Saggistica
  
di Germano Costa
  
Pagine: 49
   Prezzo: 10,00 euro
   E-mail: costa155@interfree.it
  

 

PROFILO DELL'AUTORE

GERMANO COSTA, risiede a Chioggia (Venezia). Attualmente lavora presso i Servizi Sociali del Comune di Chioggia. Diplomato come Dirigente di Comunità ha svolto anche gli studi in informatica e come Educatore sociale.
Oltre ad avere scritto romanzi e libri di poesia e narrativa, ed avere conseguito numerosissimi riconoscimenti nazionali e internazio-nali nel campo letterario ha svolto, dal 1990, una continua ricerca nel campo della riabilitazione psichiatrica che lo ha portato a formulare la «Trenoterapia-riabilitativa» con la quale ha potuto aiutare un famigliare, affetto da schizofrenia acuta grave, a ritro-vare la comunicazione che, a causa della cronicità e resistenza a molte cure, ormai era andata perduta.

 

COME NASCE LA TRENOTERAPIA
(un po’ di storia)

Ho passato quindici anni della mia vita nella ricerca di una soluzione per guarire mia sorella, dapprima interpellai chi si occupava di cercare di guarire questo tipo di patologia ma non trovai la risposta adeguata alle esigenze personali di Milena. Dopo tanti anni di indagini svolte a comprendere la malattia e a trovare una soluzione alternativa ai trattamenti farmacologici che non curavano ma alleviavano, nei momenti di forti crisi, soltanto la sofferenza dei familiari nel vedere che un proprio componente della famiglia era "nel mondo di là", riuscii con tutta una serie di accorgimenti e di acute osservazioni a trovare una soluzione a questa difficile equazione da risolvere che nessuno sapeva risolvere.
NEL 1990 SEMBRAVA CHE, PER MIA SORELLA, LA SPERANZA DI UNA POSSIBILE GUARIGIONE FOSSE ORMAI DIVENTATA SOLO UN UTOPIA, un sogno irrealizzabile, una grande illusione. INFATTI l’unico giudizio, di quasi TUTTI GLI PSICHIATRI CONTATTATI PER TROVARE UN AIUTO, UNA SOLUZIONE, UNA… SPERANZA nella cura della schizofrenia acuta grave, era che non ci fossero più speranze. Nei frequenti colloqui con i medici non c’era più nessun segno positivo che potesse darci quella speranza di vederla almeno migliorare dalle forti crisi che ormai erano diventate quotidiane, la speranza di vedere ritornare mia sorella, quella ragazza normale, spensierata, amante della musica, della vita che fin all’età di 20 anni era stata; restavano solamente, dopo i numerosi atti fisici e violenti (tso) e contro se stessa e gli altri, l’internamento in una casa di cura chiusa. Tutto questo non lo accettavo infatti non mi arresi all’evidenza dei fatti e decisi, malgrado le opposizioni dei miei genitori, ormai rassegnati, e dei medici che dicevano che era tempo perso, di agire. Durante una telefonata con l’unico medico psichiatra che continuava a darmi una speranza (dott. Righetti), mi passò per la mente un pensiero fantastico. Così misi in relazione, come avvenimento significativo che poteva aver dato un grave squilibrio, e che sicuramente era avvenuto a Milena, un fatto che era all’origine antropologica dell’inizio della malattia. I continui ricoveri erano correlati con il suo continuo peggioramento, negli ospedali nulla si faceva per cercare le cause di questa malattia in altre origini che erano al di fuori del classico modello che era adottato nella valutazione dei casi di degeneramento psicofisico. Prima dell’ultima terapia con "l’amico medico" avevo perso quasi totalmente fiducia nella medicina tradizionale il cui approccio era indirizzato tutto verso l’assalto farmacologico continuo come cura alla persona affetta da schizofrenia gravissima acuta, quasi totalmente ingiustificato verso questo tipo di malattia: un approccio completamente avulso, senza tener conto della storia personale del soggetto che viveva questo tipo di disagio psico-fisico.
Riguardo la cura della schizofrenia la medicina ufficiale aveva lasciato alquanto a desiderare, inoltre sembrava che la speranza fosse tutta concentrata esclusivamente, specie per quei casi considerati gravissimi, nell’uso virulento, contro questa malattia, degli psicofarmaci come unica speranza di miglioramento delle condizioni di vita di quei pazienti, che successivamente decisi di prendermi in carico per aiutarli a comprendere se stessi.
Sembrava che fosse una guerra che non potesse finire mai, una lotta fra due coscienze da un lato un nemico in parte ancora sconosciuto, la schizofrenia, dall’altra parte la ragione della medicina psichiatrica basata quasi esclusivamente nell’attaccare questo "potente" nemico nel tentativo acritico di estirparlo dall’anima delle persone prima che infestasse anche chi era ritenuto normale e continuava a strare vicino a questo tipo di persone, soltanto con la farmacologia.
Nella mia vita professionale, dopo aver dovuto rinunciare per molteplici problemi all’idea di laurearmi in medicina, proprio per ricercare le cause e un metodo educativo per aiutare mia sorella, non persi mai l’interesse nella ricerca di una cura basata più sul rapporto umano verso le persone che soffrivano di quelle malattie psicosomatiche che stavano, specialmente negli anni 90, dilagando come una goccia d’olio che cade sull'acqua, rifiutando una totale fiducia negli psicofarmaci. Una delle mie prime riflessione fu chiedermi il perché di questa malattia così subdola e imprevedibile che arriva sulle persone senza distinzioni di classe sociale. Non accettavo il comune intendimento che tutto era legato in parte alla condizione psicologica della famiglia, che addossava il loro disagio psico-fisico verso il soggetto più debole della famiglia per tenere unita una famiglia (Teoria della psicologia); non accettavo che questo tipo di malattia potesse concretizzarsi su un soggetto, che immerso in una società culturalmente ed economicamente avanzata e trovandosi economicamente disagiato si rifugiava nell’isolamento portandolo pian piano verso la nevrosi successivamente verso la depressione e in fine alla schizofrenia (teoria della sociologia); non accettavo neanche la teoria (biomedica) che affermava che questo tipo di malattia potesse essere racchiusa nel DNA di un soggetto che nello storico familiare avesse avuto un parente malato di schizofrenia;non accettavo che come unica strada di guarigione si dovesse sperare totalmente sull’uso degli psicofarmaci: la vera verità era ben lontana da queste teorie!
Oggi ci sono svariate ipotesi circa l’insorgere della schizofrenia: ipotesi che nascono dalla rivalutazione di questo disturbo così subdolo che può nascere in qualsiasi fascia sociale senza escludere nessuno.
Gli elementi principali alla diagnosi della schizofrenia sono la presenza di sintomi specifici quali: alterazioni ecolaliali, disturbo del pensiero, deliri, afasia, apatia, abulia, senzazione della perdita dell’affettività, l’attenzione diffusa, cioè l’impossibilità di selezionare le informazioni ambientali. Le allucinazioni, cioè l’insorgere di immagini mentali che non esistono nella realtà, senza oggetto e stimoli che le giustificano come voci inesistenti che ironizzano sul soggetto. Ci sono forme allucinatorie che sono accompagnate a forme differenziate di delirio quali:
- delirio di riferimento: ovvero chi soffre di schizofrenia crede che qualsiasi cosa avvenga attorno a lui sia in qualche modo collegata alla sua persona.
- delirio di controllo: il credere di essere controllato attraverso forze esterne, spiriti, esseri extraterrestri, onde radio, elettricità, esseri invisibili.
- delirio di persecuzione: la convinzione che alcune persone, gruppi, enti, stato, cerchi di ridurre il soggetto in rovina o che tenti di eliminarlo anche se questi hanno un rapporto amichevole e amorevole.
- delirio di grandezza: che induce il soggetto a considerarsi un genio o un talento importante o famoso al pari di…
Nella schizofrenia ci sono i disturbi del linguaggio i quali impediscono al soggetto di partecipare attivamente a una conversazione, quali:
- disturbi dell’affettività: i soggetti vivono una sensazione di ambivalenza fra amore e odio di interesse e affettività.
- disturbi della sfera motoria: alcuni soggetti vivono in una condizione di disorganizzazione, assumono posture particolari strane e manifestano una certa rigidità catatonica, cioè resistono a chi tenta di smuoverli dalla loro posizione o come l’ecoprassia che consiste nella ripetizione di azioni che hanno visto fare su altre persone.
- disturbi della socialità: tendenza del paziente a chiudersi e a limitare i contatti con la società.
La schizofrenia è catalogata sotto il quadro clinico in quattro forme:
- la forma simplex: il comportamento è strano bizzarro e non sono presenti deliri e allucinazioni, ma il soggetto sotto il profilo affettivo e cognitivo non reagisce ai diversi ambiti di vita sociale e i suoi pensieri sono dissociati dalla realtà.
- la forma paranoidea: caratterizzata da deliri e allucinazioni e spesso è frequente la sensazione di dover fuggire o impulsi omicidi
- la forma ebefrenia: si caratterizza per la presenza di discordanze affettive di bizzarrie, deliri di grandezza, idee ipocondriache, e manie di persecuzioni presenta una alterazione del linguaggio e delle capacità cognitive.
- la forma catatonica: presenta uno stato di immobilità catalessia, a volte completa che si manifesta specie dopo un periodo di ansia e di eccitazione, il soggetto diventa dopo questo periodo inattivo e questa inattività lo può portare a non essere più in grado di muoversi portando il soggetto a una cronicizzazione acuta.
Benché da sempre noti questi tipi di alterazioni fino a poco tempo fa era stata data poca importanza ai deficit delle capacità cognitive, cioè la difficoltà di concentrazione, di attenzione, di ragionamento. I soggetti che hanno questo genere di sintomi hanno delle alterazioni gravi del ragionamento e un pessimo rapporto con gli altri e con la società in cui vivono.
Oggi questo tipo di considerazione è stata presa ampliamente in considerazione perché si è visto che lo studio delle disfunzioni delle capacità cognitive hanno dato un valido aiuto nel capire le cause della schizofrenia. Tutti oggi sanno che per questo tipo di disturbo implica una sostanza che è la dopamina, un neurotrasmettitore.
Molti pensano che ci sia una origine esogena o genetica del sistema nervoso a livello dell’ipocampo alle cause dell’insorgere della schizofrenia, ma non è sempre così.
Se farmaci come l’aripripazolo (Abilify) e l’amilsupiride (Sovian) sono stati molto utili per riannodare con quei pazienti molto gravi una comunicazione non si può contare che questi farmaci siano sufficienti a eliminare il problema, ci vuole tutto il resto, un "contorno", dunque ecco che entrano in gioco le tecniche riabilitative come la trenoterapia.

continua

- VETRINA LETTERARIA -

 
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