INTRODUZIONE DELL’AUTRICE
Un aquilone è magico certo… ma lo è ancor di più chi ne
sorregge il filo.
Chi di noi è disposto a sorreggere questo filo?
Corre un aquilone, che vola libero nel cielo, quando sente il
pianto di un bambino.
Giunge a lui e ne asciuga le lacrime con le sue ali d’aria colorate.
Compie per lui mille evoluzioni, giocando con un arcobaleno, tuffandosi dentro e
fuori le nuvole e finisce per far sorridere quel bambino triste.
Un aquilone è magico certo… ma lo è ancor di più chi ne sorregge il filo.
Chi di noi è disposto a sorreggere questo filo?
Questa è la domanda da porsi, qualche volta, non sempre, ad esempio le mattine
di sole che profumano di vita e si ha voglia di arrivare tardi al lavo-ro, dando
precedenza alla pace che scopriamo guardandoci allo specchio.
La melodia di una rondine ci ricorda che abbiamo un cuore da ascoltare, anche
noi, sempre dediti all’organizzazione minuziosa di ogni secondo della nostra
esistenza, finalizzato a ottenere il massimo profitto dell’io.
Dopo tutto Alessandro Canovi, vice-presidente di Comunità Mamma della Pace, e
io, ci siamo conosciuti così, dentro.
Compagni di banco alle scuole superiori, scrivevamo su un quaderno pezzi e
ritagli di immagini di vita, che ci facevano crescere con una libertà che non
sapevamo di coltivare dentro.
Eppure era lì e la adoperavamo per sentirci, a nostro modo, due aquiloni.
Avevamo entrambi il coraggio di voler azzardare qualcosa di più, oltre a
conseguire il diploma, trovare un buon lavoro, arrivare a fine mese sereni,
nonostante un mutuo, e creare la famiglia dei sogni.
Non avevamo paura di perderci di vista dopo il diploma, sapevamo che lo scrivere
su un quaderno un pensiero come «se fosse accaduto che per un mese non ci
fossimo sentiti… era solo per avere più vita da raccontarci, dopo un mese e un
giorno», aveva il suo valore.
Così in effetti è sempre stato.
Poi un giorno, in uno dei soliti nostri pranzi, con gli occhi pieni di luce,
Alessandro mi disse: «Vado in Africa, in Congo… Comunità Mamma della Pace sta
realizzando un progetto umanitario per i bambini che, laggiù, vivono in
difficoltà estreme, ne voglio far parte… guarda…».
E mi mostrò un giornalino di Comunità Mamma della Pace che descriveva questo
progetto.
«Non vedo l’ora di tornare per raccontarti tutto e mostrarti le foto» continuò
Alessandro entusiasta.
Lì per lì non ebbi molte parole, mi limitai a congratularmi con lui e poco
altro.
Quando tornai a casa, lessi tutto il giornale, guardai anche il sito internet di
Comunità Mamma della Pace, conoscendo la storia della nascita di questa speciale
associazione, grazie all’animo immenso del suo fondatore Sig. Aniceto Battani,
che compì un viaggio in Congo per motivi diversi dalla beneficenza e tornò a
casa con un senso di inquietudine.
Fu la trepidazione dei giorni a venire, in seguito a quel viaggio, che lo spinse
pian piano a cambiare la sua vita per aiutare i bambini che, in quella terra
lontana e difficile, gli avevano spalancato il cuore.
Trepidazione che investì anche il mio cuore, da quando lasciai Alessandro, al
suo viaggio in Congo… trepidazione che aumentava ogni volta che mi soffermavo
sulle foto dei visi di quei bambini neri, con quello sguardo determinato e
innocente che mi colorava la vita.
E mentre lui viveva quel viaggio in terra lontana, io assecondavo la mia
passione per lo scrivere, creando parole e pensieri, tutti ispirati all’Africa e
agli occhi di quei bambini neri, che ogni volta sembravano avere sfumature nuove
e intense.
Al suo ritorno, mi raccontò ogni attimo che quella terra e quei bambini
bisognosi di un grande amore, gli avevano regalato un sapore nuovo che sembrava
averlo cambiato, cresciuto e mi mostrò le fotografie che aveva scattato.
Improvvisamente ci sembrò di essere tornati quei due aquiloni che volavano
liberi in un cielo dal sapore di nuovo.
E per quanto mi riguarda, fu una di quelle rare volte in cui nella vita, ho
sentito il coraggio e la forza di voler sorreggere il filo.
Un aquilone è magico certo… ma lo è ancor di più chi ne sorregge il filo.
Chi di noi è disposto a sorreggere questo filo?
Io, mi dissi.
È così che nasce "Neri... eppure arcobaleni", un libro che parla di vita e che
riporta alla vita.
"Neri… eppure Arcobaleni" è il piccolo aiuto che, insieme ad Andrea, in
occasione del nostro matrimonio, il 23 giugno 2007, abbiamo deciso di donare ai
bambini del Congo, attraverso l’umanità di Comunità Mamma della Pace e di
Aniceto Battani, che ci ha accolti come soci e ci ha subito fatto sentire parte
di qualcosa di grande, col nostro piccolo noi.
Così il ricavato della vendita del libro, andrà a favore dei progetti benefici
di Comunità Mamma della Pace.
"Neri… eppure Arcobaleni" è la raccolta di appunti di vita e di un viaggio tra i
bambini e i grandi del Congo, innocenti reduci da anni di una guerra
sanguinaria, è la storia delle loro difficoltà, della loro infanzia negata, ma
anche la grande straordinaria capacità di sorridere e gioire di nulla.
Un mondo che corre su uno sfondo di gradazioni grigie, in cui i bambini, per
quanto neri di pelle, sembrano trasmettere arcobaleni di colori.
E grigia e difficile è la vita di Sara, la ragazza che affronta questo viaggio.
Sarà l’Africa con la sua forza e saranno i suoi bambini con le loro emozioni e
le loro gioie di nulla, a confinare i dolori di Sara, trasmettendole la voglia
di volare come un aquilone e la forza di sorreggerne il filo.
Elisa Ferrari
NERI... EPPURE ARCOBALENI
«Mamma!.. Favola… Sole… Luna!», farfugliò quelle poche parole
che sapeva pronunciare nell’incertezza dei suoi appena due anni e mezzo e la
certezza che avrei capito il suo desiderio di quella sera magica.
È stupenda... quei riccioli neri che le cadono sul visino paffuto e quegli occhi
neri che leggo certamente meglio di ogni libro che scrivo, rinnovano ogni
giorno, la mia vita di gioia e sogni da adescare e rincorrere con una forza tale
da stupirmi continuamente.
Credo che una donna raggiunga l’apice dell’esistenza, quando la propria bambina
affonda il viso sul petto della madre, chiedendole una favola.
O perlomeno questo è quanto accade a me.
«Non è una favola... – le mormoro solleticandole il pancino, senza desiderare
altro nella vita che non riguardi lei e la sua gioia –. Dimentichi che la luna e
il sole davvero vivono in cielo e per qualche motivo devono essere finiti
lassù», le ricordai.
Verrà anche per te il dolore, piccola, tenera anima priva di spigoli, perderai
per strada molta della tua innocenza.
Ti sembrerà di vivere una nuova vita.
Verranno le gioie, diverso sarà il loro sapore.
Verranno le cadute, rincorrendo favole improvvisamente lontane, in un mondo
facilmente irriconoscibile, mascherato di un falso vero.
Rimarranno le cicatrici e riecheggerà il male, ogni volta, davanti ad uno
specchio.
Ti sentirai sola, sbagliata, morta dentro…
E non sai quanto vorrei essere un aquilone e sentire in quei momenti il tuo
pianto, per correre da te e avvolgerti con i miei colori e le mie evoluzioni,
facendoti sorridere.
Se nella tempesta una brezza di vento ti farà scivolare su un raggio di sole,
risollevandoti dal dolore, non avrò sbagliato in tutto.
Prima di avere te, mille volte ho desiderato tornare bambina, ai miei tre anni,
dolci e innocenti come i tuoi.
Ho desiderato vivere giorni semplici e puliti in cui l’unico dubbio fosse cosa
disegnare con i colori su un foglio bianco.
Ho desiderato vivere in un mondo in cui tutte le persone sono buone, sincere e
oneste.
Ho desiderato vivere la prima volta in cui s’imparano cose nuove, come leggere e
scrivere.
Ho desiderato vivere pensando che mentre ero felice, tutti lo erano insieme a
me, nel mondo.
Ho desiderato vivere il tempo in cui, mentre ci si arrampica sugli alberi, non
si pensa ad altro che alla gioia di poter vedere il mondo dall’alto, senza
preoccuparsi del fragile stipendio che a fine mese è sempre stretto.
Ho desiderato vivere il tempo pensando a quello che avrei fatto da grande, senza
dovermi preoccupare del lavoro instabile che domani potrò perdere.
Ho desiderato vivere il tempo in cui speravo ardentemente avere un animale con
cui parlare dei miei sogni, senza preoccuparmi dei pensieri delle persone,
spesso cattive e superficiali, e raccontare una propria intimità che alle volte
si ha bisogno di lasciar fluire fuori.
Ho desiderato vivere i miei tre anni, per sognare profondamente di diventare
grande.
Sono le sensazioni bizzarre della vita; quando si è piccoli chiediamo a una
stella che ci faccia diventare grandi in fretta, affinché possiamo vivere e
capire cose grandi e quando siamo grandi ignorando la presenza palese delle
stelle, vorremmo tornare bambini, stando molto attenti al fatto che nessuno se
ne accorga, per vivere e capire le cose veramente grandi.
E poi tu, mio piccolo tesoro.
La prima volta che ti vidi nella mia vita, fu la prima volta che mi accorsi di
essere vita.
Quella che tutti chiamavano vita, le volte in cui avevo sentito il coraggio di
guardarmi allo specchio, mi era sembrata molto più superficialità e ipocrisia,
che lealtà e purezza, fino a quel momento.
Ho sentito il dolore e il male nel cuore così frequentemente nella mia
esistenza, da non distinguerne più i confini con la normalità, ma l’indole
fondamentalmente orgogliosa del mio carattere, nascondeva le mie reazioni dietro
muri di paura, che si ergevano davanti al mio essere maledettamente fragile.
Eppure quel momento fu unico. Ne è perfetta testimonianza, il coraggio che trovo
nel catturarlo su un foglio bianco in questo stesso istante, col cuore in mano,
per te.
Fu l’attimo più sincero e vero mai vissuto prima, quello in cui ti strinsi a me
la prima volta…
La sensazione immediata che sentii a livello del cuore, fu il disperato bisogno
di proteggerti dalle insidie della vita a qualsiasi costo, anche a quello della
mia stessa vita e la priorità di restringere ogni mia ambizione, ogni mio sogno,
a favore di tutto ciò che avrebbe reso la tua vita degna e stupendamente felice.
Sentii l’immensa gioia di svuotare la mia esistenza, fondersi col desiderio
irrefrenabile di riempire la tua… sentii che dal momento perfetto di quei
giovani anni, qualsiasi cosa avessi realizzato nella mia vita, sarebbe stato
solo e unicamente per te.
Non esiste al mondo niente di più vero e gratificante che fare qualcosa per il
prossimo… ma tu non sei solo il prossimo… sei la mia bambina e in quell’attimo
realizzai nel cuore che ti avrei preparato una vita sincera, degna di accogliere
il tuo arrivo in essa, in mezzo a così tanta ipocrisia e falsità.
Il solo pensiero che un giorno saresti andata fiera della tua mamma, mi donò in
quel momento, senza che me ne accorgessi, la forza di affrontare qualsiasi cosa
mi fosse accaduta.
E tuttora sento questa sensazione, ogni volta che ti guardo, e so che sarà
sempre così, la testimonianza stupenda, colma di un significato, che solo chi fa
crescere una vita dentro sé, può capire, di amore unico e particolare tra la
madre e il figlio.
Non ho mai più desiderato tornare ai miei tre anni da quando ci sei tu.
«Mamma!» mi toccò, vedendomi assorta.
«Dai sdraiati, chiudi gli occhi e sogna tesoro – le dissi rimboccandole le
coperte –. E quando aprirai gli occhi domattina… continua a sognare».