Racconti di Danilo Tacchino
Pagine: 37
Prezzo: 5,00 euro
E-mail: danitacc@tin.it
Tel.: 339 7321372
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PROFILO ARTISTICO
TACCHINO DANILO è nato a Genova il 28-01-1958.
Risiede a Torino dal 1961. Sociologo, scrittore e poeta. Con prepara-zione di base secondaria di natura tecnica e industriale, si laurea nel 1997 in lettere moderne presso l’Università di Torino. Ha al suo attivo alcuni articoli sulla storia industriale torinese e un saggio in pubblica-zione sulla storia dell’Azienda Legnanese «Franco Tosi». Ha parteci-pato alla stesura della «Grande enciclopedia di Torino», curata da Mas-simo Centini per la Newton Compton, collaborando nella preparazione delle voci scientifiche, tecnologiche e industriali. Come poeta e scrit-tore, ha pubblicato cinque sillogi di poesia: «La nuova Ragione» (To-rino, 1983), «Auxilia, la tecnica è nell’ombra» (Massa Carrara, 1985), «A tu per tu: anima e silicio» (Torino, 1987), «La Seconda Era» (Milano, 1997), «Verso il terzo millennio» (Torino, 2001). Alcuni suoi racconti e articoli di critica letteraria sono stati pubblicati su riviste di settore. Ha pubblicato tre saggi di natura para/scientifica: «L’enigma degli oggetti volanti» (Padova, 1997), «Antropologia degli alieni» (Padova, 1998), «Extraterrestrialismo come nuova frontiera: saggio sull’extraterrestrialismo e la sociologia della globalizzazione» (Ancona, 1998). Nel 2001 ha insegnato Sociologia Industriale all’Università Popolare di Torino.
Primo racconto: LA GOCCIA DI GRASSO
Erano anni che Peppino tutte le mattine, davanti a quel grande lavandino del bagno su cui troneggiava un enorme specchio, si premeva la fronte per far fuoriuscire una goccia di grasso. Quella goccia di grasso nauseabondo e maleodorante, si formava solo in quella parte del suo corpo. Quella gnocchetta che si formava quotidianamente in mezzo alla sua bella fronte larga ed espressiva di ragazzo latino attorno ai trent’anni.
Iniziava dal suo grande nasone, a “patata” nello spremersi la carne per far fuoriuscire dai pori un’ essenza lattiginosa color “chachi”. Ma quell’essenza non era certamente pari per odore e presenza, a quella che avrebbe sentito e odorato a breve, premendosi il centro della sua bella fronte. Uno schizzetto leggero ma deciso, da cui usciva dapprima una gocciolina trasparente e, subito dopo se tutto andava come doveva andare, uno schizzo secco con una sensazione godereccia che culminava nella visione dell’alone biancastro del grasso che si era posato sul vetro. Un colpetto di straccio bagnato, un’abbondante e copiosa manciata d’acqua sulla fronte, e la vita quotidiana ricominciava.
Era ormai un rito bello e buono che si ripeteva da anni, di fronte a quello specchio ormai logoro di schizzi e di goccioline, ma un giorno qualche cosa cambiò.
Dalla solita manipolazione uscì uno schizzo molliccio e sanguinolento. Peppino li per lì, non se ne fece una preoccupazione: si lavò il viso, pulì lo specchio come sempre e iniziò la giornata dimenticandosi della variazione di scena del suo bel grumo di grasso.
Da quel giorno però Peppino vide gonfiare quotidianamente e costantemente quella gnocchetta, che si infiammava sempre di più tanto che al tocco la sentiva calda e dolorante.
Poi un bel giorno quel senso di infiammazione diminuì e si formò sul monte della protuberanza un grumo bianco che invitava Peppino a spremerlo. Così successe e ne uscì un fiotto copioso di grasso e sangue che andò a spiaccicarsi sullo specchio, imbrattandolo più del solito e formando addirittura una colata di sangue misto a grasso, tanto ne era fuoriuscita di materia. Peppino si deterse il viso, pulì lo specchio e uscì per l’ennesimo consumo di una quotidiana giornata di lavoro.
Quella gnocca però, si formò di nuovo, sempre più gonfia, infiammata e dolorante con addirittura un lieve accento violaceo sulla pelle infiammata tanto che Peppino non riuscì più a spremere quella parte senza sentire un forte dolore ed aumentare l’infiammazione della parte che diveniva ogni giorno sempre più gonfia, irritata e dolorante. Peppino si decise alla fine di recarsi da un dermatologo: una visita accurata, un medico preciso, paziente, che con grande attenzione lo visitò; gli fece fare delle lastre e lo congedò dicendogli di passare tra sette giorni a ritirare il referto. Nel frattempo gli vietò assolutamente ogni manipolazione verso quella parte del suo viso; e gli raccomandò di detergerla delicatamente con acqua e poi applicargli una crema che gli prescrisse. Quel gonfiore però non regredì affatto, anzi, il fastidio aumentava ogni giorno di più.
Il settimo giorno giunse e Peppino si recò dal medico per ritirare il referto. Il medico lo accolse con una cordialità che a Peppino sembrò fuori luogo, addirittura artefatta, e questo suo intuito si mostrò dopo qualche minuto tutt’altro che erroneo. Infatti il medico lo fece accomodare e sedere, poi il suo atteggiamento mutò di colpo. Si fece serio e gli disse: «Vede, caro signore, le debbo purtroppo comunicare che la faccenda è molto più complessa di quel che mi aspettavo. Mi perdoni se le faccio questa domanda, ma lei ha parenti?» Peppino fu per un attimo sorpreso da quella domanda, poi rispose dicendo che viveva solo, non era sposato,non aveva più i genitori e con i parenti non correva buon sangue. Allora il medico continuò il suo discorso: «Se questa è la sua situazione, preferisco dirle come stanno veramente le cose, in modo che si renda conto della realtà a cui sta andando incontro». Con una notevole dose di imbarazzo e di mestizia, il medico continuò: «Si faccia forza; lei ha un tumore maligno che ha oramai intaccato il cranio, è assolutamente necessario che si faccia ricoverare per applicarle immediatamente una cura di chemioterapia per cercare di rallentare l’infiltrazione del tumore. Escludo un intervento chirurgico che in questo stadio non servirebbe a nulla, se non farla soffrire un po’ di più senza miglioramenti significativi.»
A quelle parole, Peppino vide la realtà d’innanzi a i suoi occhi storpiarsi completamente. A malapena riuscì ad alzarsi dalla sedia, e trattenersi da una crisi isterica di pianto. Salutò con forzata cordialità il medico, concordando con noncuranza il possibile ricovero e si congedò.
Peppino non si premette mai più la fronte davanti al suo specchio logoro di schizzi e goccioline. Infatti il giorno dopo, un corpo fu trovato vicino al fiume, con un colpo di rivoltella sparato in mezzo alla nuca. Fu definito un suicidio dagli inquirenti.
Peppino, un bel ragazzo latino intorno ai trent’anni, finì così. |