PROFILO DELL'AUTORE
GERMANO COSTA, risiede a Chioggia (Venezia). Attualmente lavora presso i
Servizi Sociali del Comune di Chioggia. Diplomato come Dirigente di Comunità ha
svolto anche gli studi in informatica e come Educatore sociale.
Oltre ad avere scritto romanzi e libri di poesia e narrativa, ed avere
conseguito numerosissimi riconoscimenti nazionali e internazio-nali nel campo
letterario ha svolto, dal 1990, una continua ricerca nel campo della
riabilitazione psichiatrica che lo ha portato a formulare la «Trenoterapia-riabilitativa»
con la quale ha potuto aiutare un famigliare, affetto da schizofrenia acuta
grave, a ritro-vare la comunicazione che, a causa della cronicità e resistenza a
molte cure, ormai era andata perduta.
COME NASCE LA TRENOTERAPIA
(un po’ di storia)
Ho passato quindici anni della mia vita nella ricerca di una
soluzione per guarire mia sorella, dapprima interpellai chi si occupava di
cercare di guarire questo tipo di patologia ma non trovai la risposta adeguata
alle esigenze personali di Milena. Dopo tanti anni di indagini svolte a
comprendere la malattia e a trovare una soluzione alternativa ai trattamenti
farmacologici che non curavano ma alleviavano, nei momenti di forti crisi,
soltanto la sofferenza dei familiari nel vedere che un proprio componente della
famiglia era "nel mondo di là", riuscii con tutta una serie di accorgimenti e di
acute osservazioni a trovare una soluzione a questa difficile equazione da
risolvere che nessuno sapeva risolvere.
NEL 1990 SEMBRAVA CHE, PER MIA SORELLA, LA SPERANZA DI UNA POSSIBILE GUARIGIONE
FOSSE ORMAI DIVENTATA SOLO UN UTOPIA, un sogno irrealizzabile, una grande
illusione. INFATTI l’unico giudizio, di quasi TUTTI GLI PSICHIATRI CONTATTATI
PER TROVARE UN AIUTO, UNA SOLUZIONE, UNA… SPERANZA nella cura della schizofrenia
acuta grave, era che non ci fossero più speranze. Nei frequenti colloqui con i
medici non c’era più nessun segno positivo che potesse darci quella speranza di
vederla almeno migliorare dalle forti crisi che ormai erano diventate
quotidiane, la speranza di vedere ritornare mia sorella, quella ragazza normale,
spensierata, amante della musica, della vita che fin all’età di 20 anni era
stata; restavano solamente, dopo i numerosi atti fisici e violenti (tso) e
contro se stessa e gli altri, l’internamento in una casa di cura chiusa. Tutto
questo non lo accettavo infatti non mi arresi all’evidenza dei fatti e decisi,
malgrado le opposizioni dei miei genitori, ormai rassegnati, e dei medici che
dicevano che era tempo perso, di agire. Durante una telefonata con l’unico
medico psichiatra che continuava a darmi una speranza (dott. Righetti), mi passò
per la mente un pensiero fantastico. Così misi in relazione, come avvenimento
significativo che poteva aver dato un grave squilibrio, e che sicuramente era
avvenuto a Milena, un fatto che era all’origine antropologica dell’inizio della
malattia. I continui ricoveri erano correlati con il suo continuo peggioramento,
negli ospedali nulla si faceva per cercare le cause di questa malattia in altre
origini che erano al di fuori del classico modello che era adottato nella
valutazione dei casi di degeneramento psicofisico. Prima dell’ultima terapia con
"l’amico medico" avevo perso quasi totalmente fiducia nella medicina
tradizionale il cui approccio era indirizzato tutto verso l’assalto
farmacologico continuo come cura alla persona affetta da schizofrenia gravissima
acuta, quasi totalmente ingiustificato verso questo tipo di malattia: un
approccio completamente avulso, senza tener conto della storia personale del
soggetto che viveva questo tipo di disagio psico-fisico.
Riguardo la cura della schizofrenia la medicina ufficiale aveva lasciato
alquanto a desiderare, inoltre sembrava che la speranza fosse tutta concentrata
esclusivamente, specie per quei casi considerati gravissimi, nell’uso virulento,
contro questa malattia, degli psicofarmaci come unica speranza di miglioramento
delle condizioni di vita di quei pazienti, che successivamente decisi di
prendermi in carico per aiutarli a comprendere se stessi.
Sembrava che fosse una guerra che non potesse finire mai, una lotta fra due
coscienze da un lato un nemico in parte ancora sconosciuto, la schizofrenia,
dall’altra parte la ragione della medicina psichiatrica basata quasi
esclusivamente nell’attaccare questo "potente" nemico nel tentativo acritico di
estirparlo dall’anima delle persone prima che infestasse anche chi era ritenuto
normale e continuava a strare vicino a questo tipo di persone, soltanto con la
farmacologia.
Nella mia vita professionale, dopo aver dovuto rinunciare per molteplici
problemi all’idea di laurearmi in medicina, proprio per ricercare le cause e un
metodo educativo per aiutare mia sorella, non persi mai l’interesse nella
ricerca di una cura basata più sul rapporto umano verso le persone che
soffrivano di quelle malattie psicosomatiche che stavano, specialmente negli
anni 90, dilagando come una goccia d’olio che cade sull'acqua, rifiutando una
totale fiducia negli psicofarmaci. Una delle mie prime riflessione fu chiedermi
il perché di questa malattia così subdola e imprevedibile che arriva sulle
persone senza distinzioni di classe sociale. Non accettavo il comune
intendimento che tutto era legato in parte alla condizione psicologica della
famiglia, che addossava il loro disagio psico-fisico verso il soggetto più
debole della famiglia per tenere unita una famiglia (Teoria della psicologia);
non accettavo che questo tipo di malattia potesse concretizzarsi su un soggetto,
che immerso in una società culturalmente ed economicamente avanzata e trovandosi
economicamente disagiato si rifugiava nell’isolamento portandolo pian piano
verso la nevrosi successivamente verso la depressione e in fine alla
schizofrenia (teoria della sociologia); non accettavo neanche la teoria (biomedica)
che affermava che questo tipo di malattia potesse essere racchiusa nel DNA di un
soggetto che nello storico familiare avesse avuto un parente malato di
schizofrenia;non accettavo che come unica strada di guarigione si dovesse
sperare totalmente sull’uso degli psicofarmaci: la vera verità era ben lontana
da queste teorie!
Oggi ci sono svariate ipotesi circa l’insorgere della schizofrenia: ipotesi che
nascono dalla rivalutazione di questo disturbo così subdolo che può nascere in
qualsiasi fascia sociale senza escludere nessuno.
Gli elementi principali alla diagnosi della schizofrenia sono la presenza di
sintomi specifici quali: alterazioni ecolaliali, disturbo del pensiero, deliri,
afasia, apatia, abulia, senzazione della perdita dell’affettività, l’attenzione
diffusa, cioè l’impossibilità di selezionare le informazioni ambientali. Le
allucinazioni, cioè l’insorgere di immagini mentali che non esistono nella
realtà, senza oggetto e stimoli che le giustificano come voci inesistenti che
ironizzano sul soggetto. Ci sono forme allucinatorie che sono accompagnate a
forme differenziate di delirio quali:
- delirio di riferimento: ovvero chi soffre di schizofrenia crede che qualsiasi
cosa avvenga attorno a lui sia in qualche modo collegata alla sua persona.
- delirio di controllo: il credere di essere controllato attraverso forze
esterne, spiriti, esseri extraterrestri, onde radio, elettricità, esseri
invisibili.
- delirio di persecuzione: la convinzione che alcune persone, gruppi, enti,
stato, cerchi di ridurre il soggetto in rovina o che tenti di eliminarlo anche
se questi hanno un rapporto amichevole e amorevole.
- delirio di grandezza: che induce il soggetto a considerarsi un genio o un
talento importante o famoso al pari di…
Nella schizofrenia ci sono i disturbi del linguaggio i quali impediscono al
soggetto di partecipare attivamente a una conversazione, quali:
- disturbi dell’affettività: i soggetti vivono una sensazione di ambivalenza fra
amore e odio di interesse e affettività.
- disturbi della sfera motoria: alcuni soggetti vivono in una condizione di
disorganizzazione, assumono posture particolari strane e manifestano una certa
rigidità catatonica, cioè resistono a chi tenta di smuoverli dalla loro
posizione o come l’ecoprassia che consiste nella ripetizione di azioni che hanno
visto fare su altre persone.
- disturbi della socialità: tendenza del paziente a chiudersi e a limitare i
contatti con la società.
La schizofrenia è catalogata sotto il quadro clinico in quattro forme:
- la forma simplex: il comportamento è strano bizzarro e non sono presenti
deliri e allucinazioni, ma il soggetto sotto il profilo affettivo e cognitivo
non reagisce ai diversi ambiti di vita sociale e i suoi pensieri sono dissociati
dalla realtà.
- la forma paranoidea: caratterizzata da deliri e allucinazioni e spesso è
frequente la sensazione di dover fuggire o impulsi omicidi
- la forma ebefrenia: si caratterizza per la presenza di discordanze affettive
di bizzarrie, deliri di grandezza, idee ipocondriache, e manie di persecuzioni
presenta una alterazione del linguaggio e delle capacità cognitive.
- la forma catatonica: presenta uno stato di immobilità catalessia, a volte
completa che si manifesta specie dopo un periodo di ansia e di eccitazione, il
soggetto diventa dopo questo periodo inattivo e questa inattività lo può portare
a non essere più in grado di muoversi portando il soggetto a una cronicizzazione
acuta.
Benché da sempre noti questi tipi di alterazioni fino a poco tempo fa era stata
data poca importanza ai deficit delle capacità cognitive, cioè la difficoltà di
concentrazione, di attenzione, di ragionamento. I soggetti che hanno questo
genere di sintomi hanno delle alterazioni gravi del ragionamento e un pessimo
rapporto con gli altri e con la società in cui vivono.
Oggi questo tipo di considerazione è stata presa ampliamente in considerazione
perché si è visto che lo studio delle disfunzioni delle capacità cognitive hanno
dato un valido aiuto nel capire le cause della schizofrenia. Tutti oggi sanno
che per questo tipo di disturbo implica una sostanza che è la dopamina, un
neurotrasmettitore.
Molti pensano che ci sia una origine esogena o genetica del sistema nervoso a
livello dell’ipocampo alle cause dell’insorgere della schizofrenia, ma non è
sempre così.
Se farmaci come l’aripripazolo (Abilify) e l’amilsupiride (Sovian) sono stati
molto utili per riannodare con quei pazienti molto gravi una comunicazione non
si può contare che questi farmaci siano sufficienti a eliminare il problema, ci
vuole tutto il resto, un "contorno", dunque ecco che entrano in gioco le
tecniche riabilitative come la trenoterapia.
continua |