Romanzo breve
      
    di Monica Fiorentino
      
    Pagine: 34
       Prezzo: 3,20 euro
       E-mail: non indicato
       Tel.: 333 9385362

    PROFILO DELL'AUTRICE

    MONICA FIORENTINO è nata a Sorrento (NA) il 03/10/1976 dove vive e lavora. Ha partecipato a diversi concorsi letterari in Italia e all’estero con buoni risultati e ha collaborato con alcune riviste letterarie specifiche e amatoriali. Ha al suo attivo raccolte in prosa «Ali di carta», «Ali di carta- sangue d’angelo», «Ali di carta - Beati gli angeli», «Contatti» in collabo-razione col Gruppo Volo Pindarico, «Pandor in pericolo», «Forza Nibli» e «L’ombra di Mime» scritti insieme con Angelo di Pino, «Angel Cry», «Devil Kiss», «Il lucidastelle», e tre raccolte di poesie «Fosse amore», «Blu», «Anime di mezzo». Con la Fumetteria Cartooncult di Castellammare di Stabia (NA) ha prodotto «Dream» e «Mxs» due racconti a puntate attualmente on-line corredate di disegni.

     

    ROYO ANGELO INNOCENTE

    C’era una volta un Angelo dalle splendide ali di delicato raso e le lunghe ricciolute chiome, di nome Royo. Di spirito libero, allegra e gioiosa viveva lei compiendo il suo dovere di custodia del Genere Umano diligentemente, fiera e piena della sua natura intraprendente e del suo animo stravagante nemico di ogni regola. Amante calda e accesa Royo se di giorno compieva con saggezza e accortezza il suo ruolo, di notte condivideva col giovane Erasmo il suo letto nella più completa sfrontatezza, destreggiandosi in voluttuosi giochi, disinibita e aperta creatura di piacere. Innamorata di lui che però già portava al dito un anello benedetto, legame d’oro verso la sua sposa, che lei sentiva sulla pelle bruciare ogniqualvolta facevano l’amore, forte delle parole di lui che altro non faceva che ripeterle quanto l’amasse e di come si sentisse imprigionato nel suo matrimonio, che purtroppo per amore dei figli non poteva sciogliere Royo cullava quel sentimento pulito nel suo cuore, nutrendolo con le poche briciole di tempo che Erasmo era disposto a concederle, rubandole come una povera mendicante. Sempre pronta a correre al suo fianco allo schioccare delle sue dita, lieta di accontentarlo in ogni suo amplesso ingegnandosi di volta in volta nella ricerca delle posizioni più appaganti e dei baci più arditi, per ripagarlo delle lunghe ore di lontananza durante le quali chiuso nella sua casa, sopportava le catene che il suo legame gli imponeva, la bella Royo altro non desiderava che amarlo e lui prodigo la riempiva di fiori e di quelle dolci poesie tanto care all’animo femminile, geloso del suo seno che non smetteva mai di carezze e lodare ripetendole che era la sua amata principessa.
    Ma una notte giacendo dopo l’amore sul petto di Erasmo, distesi all’interno di una baracca di fortuna, il giovane notò alla fioca luce della luna che filtrava dal soffitto rotto i fianchi di lei più tondi e i seni più morbidi, e sconvolto prese a scuoterla con forza svegliandola di soprassalto. Alle parole di lui, lisciandosi il ventre gli occhi di Royo furono di smarrimento. E levandosi allora visibilmente stranito, Erasmo si vestì in fretta promettendole di vedersi l’indomani, correndo via all’istante. Sconvolta l’angelo per la prima volta dubitò delle sue parole e di tutte quelle dolci che lui gli aveva sempre sussurrato durante l’amplesso, trovandosi di colpo sola e impaurita, comprendendo come la gelosia di lui fosse stata in realtà sempre e solo sete di possesso e i loro incontri soltanto istinto animale. E quando all’indomani lui non venne, sedendo sulla nuda terra Royo rifletté su quel mondo che era riuscita a costruirsi da sola, creandosi una realtà distorta in cui essere felice al di sopra delle mancanze di lui, e sentì dentro crescerle per la prima volta lo sconforto. Al terzo giorno scoprendo di non essere incinta, la creatura prese coraggio e scese in terra per parlargli apertamente come mai aveva fatto prima, e scoperto vuoto il posto di Erasmo accanto alla moglie il suo stupore fu enorme, nell’apprendere che il giovane aveva lasciato da due giorni moglie e figli per amore di una pastorella, con cui era fuggito via andando a vivere altrove. E pensando di essere stati solo in tre, ma di essersi infine ritrovati in quattro, Royo comprese quanto più brutta di una bugia potesse essere solo la verità.

     

     

    MAGELLANO ANGELO BURATTINO

    C’era una volta un Angelo dai lunghi capelli di stoppa e le belle ali di pino di nome Magellano. Intagliato con cura dal legno di un grosso albero dalle mani esperte del giovane Malco, vestito con variopinti abiti di carta da zucchero, con due grossi bottoni laccati a fargli da occhi e un largo sor-riso vermiglio dipinto, Magellano aveva preso da subito ad essere il protagonista indiscusso di ogni spettacolo teatrale allestito dal ragazzo, regalando col suo musetto vispo, alla compagnia ogni sera un enorme successo. Prodotto da Malco, guidato mani e piedi dai fili che lui muoveva con maestria prestandogli la propria voce, l’angelo burattino rappresentava l’insieme di tutti i difetti e le virtù del giovane che l’aveva voluto a sua immagine e somiglianza, frutto di tutte le sue esperienze, concentrato di tutti i suoi dubbi, le sue insicurezze, le sue stesse gioie, quintessenza del suo io e di tutte le mani che durante gli anni l’avevano sfiorato, di tutti i sorrisi che l’avevano emozionato, delle labbra dolci che l’avevano amato. Figura attraverso la quale lui esprimeva se stesso al pubblico, incantandolo.
    Ma se tanti erano i testi scritti che Magellano interpretava e molteplici i ruoli che di città in città rivestiva con successo, col trascorrere del tempo tornando nei posti già visitati in precedenza, gli applausi degli spettatori cominciavano col divenire sempre più tiepidi. Agli occhi altrui le sue novelle iniziavano con l’essere già viste e sentite, e questo non richiamava nuovo pubblico né confermava quello vecchio. E sconvolto a quelle nefaste previsioni, Malco iniziava a sentire l’angoscia attanagliargli il petto ed il classico blocco dell’artista soffocargli la gola, impaurito. Ma l’angelo scorgendo negli occhi di lui il dolore, grato immensamente al suo cuore per averlo voluto e fedele alle sue mani che l’avevano generato, legato a lui da un affetto profondo, non potendo sopportare oltre il suo volto truce, una notte sollevando adagio tutto quanto il peso dei suoi fili aprendo le sue ali di aghi di pino profumati, gli si sedette accanto sorridendogli. Malco aveva progettato ed infuso in lui tutto se stesso, forse anche troppo, negandogli così la facoltà di agire liberamente muovendo i suoi arti di legno e le sue rotelle a proprio piacimento, assoggettandolo. Ma Magellano aveva un suo bagaglio personale come tutti, fatto di emozioni, sensazioni e sentimenti e chiedendogli di poter agire per una volta da solo, narrando le sue storie d’angelo alla gente per provare così a cercare un nuovo successo, ascoltandolo Malco decise di accettare. E al sollevarsi del sipario il giovane tenne largo fra le dita i fili del suo burattino, lasciandogli tutto lo spazio necessario a narrarsi, senza mai tirare. Lo spettacolo fu un trionfo strepitoso ed il passaparola immediato e veloce. Comprendendo il suo errore Malco profondamente scosso, non soffocò mai più il suo adorato angelo di pino e si fece spesso anzi guidare da lui, parte di se stesso certo, ma creatura libera ed autonoma di pensiero e movimento. Capace persino di salvarlo dal suo ego.

    continua con altri racconti

    - VETRINA LETTERARIA -

     
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