Racconto
di Maria Letizia Filomeno
Pagine: 30
Prezzo: 5,00 euro
E-mail: mfilome@tin.it
Tel.: 338 5650617
|
|
PROFILO DELL'AUTRICE
FILOMENO MARIA LETIZIA, nata a Gallarate il 12-9-1971 - È autrice di
poesie, racconti, romanzi. Ha pubblicato due raccolte personali di poesie con le
Edizioni «Il Grappolo» e una con l’A.L.I. Penna d’Autore di Torino: «Presunte
illusioni». Sue opere, sia in poesia che in prosa, sono presenti in antologie.
Ha conseguito riconoscimenti in vari concorsi e collabora a riviste letterarie.
LA RAGAZZA DI PORTA GARIBALDI
Ho un appartamento nella zona di Porta Garibaldi. Veramente, definirlo
appartamento è un eufemismo, quasi un’adulazione. Trattasi, infatti, del più
classico due-locali-più-servizi-ultimo-piano-senza-ascensore, posto in un
vecchio caseggiato di cortile, con le scale di pietra sbrecciata e i balconi con
le ringhiere pericolanti che girano internamente attorno all’edificio. Cinque
giri di balconi. Cinque piani. Beh, tutto sommato non è neanche molto. In
compenso l’affitto è molto. Molto alto, molto ingiusto, molto poco appropriato
allo stato dell’immobile. Ma si sa, a Milano è tutto molto poco appropriato.
L’ho trovato grazie all’intercessione della zia, che conosce il proprietario, il
quale si guarda bene dall’abitare questa degna dimora. Infatti lui ha una casa
in Svizzera. A Lugano. Bene, lui si alza al mattino, guarda fuori dalla finestra
e vede il lago. Io mi alzo al mattino, guardo fuori dalla finestra e vedo Porta
Garibaldi in tutto il suo splendore. Sai, quella foschia mattutina, quel cicinìn
di nebbia, come dicono qui a Milano. Vedo i binari del treno, così
apparentemente disordinati, nella loro studiata armonia e i tralicci dell’alta
tensione, così apparentemente armonici nel loro disordine. Al mattino sono
sempre un po’ romantica. È un difetto di nascita.
Come si fa a guardare quei ciuffi di papaveri rossi sparpagliati con naturale
casualità tra un binario e una traversina e non provare un tuffo al cuore, non
avvertire una forte commozione nel sentirsi parte di quest’umanità che può
godere di siffatte bellezze, di quest’altra mattina che spalanca le sue braccia
per accoglierci nella sua morsa.
Di solito, dopo il primo caffè, mi sveglio del tutto e la smetto di pensare
cazzate, guardando dalla finestra con espressione malinconica. Oltre a pensarle,
le dico ad alta voce.
Tanto non mi sente nessuno.
Lo faccio per tirarmi su, per dare un tocco di colore a questo grigio. È tutto
grigio, nelle mattinate milanesi. Il cielo, l’aria, i muri degli edifici, i
binari della stazione, la gente. Sì, perfino la gente. Anzi, soprattutto quella.
Hai presente camminare tra una folla di gente che, se va bene ti ignora, se va
male ti travolge come uno schiacciasassi senza neanche voltarsi a vedere cosa ha
calpestato.
La frenesia della grande città.
Così dicono.
Io sono cresciuta col mito della grande città.
Ah, la città, Milano in primis, l’emblema della grande città. Occasioni di
lavoro, d’incontro, di divertimento, tutto è a portata di mano, nella grande
città, basta allungare la mano... e sperare di non ritrovarci sopra una cagata
di piccione. Eh sì, perché a Milano capita anche questo.
Oltre i milanesi, ci sono anche i piccioni. Milanesi anche loro, quindi più
stronzi che da altre parti, perché anche loro si sentono "cittadini".
Io adoravo Milano. Ora le voglio ancora bene, ma mi sta scadendo. Ora ci vivo,
ci abito, frequento i luoghi d’incontro, mi scontro con le occasioni, incontro
persone con le quali mi scontro, verbalmente, fisicamente. Soprattutto quando
prendo il metrò. Allora sì che uno deve tirare fuori le palle. Allora sì che
viene il bello del vivere a Milano. Il metrò è lo zoccolo duro del vivere nella
grande città. Il metrò nelle ore di punta. Il massimo della vita. Perché dico
metrò, alla francese? Mah, forse l’influenza napoleonica. Ieri ho sentito una
signora milanese dire -Devo prendere la metro - così, senza accento.
La metro. A me ricorda la Metro, il grande magazzino di Busto Arsizio, dove
vanno quelli con la partita IVA perché possono scaricare l’IVA. Ci va anche il
mio babbo, quando deve fare i rifornimenti per la ditta. Ma questo non c’entra
niente.
Siamo pure fuori provincia.
Dicevo del metrò - vabbè, vada per il francese -. Io lo prendo tutte le mattine.
Prima, però, prendo il primo caffè. A casa. Nella mia casetta. Nella cucina
della mia casetta. Che - per inciso - ha una cucina e una camera da letto. Più
il bagno. Ma mentre la camera da letto la uso anche come studio, il bagno lo
posso usare solo come bagno, perché è troppo piccolo per farci altro. Hai
presente la casa del film di Pozzetto?
Comunque - continuo a perdere il filo - il primo caffè lo prendo a casa. Ho
acquistato una caffettiera da due tazze.
Sì, lo so che ci sono anche da una sola tazza, ma intanto, potrei dover offrire
un caffè a qualcuno, e non mi sembra il caso di mettermi a fare i turni.
Poi, perché così ne bevo di più. Inoltre, ho acquistato anche una caffettiera da
sei tazze, caso mai dovessi avere più ospiti. Più di sei non credo, anche perché
non ho abbastanza sedie.
Dopo il primo caffè, riesco quasi a svegliarmi. Mentre lo sorseggio, mi lascio
andare a romantiche riflessioni di fronte al paesaggio avveniristico di Porta
Garibaldi. Il massimo dell’eccitazione nostalgica riesco a provarlo in inverno.
C’è del fascino anche in un paesaggio mattutino avvolto nella nebbia, in quel
grigiore stemperato nella malinconia, negli alberi spogli che sembrano disegni a
china, come quelli che facevamo alle elementari. Allora mi perdo via, nei
pensieri densi di significati. Se mi viene in mente qualche bella frase, la
appunto su un post-it, per non lasciarmela sfuggire. Ne ho qualche decina, di
queste belle frasi ispirate alle riflessioni del mattino. Sono tutte
profondamente malinconiche. Ma molto, molto meglio dei pensieri che mi assalgono
durante il giorno, specie in metrò, o quando ho l’occasione di incontrare
qualche personaggio tipico e caratteristico della grande città. Allora, non
appunto niente, né mi sogno di pronunciarlo ad alta voce, per verificarne
l’essenza, perché sarebbero parole passibili di denuncie - querele per ingiurie.
Roba che rasenta il codice penale, quell’articolo che non mi ricordo, se mi
viene in mente te lo dico.
continua |