Nome e Cognome

Saggio
di Antonia Izzi Rufo
Pagine: 33
Prezzo: 6 euro


 


 

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PROFILO DELL'AUTRICE

ANTONIA IZZI RUFO, è nata a Scapoli (IS) e risiede a Castelnuovo al Volturno, frazione di Rocchetta al Volturno (IS). Narratrice poetessa saggista, è un'insegnante in pensione laureata in Pedagogia con diplomi di specializzazione didattica «Per la Conoscenza dell'Africa» e «L'Emigrazione nei Paesi Tropicali» (Napoli, anno accademico 1969-1970). Oltre quaranta le opere finora pubblicate (poesia, narrativa saggistica ed altro). Collabora a riviste letterarie. Suoi racconti e sue poesie sono stati inseriti in moltissime antologie. Numerosi i riconoscimenti letterari ottenuti. Noti critici e personalità della cultura nazionale e internazionale hanno scritto di lei. Il suo nome è presente nell'«Atlante Letterario Italiano» (www.literary.it), nell'«Enciclopedia degli Autori Italiani» (A.L.I. Penna d'Autore) e in molti siti internet dai quali si possono acquistare anche i suoi libri. Mario Di Nezza l'ha definita «La Poetessa pentra», Aldo Cervo «La Ninfa delle Mainarde», Luciano Nanni «La Saffo italiana», Giuliana Matthieu «La Poetessa del sentimento», Enrico Marco Cipollini «Una scrittrice briosa ed effervescente», Ernesto Magnifico «Una Signora attaccata alla natura... una rosa, consigliera di tanti "Colori dell'anima"».

 

DE PROFUNDIS
Ciò che emerge

Uno scrittore brillante, noto ed affermato, laureatosi ad Oxford a pieni voti, ed un giovane lord, dedito ai piaceri mondani, s’incontrano, nel 1891: Oscar Wilde e Alfred Douglas, studente di Oxford, figlio del marchese Queensbury. Essi differiscono per età, cultura, profondità di sentimenti. Inizia tra i due una "deplorevole" (così la definisce l’autore) relazione, fatale per il letterato. Superficiale e privo d’immaginazione (tale il giudizio di Wilde), Alfred conduce una vita tra fasti e bagordi e sperpera denaro senza limiti né moderazione, a spese dell’amico, generoso e tollerante. Infine lo scrittore viene coinvolto in una faida familiare, in liti ricorrenti tra Douglas padre e Douglas figlio, viene accusato di sodomia e, dopo vari processi, condannato a due anni di lavori forzati, alla bancarotta e all’interdizione delle sue opere (26 maggio 1895). Tre i processi che deve affrontare tra l’aprile e il novembre del 1895. È recluso nel carcere di Wandswort ma, per le cattive condizioni di salute, viene trasferito, il 13 novembre, nella prigione di Reading, meno infame, dove trascorrerà un anno e mezzo. È qui che scrive una lunga lettera (cinquantamila parole, la più lunga che sia stata mai stilata, su venti fogli di carta rigata azzurra), un memoriale in cui espone all’amico, che ne è stato la causa, la rovina della sua esistenza. Il titolo con cui ci è nota, "De profundis", fu scelto da Robert Ross per darla parzialmente alle stampe nel 1905 ed è lo stesso utilizzato nel 1962 per la pubblicazione dell’edizione integrale, dopo la scomparsa di tutti i protagonisti. Wilde scelse invece un titolo latino, Epistola in Carcere et Vinculis, "che invita a soffermarsi, più che sulla possibilità di rielaborare l’esperienza del dolore, su quanto può accadere a un uomo in uno stato di reclusione totale" (Nicoletta della Casa Porta). La lettera inizia con "Dear Bosie", Caro Bosie, il vezzeggiativo con cui Wilde amava chiamare l’amico. Non c’è volgarità nel contenuto; lo scrittore si rivela educato, discreto, un perfetto gentiluomo. Siamo entrati nel terzo millennio. Molte cose sono cambiate, si sono fatti grossi passi in avanti, verso il progresso tecnico, verso l’evoluzione dei costumi, la mentalità della gente. Comportamenti che prima si rigettavano, oggi si accettano; c’è più disponibilità alla comprensione e alla tolleranza; molti tabù sono stati superati; l’omosessualità non produce più troppo scalpore, non desta più eccessiva meraviglia, non si lascia condizionare del tutto dai pregiudizi; in alcuni stati all’avanguardia è stato riconosciuto il matrimonio tra due persone dello stesso sesso. Allora, alla fine dell’Ottocento, non era così: coloro che violavano le leggi morali venivano additati come perversi non solo, ma considerati indegni di vivere nella società civile, Ma Wilde sembra avere precorso i tempi: si dimostra un essere superiore, non dà rilievo a segreti che riguardano il suo privato, l’intimo della sua vita: fa riferimento (con discrezione) al suo rapporto col giovane Douglas come ad un fatto normalissimo, vi accenna liberamente, con disinvoltura, senza provare imbarazzo né vergogna. Per lui contano i sentimenti, quelli veri, quelli che nascono dal profondo dell’animo, limpidi, senza macchie, e che appagano in modo completo, indipendentemente dal fatto che chi li ispira non sempre li merita. Una lettera "pulita", pertanto, anche se intrisa di tristezza, risentimento nei confronti di chi è stato la causa della rovina dell’autore, preso come esca, di chi avrebbe potuto e dovuto fare qualcosa per evitare l’ingiusta caduta "nel fango" e non l’ha fatto. Uno sfogo reiterato quello di Wilde, un lamentarsi con dolore ma con calma e razionalità, senza lasciarsi prendere da sentimenti di vendetta o dominare da impulsi d’ira, senza lanciare volgari imprecazioni. In uno stile impeccabile, in un linguaggio chiaro, eloquente, espresso con semplicità e proprietà sintattica e grammaticale, egli si confessa, scrive tutto quanto lo tormenta dentro, racconta i fatti così come si sono svolti, senza alterare la verità. Così Nicoletta della Casa Porta nella presentazione al testo: «Sebbene Wilde si dilunghi sulle asperità della vita in carcere, non è da queste che veniamo turbati… ma dagli sfondi che precedettero lo squallore della detenzione, fatti di prati all’inglese, camere da letto forse non sempre segrete. Lo sfondo del carcere, perfettamente reso nella sua raccapricciante cupezza, non è il vero scenario della disfatta dello scrittore, perché essa si era già consumata prima della reclusione». La lettera permette al detenuto, mentre egli scrive, di distrarsi, di rimuovere la sofferenza, evadere dalla prigione con l’immaginazione e ripercorrere le esperienze del suo recente passato, la gloriosa ascesa e affermazione nel mondo letterario (il suo periodo d’oro), riassaporare il successo delle sue conversazioni mentre era a tavola con gli amici, del suo "humour", di rivivere il tempo dell’intimità – ma anche dei dissapori – passato con Bosie… Una lettera lunga e complessa che conviene scomporre e analizzare per argomenti, per tematiche, per poterla interpretare meglio e commentare, per poter fissare l’attenzione sui personaggi protagonisti, primo fra tutti colui cui la missiva è indirizzata. Cominciamo con Bosie, scopriamo le circostanze nelle quali i due si conobbero. Così Wilde: «La nostra relazione ha effettivamente inizio quando tu mi preghi, con una lettera patetica e incantatrice, di venirti in aiuto in una situazione paurosa per chiunque, ma doppiamente per uno studente di Oxford: lo faccio, e come risultato finale, poiché tu ti servi del mio nome come di quello di un amico presso Sir George Lewis, comincio a perdere la sua stima e amicizia, un’amicizia che durava ormai da quindici anni. Quando fui privato del suo consiglio, del suo aiuto, della sua considerazione, fui privato dell’unica salvaguardia della mia esistenza». La "situazione paurosa", il fattaccio, riguardava una relazione "anomala" di Bosie con uno studente di Oxford, qualcosa di molto grave. Douglas era ricattato a causa di uno scandalo a sfondo omosessuale, di cui era stato protagonista al "Magdalen College" di Oxford. Era ricorso a Wilde il quale lo aiutò a mettere a tacere tutto con l’esborso di cento sterline. E qui cominciarono i guai. Da quel momento prende avvio la rovina dello scrittore. Bosie è dotato di fascino, anche di sensibilità artistica, ma è un viziato, un corrotto, un soggetto dal quale fuggire; Wilde tenta di farlo ma senza riuscirvi, perché tutti i suoi tentativi per liberarsene sono blandi, rimangono nell’ambito delle intenzioni. E diventa così schiavo dei capricci del giovane; lo asseconda in tutto, gli dedica tutto il suo tempo… Dalla colazione del mattino allo spuntino di mezzanotte è sempre in sua compagnia, per pagare non solo per lui ma, spesso, anche per i suoi amici. "Stare con me significava il lusso, un elevato stile di vita, piaceri senza limiti, denaro a fiumi… Accanto a me, e insieme con le mie attrattive intellettuali, c’erano le vacche grasse d’Egitto…" "A pochi uomini sono stati tributati riconoscimenti nella cultura e nell’arte mentre erano in vita, a me sì"… Estetismo? Edonismo? Moderati, ma emergono, mettono in evidenza il vivere per il bello, il piacere (I principi dell’Estetismo sono espressi molto bene in "Il ritratto di Dorian Gray": il concetto edonistico si rifà all’età rinascimentale, in particolare a Walter Panter, e alla letteratura latina, da Orazio a Catullo; l’invito a godere della giovinezza che fugge si ritrova nei versi famosi di Lorenzo il Magnifico "Quant’è bella giovinezza"): "Tra la mia arte e il mondo c’è un grande abisso, ma tra l’arte e me questo non avviene"; "Io, uomo famoso in tutto il mondo, ero costretto a fuggire dall’Inghilterra nel tentativo di liberarmi di un’amicizia che distruggeva interamente qualsiasi cosa bella fosse in me, sia dal punto di vista intellettuale che da quello etico". Come lo ripaga Bosie? Con l’indifferenza, l’irriconoscenza. Nemmeno quando è malato egli lo va a trovare. Si fa vivo solo quando ha bisogno di soldi.

continua

- VETRINA LETTERARIA -

 
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