Saggistica
di Carlo Gnolfi
Pagine: 28
Prezzo: 3,00 euro
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PREFAZIONE
A volte i cassetti contengono oggetti che si pensano smarriti
o che addirittura non si sa di possedere. A volte.
In altre, invece, il contenuto è conosciuto e per pigrizia, noncuranza o chissà
cos’altro non si aprono e si lasciano lì a maturare.
Non certo ad ammuffire poiché la presenza è comunque palpabile.
E queste lettere aperte (mai inviate) le ho tenute in un cassetto fino ad oggi,
e non sarebbe stato ancora il momento di diffonderle se la tragica scomparsa di
Fabrizio Meoni, prima, e la lettura della tesi dello studente Simone Montesso
sulla figura del campione toscano, poi, non avessero provocato quei reconditi
meccanismi che governano l’agire umano spingendomi a questo passo.
Nell’intervista contenuta nel lavoro di Montesso, Elena Meoni riesce, in
costanza di un dolore certo ancora molto vivo, a motivare la morte del marito
con la necessità che il suo esempio di uomo impegnato nella corsa alla
solidarietà per l’Africa possa così risaltare maggiormente e stimolare che non
se Fabrizio fosse morto in età più avanzata.
A questo suo invito ho voluto rispondere cercando di far conoscere ai pochi che
riceveranno e avranno la forza di leggere questo opuscolo l’organizzazione
"Solidarietà in buone mani onlus", dedicando anche a questo suo coraggio le
pagine che seguono.
L’autore
PREFAZIONE
Fabrizio Meoni è di Castiglion Fiorentino in provincia di Arezzo. Pilota di
moto, specialista nelle corse di durata, nel 2001 dopo aver già ottenuto negli
anni scorsi il successo in tutti i più importanti rallies del mondo si è
aggiudicato la Parigi-Dakar, il più affascinante e famoso dei raid africani. Un
traguardo che inseguiva da alcuni anni e che per un motivo o per l’altro gli era
sempre sfuggito.
* * *
Caro Fabrizio,
è con gioia che ti scrivo, un sentimento che ho provato misto all’attenzione,
alla passione e all’incertezza per tutti i giorni di durata di quella cavalcata
che ti ha visto, dopo alcuni vani inseguimenti, finalmente trionfare alla Dakar.
Un successo di volontà e di tenacia come tu stesso hai tenuto a sottolineare e
per il quale ti formulo i migliori auguri.
Il senso di questa mia lettera è del tutto particolare, però. Noi non ci
conosciamo anche se i nostri paesi sono molto vicini. Tale conoscenza da parte
mia è dovuta proprio a questo: risale a molti anni fa, a quando tu, eroe delle
corse di regolarità della zona, venivi una volta all’anno a Terontola per la
corsa che si disputava nell’ambito della festa dell’Unità. Eri, allora
giovanissimo, il pilota da battere, quello più in forma, l’esempio da seguire,
il giovane con avvenire brillante.
Ai miei occhi sei sempre rimasto quello, l’imbattibile driver delle corse
locali ed è in forza di quell’idea che non potevi non vincere anche a Dakar. La
sfortuna negli anni scorsi ti aveva sbarrato la strada ma hai battuto anche
quella.
Ma c’è ancora un altro motivo, quello forse più sentito che mi spinge a
scriverti, legato a doppio filo al legame che ho con la terra di cui anche tu
sei figlio.
Non so se ti è mai capitato di essere lontano da casa e di incontrare o sentir
parlare qualcuno del tuo paese o giù di lì che a malapena (o addirittura per
nulla) conosci. È come se nel cuore scoppiasse un misto di orgoglio e di
spavalderia nel dire: lo conosco. Il cuore sussulta, si agita, in un attimo
tornano alla mente e riaffiorano sapori, odori, immagini, sensazioni di vita che
mai si possono dimenticare. Ricordi che credevi persi si riaccendono, vita
vissuta ricompare alla mente e improvvisamente anche la giornata più malinconica
e triste assume un colorito roseo, quasi celestiale. Ti sembra di volare, ricevi
una spinta che ti si irradia sul volto, ti illumina gli occhi e ti arrotonda la
faccia. Ecco tutto questo hai smosso tu.
Seguivo i notiziari sportivi avidamente, avevo imparato tutti gli orari, sentire
le tue parole mi riportava a casa, in piazza a commentare le tue gesta, le tue
ansie, le tue paure, le tue insicurezze. Però non mi sbilanciavo, solo quando
sei stato finalmente consacrato campione ho detto agli amici che anch’io,
lontano da casa, avevo un po’ vinto insieme a te. Scaramanzia, rispetto del tuo
atteggiamento sempre prudente.
Hai fatto vincere in tutto il mondo la nostra terra, conservo i ritagli di
giornale con le tue interviste, la foto del tuo ritorno, l’accoglienza del
Sindaco e la soddisfazione di vederla scattata alla stazione di Terontola. Non
ci crederai ma anche solo quello è stato motivo di buonumore per più di una
giornata e ogni volta che la guardo è sempre la stessa gioia, lo stesso tuffo
nel mare della Valdichiana.
Farsi onore lontano da casa, in una manifestazione di livello mondiale e
mantenere la semplicità e la purezza che ho potuto leggere nelle tue parole e
interpretare nei tuoi atteggiamenti mi ha fatto riscoprire valori di quella
terra che non avevo mai apprezzato pur avendoci vissuto tanti anni. Solo adesso
le radici e i colori iniziano a prendere contorni più definiti, quello che fino
a ieri sembrava solo un modo di dire, parole al vento per ingigantire e
descrivere qualcosa di indescrivibile e di indistinto, prende forma.
In questo cammino di valorizzazione delle mie radici, dell’essenza pura del mio
essere ha avuto non a caso un ruolo importante la tua vittoria. Cosa vuol dire
avere una terra di origine, essere nato in un posto anziché in un altro, avere
gli affetti più cari da una parte e non in un’altra, centellinare nel cuore ogni
momento, ogni fase, ogni più piccolo particolare di un’infanzia nella quale il
sogno di una moto nuova o di una foto vicino al campione erano praticamente
tutto, l’ho imparato da poco.
Mai avrei pensato di farlo, mai avrei pensato di rivalutare così tanto e con
tanta gioia quei momenti. In un mondo in cui tutto scorre freneticamente, nel
quale anche le emozioni più vere sono fagocitate e date in pasto per interessi
commerciali, e dove non si ha più nemmeno un attimo per gustare le cose
significative, mi hai riportato indietro, mi hai fatto crescere e arricchire.
Non avevo mai sentito così forte e entusiasta il legame con quei monti, con
quelle colline, con quelle pianure, con quei panorami. Può anche essere un
momento particolare della vita in cui questo avviene e magari ad altri il tuo
successo non ha comunicato nulla, ma questo non mi interessa. Ho colto
l’opportunità, ho vissuto intensamente quei giorni e te ne sono grato. Forse non
ci conosceremo mai, ma anche questo non importa. Idealmente ti stringo la mano e
ricollegherò sempre quella data ad un momento in cui è avvenuta una svolta. A
volte, e non sono io a dirlo, sono le piccole cose quelle che illuminano e
rendono i nostri giorni vivi, splendenti, attraenti e meritevoli di essere
vissuti. Saper cogliere queste sfumature ci permette allora di distinguere un
giorno dall’altro, dare senso e contenuto a certi momenti, superare le
difficoltà quotidiane e gioire in sintonia con la propria terra.
Da oggi ne sono più orgoglioso e consapevole, quando ci ritornerò la guarderò
con occhi diversi anche grazie a te. Non sono solamente gli affetti delle
persone care a legarmi ad essa ma anche un filo invisibile, indistruttibile,
ineliminabile e imperscrutabile al quale adesso non riesco a dare un nome
preciso, un’identità, una qualificazione. È tutto quello che ho scritto sopra e
tutto quello, tanto, che ancora vorrei scrivere sotto e che se anche andassi
avanti per altre 100 pagine non riuscirei a definire. Un moto dell’animo, una
luce, un lampo, che tutti si portano dentro e che ha per ciascuno un sapore, una
dimensione diversa. C’è anche chi non lo scopre mai, chi non lo conosce e quando
ne sente parlare crede che non esista. Forse occorre andare lontano, sentire il
distacco, provare la distanza e la voglia di ritornare. O forse è proprio la
lontananza che lo fa nascere. Non lo so. Qualunque cosa sia grazie e in bocca al
lupo, tuo affezionatissimo.
continua |