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      | Oportet … non tantum docere sed et discere, quia et ille melius docet qui cotidie crescit et 
      profiscit discendo meliora
 (Cipriano, Epist., 74, 9, 2)
    ELEMENTIDI PROSODIA
 E METRICA GRECA
 
 di Grazia Bianchi
 Pagine: 32
 Prezzo: non indicato
 E-mail: bianchi_grazia@virgilio
 Tel.: 339 7859824
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       |  PREFAZIONE
La poesia nasce come parola in musica. La conoscenza del ritmo del verso è 
essenziale per la comprensione del testo poetico. Leggere il testo di una 
canzone o il libretto della Bohème, senza aver mai ascoltato l’esecuzione 
musicale, dà un’impressione completamente diversa, e sicuramente molto 
impoverita. Noi sappiamo che Saffo cantava le sue poesie, e che il teatro greco 
classico era un complesso spettacolo musicale. Purtroppo la musica greca è 
irrimediabilmente perduta, a parte scarsissimi frammenti. Di essa resta soltanto 
una specie di scheletro: la struttura del verso poetico, l’alternanza delle 
sillabe brevi e lunghe. È un fossile, come la mandibola di un australopiteco. 
Certamente sarebbe più interessante avere un australopiteco vivo e vegeto; ma in 
mancanza di questo, dobbiamo accontentarci. Un discorso a parte va fatto per la 
metrica latina. I Romani importarono le forme poetiche della tradizione greca, 
adattandole a un contesto culturale e linguistico completamente diverso. 
Sicuramente Virgilio non cantava sulla lira i suoi esametri, né Orazio cantava 
le sue strofe saffiche; anzi, è molto probabile che già ai loro tempi la musica 
greca dell’età arcaica e classica fosse caduta completamente in disuso. La 
metrica latina è quindi la copia di un fossile. Tuttavia, questo processo 
imitativo ha profondamente influenzato la letteratura e la lingua latina; i 
poeti latini dell’età classica avevano formato il loro gusto sull’imitazione 
della poesia greca, e per loro scrivere versi significava applicare le regole 
della metrica greca. Allo stesso modo Dante e Petrarca scrivevano canzoni sul 
modello provenzale, ma non le cantavano, come invece facevano i trovadori. Noi ora usiamo nelle scuole una pronuncia del latino e del greco (e a maggior 
ragione del verso poetico latino e greco) convenzionale, arbitraria e 
diversissima da quella originaria: la brutta copia di una copia di un fossile. 
Una lettura del tipo:
 Tìtyre, tù patulaè recubàns sub tègmine fàgi sìlvestrèm tenuì Musàm meditàris avèna.
 Avrebbe fatto venire una crisi di nervi al povero Virgilio; 
invece il buon Omero non si sarebbe scomposto, semplicemente perché non avrebbe 
assolutamente riconosciuto in questo balbettio un tentativo di riprodurre il 
ritmo dell’esametro. In conclusione, lo studio della metrica è indispensabile per la comprensione 
approfondita di ogni civiltà letteraria; ma è uno studio difficile e 
specialistico, che, se introdotto prematuramente, e senza un’adeguata 
motivazione, può provocare una definitiva reazione di rifiuto.
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