L’anno scolastico volgeva quasi al termine, frequentavo
l’istituto Tecnico Nautico della mia città, Cagliari.
Tutto è cominciato nel Luglio 1991, alle ore 12.50 circa…
Lei sarebbe stata il regalo del mio diploma. Sapevo benissimo
sin dall’inizio dell’anno scolastico, l’ultimo appunto, che avrei voluto… un
cane. Un cane di razza Dalmata. Era il mio sogno fin da quando ero piccola,
all’età di tre anni la famosa “Carica dei 101” mi aveva fatto innamorare di
questa magnifica razza e dissi a me stessa: “Io avrò un dalmata”… e così dopo 15
lunghi anni il mio sogno di bambina si sarebbe esaudito.
La mattina del 19 luglio, quando seppi di essere stata promossa, mia madre mi
chiese cosa avrei voluto come regalo di diploma; e io (che ormai avevo già preso
contatto, tramite un giornale locale, con la famiglia che vendeva i cuccioli) le
chiesi 300 mila Lire perché mi dovevo comprare il CANE!!! Mia madre cercò di
farmi cambiare idea elencandomi chiaramente tutta una serie di regali molto più
adatti all’occasione, ma non ci fu nulla che mi fece cambiare idea, e quindi
diedi conferma agli allevatori che avrei preso il cane. Anzi volevo proprio una
cucciola, l’unica femminuccia rimasta. E così dopo mille implorazioni da parte
mia, visto che veniva da un paesino di provincia e mia madre non voleva
affrontare il viaggio, i signori accettarono di portarmela, fino a casa,
descrivendomi l’auto con la quale sarebbero arrivati.
L’incontro fu fissato ad un distributore di benzina fuori città.
Aspettammo per più di un’ora, cercando di vedere da lontano la Lancia Prisma di
colore marrone, che avrebbe dovuto far freccia per girare verso di noi. Mia
madre voleva andare via già dopo i primi 10 minuti di ritardo, forse nella
speranza che non si concludesse l’acquisto, ma io le dissi che lei poteva
tranquillamente andar via, io avrei aspettato lì anche tutto il giorno se fosse
stato necessario. Finalmente il momento arrivò; la Lancia prisma di colore
marrone, rallentò imboccando l’area di servizio del distributore, fermandosi
poco più avanti della nostra auto. Mi accostai subito allo sportello, dal lato
del passeggero, e “lei” era lì… davanti al sedile, dentro una scatola di latte,
tutta intrisa del suo stesso vomito, perché il viaggio le aveva fatto male… e
gli occhi, i suoi occhi, erano pieni di Tristezza!...
È STATO AMORE A PRIMA VISTA..!!!!
Non dimenticherò mai quel momento, è stato uno fra i più
belli della mia vita.!!
Aprii subito lo sportello, e la presi in braccio senza
neanche chiedere il permesso al proprietario, perché ora lei era già mia, era la
“mia sorellina!” Pagai e andammo via… a casa nostra, tutte e tre! Mentre eravamo
in macchina le misi il nome, che comunque sapevo da sempre, lei si sarebbe
chiamata Peggy, Peggy Pili.
Appena arrivata a casa le lavai subito le zampine bianche e il musetto rosa, dal
vomito. Il suo pelo pareva di velluto, sembrava finto, come sembrava finta lei,
era buonissima, triste e malinconica… era bellissima!
Per asciugarla la misi al sole in veranda e lei rimase ferma lì, guardandoci con
gli occhi languidi e neri come due carboncini. Era così piccola che in braccio
stava avvolta in un asciugamanino per ospiti.
Stette ferma per ore, nell’angolino della veranda, accanto alla lavatrice che un
po’ la nascondeva. Cercammo di farla sentire a suo agio in tutti i modi, le
preparammo la sua pappa, crocchette sciolte nel latte, e le tenemmo compagnia
riempiendola di coccole. Per lei fu un susseguirsi di traumi. La lontananza
dalla mamma e dai fratellini, il malessere del viaggio, e il ritrovarsi in un
ambiente sconosciuto...fu proprio un grande stress. Per lei stava cominciando
una nuova vita.
Viviamo in un appartamentino in periferia, non tanto grande, ma sicuramente
pronto ad accogliere un fiorellino a pois…
Il salotto è bello ampio, la cucina abitabile con una grande veranda, le camere
da letto sono due, poi c’è lo studio e due bagni… insomma anche se Peggy non
avesse avuto la possibilità di scorrazzare in lungo e in largo in un giardino,
sarebbe in ogni caso stata comoda!
Dovevamo in ogni modo mettere in conto diversi punti molto importanti che avremo
dovuto rispettare per molti molti anni, uno di questi era… la passeggiata
quotidiana almeno tre volte al giorno, in qualsiasi condizione meteorologica e
voglia fisica, impegni o non impegni.
La nostra vita avrebbe avuto una vera e propria sterzata … un po’ più
impegnativa, ma sicuramente piena di allegria. Ne avevamo bisogno, era un
periodo difficile, per me e la mamma, eravamo rimaste sole, perché il mio papà
era volato via insieme agli angeli appena un anno prima.
Era la tristezza che riempiva le nostre giornate e anche se mia madre, che
ancora insegnava nelle scuole medie, aveva ripreso a lavorare, non avevamo e non
cercavamo alcun tipo di distrazioni, chiuse nel nostro piccolo mondo, avvolte da
un infinito dolore.
Io e mia madre non avevamo esperienza di cuccioli e prese dall’entusiasmo di far
conoscere la piccola ai parenti, decidemmo per una lunghissima passeggiata al
guinzaglio, che si rivelò presto un vero disastro. Stanca per il troppo
camminare la piccola Peggy cominciò a lamentarsi per la stanchezza… Aveva appena
50 giorni!!
La grande fatica sommata alla sua giovane età, le procurarono una gastroenterite
aggravata anche dal fatto che Peggy non aveva ancora effettuato alcun tipo di
vaccinazione. Il lunedì stava malissimo. La portammo presso l’unico ambulatorio
veterinario che facesse servizio la mattina.
Appena la veterinaria la vide, le praticò subito delle flebo, senza darci
nessuna garanzia di salvezza… Era grave!
L’avevamo solo da quattro giorni, ma per me, l’idea di dover stare senza di lei
mi faceva morire, era insostenibile… Dopo dieci giorni passati in ambulatorio
mattina e sera, Peggy diede il suo primo segnale di ripresa; abbaiò a un pastore
tedesco più grande di lei venti volte; ecco che a quel punto “zia Sandra”, la
veterinaria, disse “Peggy è fuori pericolo, ce l’ha fatta!!”.