orso di Biella» per la sezione Alpina e terza nella sezione Amore. Nel 1997 è finalista al concorso «Artemare» della Marina Mercantile di Riposto (CT), è quinta al premio «Enrico Pea» Città di Seravezza (LU). Premio Speciale del Presidente al concorso «Prosa e Versi» della 4 L edizioni librarie di Genova. Prima classificata al concorso di poesia e narrativa «Toro» (Ed. L’Acquario - BO). Nel 1998 Segnalazione di Merito al premio «Goffredo Parise» di Bolzano. Primo premio ex aequo «Targa Collodi» per la narrativa per l’infanzia, dell’Areopago-Cirals di Roma. Nel 1999 ottiene il sesto posto assoluto al «G. Parise» (BZ) con il racconto «L’incanto della Camargue», Menzione d’Onore dell’A.L.I.A.S. Di Melbourne (Australia), selezionata per il libro «Le montagne incantate» leggende ed immagini, patrocinato dal Comune di Bolzano con il racconto «Il Monte di Cristallo», terza classificata di nuovo per la poesia al concorso «Alfa» di Nordrach (Germania). Nel 2001 è finalista al premio «San Valentino» di Terni, quarta al premio «Emozioni e Magie del Natale dell’Atalier d’arte Roberta Braceschi» di Parma. Nel 2001 terzo premio al concorso «G. Lorca» di Madrid (Spagna), segnalata dalla Ibiskos di Firenze per il racconto «Omaggio alla Serenissima». Nel 2002 premio speciale al concorso europeo «Charles Baudelaire» di Parigi con la silloge «Pensieri d’amore». Nel 2004 è classificata all’11° posto per la narrativa con il racconto «La notte delle streghe», e segnalazione di merito per la poesia «Ballerina» al concorso nazionale «G. Parise» di Bolzano.

     

    Primo racconto: BERTA - 1900...

    Per Mariolina quello era il primo giorno di scuola, la mamma l’aveva accompagnata davanti a quel grande edificio, dove l’aveva lasciata in mezzo ad una marea di bambini che attendevano come lei che si formassero le classi, poi dopo le solite raccomandazioni se ne era tornata a casa.
    Mariolina si era sentita abbandonata, non conosceva nessuno degli scolari e le lacrime le premevano tra le ciglia.
    Dopo aver chiamato tutti gli alunni per nome la maestra si avviò verso l’aula assegnata, seguita dai suoi nuovi scolari, Mariolina seguì la fila entrando per ultima, tutti avevano già preso posto nei banchi, lei si fece coraggio, attraversò l’aula e andò a sedersi nel primo banco vicino alla finestra per sua fortuna rimasto vuoto.
    Trascorsero pochi giorni e Mariolina cominciò a socializzare con gli altri bambini e a poco, a poco riuscì a vincere la sua timidezza, ma non la diffidenza che provava nei confronti della maestra, il suo carattere introverso e la sua timidezza le impedivano di alzare la mano anche quando conosceva le risposte, per timore di fare delle figuracce e di essere presa in giro. Cominciò così per lei il periodo dell’apprendimento.
    Dopo la scuola, appena tornava a casa Mariolina si metteva a fare i compiti e nel farli ci metteva molto impegno, nel tempo libero amava sedersi davanti alla porta della sua abitazione, sui due gradini del grande pianerottolo a confezionare dei graziosi abitini per le sue bambole, con i ritagli di stoffa che la sarta le regalava.
    L’appartamento che la sua famiglia aveva affittato nella grande casa dove era andata ad abitare da poco era situato a "Lambel", in un antico palazzo signorile, un tempo abitato da nobili.
    Il palazzo era stato diviso a metà, la parte più bella e più ricca con gli affreschi, le stanze padronali, il pozzo, la serra e il grande parco, era abitata nei mesi estivi dai proprietari che arrivavano da Torino per trascorrere le vacanze in campagna, l’altra metà era stata venduta e suddivisa in tanti appartamenti abitati da diverse famiglie.
    Alcuni appartamenti si affacciavano su grandi pianerottoli, altri su saloni vastissimi dai pavimenti in marmo pregiato e con grandi finestre dalle quali si potevano osservare i due cortili, situati alle estremità della casa. Il primo cortile subito dopo l’androne d’ingresso, protetto da un grande portone, l’altro più grande, all’altra estremità della casa, quest’ultimo si poteva raggiungere attraversando due androni bui, dai soffitti a volte, collegati tra loro da sembrare dei portici, anch’esso aveva un portone, che permetteva l’entrata dei carri ed era anche l’uscita secondaria.
    Nel palazzo, si accedeva ai piani superiori attraverso una larga scalinata di marmo, dalla balaustra anch’essa in marmo, tanto larga da poterci scivolare giù, fino in cortile, con grande divertimento dei ragazzi, grandi e meno grandi.
    Spesso maschi e femmine si ritrovavano a giocare tutti insieme all’aperto, specialmente nell’ultimo grande cortile, in fondo al quale erano situate le stalle e i fienili, o negli androni, ai lati dei quali la famiglia contadina che abitava al primo piano, ammucchiava le castagne raccolte nei boschi, scaricandole direttamente dal carro, ancora dentro i loro ricci, e dove accatastava, pure le fascine di legna tra le quali nei giorni di pioggia era abitudine giocare a nascondino.
    Era finito il primo anno di scuola, Mariolina aveva più tempo da dedicare ai giochi così aveva iniziato ad unirsi al gruppo, vincendo la paura che la attanagliava quando doveva attraversare quei portici bui, da sola. Aveva cominciato a legare soprattutto con le figlie dei vicini e le seguiva nelle varie incombenze che i genitori dell’una o dell’altra affidavano ad esse.
    Era diventata molto amica di Bruna anche se questa era più grande di lei di qualche anno, seguendola, Mariolina, soddisfava la sua grande voglia di sapere e Bruna l’accontentava facendole conoscere ogni angolo del palazzo.
    Le soffitte e le cantine incuriosivano Mariolina, queste ultime le apparivano come delle vere e proprie segrete come quelle esistenti nei vecchi castelli, queste infatti non erano da meno, il punto era, arrivare laggiù.
    Laggiù i genitori di Bruna ci tenevano le botti del vino e lei ogni tanto era incaricata di andare a prenderne qualche bottiglione, che riempiva, estraendolo dalla botte attraverso un rubinetto inserito nella botte stessa.
    Attraverso il cancello a Mariolina apparivano un’infinità di gradini umidi e viscidi che scendevano in profondità, il giorno che scese per la prima volta, ebbe timore ma la curiosità era troppa e si trovò con un lume in mano, a scendere quelle scale appoggiandosi per non scivolare, a grosse pareti di sassi trasudanti umidità, ricoperte di ragnatele e di muschio, i gradini giravano ora destra, ora a sinistra, e conducevano a locali sempre più cupi, dappertutto permaneva un forte odore di muffa e si respirava un’aria intrisa di mistero.
    Passò un altro anno, Mariolina a scuola andava benino, la sua fervida fantasia le permetteva di scrivere dei buoni temi, tutto quello che percepiva lo metteva nei suoi scritti e se in aritmetica non era molto brava, in italiano se la cavava abbastanza bene.
    Quando era libera dai compiti restava ore ed ore a fantasticare, giocando con le sue bambole, seduta al solito posto sui gradini del pianerottolo.
    Un giorno ebbe l’impressione che qualcuno la stesse osservando, alzò il capo verso il ballatoio e con stupore vide una vecchietta che si sporgeva dalla balconata, si alzò per osservarla meglio ma la vecchietta si ritrasse subito.
    Mariolina allora incuriosita corse verso il salone, cercò di aprire la porta che aveva sempre vista chiusa e che era certa non fosse quella di un appartamento, ma la porta purtroppo era chiusa a chiave, se ne tornò sul pianerottolo, guardò di nuovo su ma questa volta non vide nessuno.
    "Chi sarà mai? si chiese ", non le risultava che in quel palazzo abitasse una vecchietta; "Chiederò alla mamma" disse!
    Ne la mamma, ne gli altri inquilini seppero dirle chi fosse, nessuno aveva mai visto la vecchia e i vicini assicurarono che nessuno abitava nella soffitta e nessuno poteva esserci salito perché la chiave per accedervi, l’avevano soltanto loro.
    Ci restò male, lei era sicura di averla vista.
    Qualche giorno dopo, la sua amica Bruna le chiese di accompagnarla in soffitta per prendere la biancheria stesa, lei non se lo fece dire due volte e la seguì, Bruna tolse dal mazzo una grossa chiave e aprì la fatidica porta, ai suoi occhi apparve una lunga scala a chiocciola che saliva fino al ballatoio, il quale aveva una balconata circolare che si affacciava sul pianerottolo e sulle scale sottostanti.
    Mariolina emozionata cominciò a salire ed arrivata in cima restò senza fiato, notò che da lassù, attraverso le vetrate si poteva controllare, dalle corti ai tetti, tutto l’affaccendarsi di tutto il palazzo.
    Dopo il primo stupore aiutò Bruna a raccogliere i panni asciutti, osservando bene ogni angolo della soffitta e si accorse di una strana attrezzatura conservata in un cantuccio polveroso.
    Chiese all’amica cosa fosse e l’altra rispose che era un vecchio telaio, un arcolaio, un pettine e un fuso; " se ricordava bene i loro nomi!"
    "A cosa servono?" chiese ancora Mariolina incuriosita. Bruna raccontò che, quando era ancora in vita la sua trisavola, in quella soffitta, ci aveva abitato una vecchietta, una filatrice, lei però ne aveva sentito soltanto parlare dai suoi nonni, e da allora nessuno più aveva abitato lassù e quelle vecchie cose erano state dimenticate lì perché non servivano più a nessuno.
    Un giorno, tornando da scuola Mariolina trovò la mamma a letto, il dottore le aveva raccomandato assoluto riposo, il bambino che portava in grembo rischiava di morire se non avesse seguito il suo consiglio, così Mariolina seppe che la sua mamma stava per darle un fratellino e si prodigò ad aiutare il papà nelle faccende di casa, in modo che la mamma potesse riposare tranquilla e potesse portare a termine la gravidanza che si presentava difficile.
    Un giorno la mamma si alzò, ma al suo ritorno da scuola la bambina non trovò nessuna culla e nessun fratellino, rimase delusa e naturalmente chiese spiegazioni alla mamma, che fu costretta a rispondere alle sue domande.
    Le disse che il bimbo era nato morto e la vecchia Berta lo aveva portato via con sé.
    "Chi è Berta e dove lo ha portato? chiese Mariolina rattristata.
    Tra le lacrime, la mamma le disse che i bambini non battezzati non potevano andare in Paradiso, quindi Berta lo aveva portato in un posto chiamato Limbo, dove sarebbe stato assieme a tanti altri bambini, sfortunati come lui, poi aggiunse che Berta conosceva il destino di tutti, era lei infatti a tirare i fili della vita, lei aveva potere di via e di morte, e forse, sapendo che, se fosse vissuto avrebbe potuto soffrire, aveva preferito e deciso per lui, così!
    Mariolina si convinse che doveva essere successo proprio come diceva la mamma, e immaginò la vecchia Berta seguita da una lunga fila di bambini, si consolò pensando che in questo posto chiamato Limbo, che doveva essere sicuramente un posto bellissimo tra le nuvole, il fratellino non sarebbe stato solo, che avrebbe potuto sempre giocare e che la sua piccola anima avrebbe sempre vegliato su tutti loro.
    Mariolina capì che la vecchia Berta aveva atteso pazientemente il bimbo fino alla sua nascita, senza mai farsi notare, solo lei l’aveva scoperta quel giorno, affacciata alla balconata del ballatoio, ma nessuno le aveva creduto, nemmeno la mamma.

- VETRINA LETTERARIA -

 
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