PREFAZIONE
Oggi il rapporto tra i coniugi, giovani in maggioranza, non poggia su basi
psicologiche solide; ci si adagia, già prima di contrarre il matrimonio, sulla
possibilità di rompere facilmente il "legame" se qualcosa non dovesse
funzionare. S’impone l’egocentrismo sull’altruismo, prima se stessi poi i figli.
È il senso di responsabilità che vacilla, che viene calpestato, che - a volte -
manca del tutto.
Rotture, separazioni si verificano e si hanno anche tra gli anziani, seppur con
minore frequenza. Per tali, in genere, i figli sono al primo posto.
Mio marito ed io, sebbene gli screzi, le divergenze e le scelte differenti,
abbiamo sempre avuto di mira i valori veri della vita, il senso di
responsabilità dei genitori; abbiamo sempre dato la priorità alla difesa
dell’unità familiare e all’educazione e serenità dei figli.
Abbiamo considerato secondario, anche se egualmente importante, tutto il resto.
Ecco perché, dopo cinquant’anni, stiamo ancora insieme.
Sebbene tutto, la nostra è stata un’unione anche piacevole dal punto di vista
personale, movimentata, priva di monotonia.
Ho voluto ricordare episodi e momenti critici che hanno creato risentimenti in
me, che mi hanno fatto soffrire, cosa che non tutte le donne fanno; per molte
mogli i loro mariti sono perfetti sotto ogni punto di vista, gli uomini migliori
del mondo. Sarà vero?… Io non ci credo
L’Autrice
LA MIA VITA CON TE
Non ho mai voluto scrivere di te, non rientravi nei miei
interessi, eri completamente fuori dalla cerchia delle mie predilezioni
letterarie, un estraneo che non mi diceva niente, che non mi piaceva inserire
negli argomenti dei miei scritti.
Già, eravamo in sintonia, me ne rendo conto adesso:non ti ha mai sfiorato - non
dico l’interesse o il piacere - la curiosità di dare uno sguardo alle mie
"sciocchezze" (così le considero io), "cazzate che nessuno legge" (come le hai
definite tu - senza conoscerle)
* * *
Erano diversi mesi che non scrivevo più:la mia vena s’era
prosciugata del tutto. Le idee che cercavo non le trovavo, non le percepivo; mi
sforzavo di scovarle in qualche angolo recondito della mia mente, le invitavo a
venire fuori, le imploravo. Nulla. Silenzio assoluto. Vagavo in un deserto, in
una necropoli. Anche se, per esperienza, sapevo che sarebbero saltate fuori
all’improvviso, cominciavo a disperare, a convincermi che - ormai - nella mia
faretra non v’erano più frecce, il mio tempo s’era conchiuso e dovevo, a
malincuore, purtroppo, "andare in pensione"
* * *
Sarà questa sconvolgente serata invernale a provocare la
regressione, il ritorno a ritroso nel tempo e con esso il risveglio, la fine del
mio letargo, o perché i fatti rimossi prima o poi, senza l’assenso della
coscienza, riemergono con prepotenza?
Mi sento investita da una valanga di idee nelle quali ci sei sempre tu. È la
storia della nostra vita insieme che mi scorre nitida davanti agli occhi
stanchi, allo spirito saturo d’angoscia ma sempre proteso verso la speranza,
l’azzurrità...
Così era il tempo quella notte, come questa sera, realtà d’inverno con vento
pioggia neve, freddo e folgori, buio ambiguo… Eravamo sposati da poco. Tu mi
lasciavi molto spesso sola ed io ne soffrivo. Rientravi quasi sempre dopo la
mezzanotte e pur sapevi che io avevo paura, non sopportavo la solitudine… Osai
lamentarmi quella volta, ribellarmi, e tu m’insultasti, minacciasti di
picchiarmi… Non piansi, non protestai, divenni muta.
Aspettai che tu t’addormentassi e mi alzai, senza far rumore. Mi coprii bene e
uscii di casa.
Camminavo a passo svelto, non mi giravo indietro, non cedevo alla paura che
vedevo, sentivo, mi riempiva di terrore, m’aggrediva l’anima e il cuore…
Devo farcela, m’imponevo mentre proseguivo quasi correndo e abbracciavo con lo
sguardo fisso in avanti la strada per guadagnarla, accorciarla… Volevo arrivare
al paesino vicino, il mio paese, per tornare dai miei genitori… Non feci in
tempo:ero quasi giunta quando avvertii (e mi spaventai in modo terribile in
quanto tesa, concentrata in me, «circondata da "mostri immaginari" che non osavo
guardare altrimenti sarei caduta, svenuta, certamente morta»), avvertii, dicevo,
il rumore ovattato d’un’auto che mi scivolava accanto (la "Seicento") e la tua
voce - preoccupata e premurosa - che m’invitava a salire…
Mentre dormivo, e tu mi stringevi con tenerezza per dimostrarmi che mi "volevi
bene" (o per timore che io scappassi di nuovo?), emettevo singulti come se
avessi pianto lungamente (piansi dentro, senza lacrime).
* * *
Eravamo studenti. Ci conoscevamo appena per esserci
incontrati qualche volta casualmente. Non facevi parte della cerchia dei miei
amici, ma m’ero accorta che tu mi corteggiavi.
Capii subito che non eri il mio tipo:eri spavaldo, spiritoso, socievole ed
allegro (troppo), volevi avere sempre ragione. Raccontavi barzellette, divertivi
la comitiva, me no.
* * *
Sai che cosa m’è mancato, che cosa non hai saputo darmi? La
tenerezza, la dolcezza, la delicatezza nelle maniere.
Anche nei momenti intimi, agivi con prepotenza, senza rispetto, eri brutale.
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