Fiaba illustrata a colori
di Simona Omegna
Pagine: 32
Prezzo: 3,00 euro
ISBN 978-88-6170-061-1
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L'Omino della Noce
Questa è la storia dell’Omino della noce che, ogni volta che
da piccola mi sentivo impaurita, vuoi dal temporale o da qualcosa (non si sa mai
cosa, da bambini tutto è motivo di paura); il mio Papà mi raccontava con vocina
tenera ed affettuosa, tranquillizzandomi e facendomi sentire forte.
Vorrei così raccontarla a voi bimbi, nella speranza che serva a voi come è
servita a me quando ne avevo più bisogno. Il mio Papà si sedeva accanto a me e a
mia sorella e cominciava così con il tipico inizio.
C’era una volta in un paesino lontano, pieno di sole e di tutto ciò che può
offrire la natura, un buffo ma tenero omino, chiamato Omino perché era piccolo
ma così piccino che la sua casa era un povero guscio di noce: conoscete tutti la
noce? È il frutto secco dato dall’albero della noce, di cui spesso sotto le
feste natalizie ci nutriamo banchettando in compagnia.
Beh, lui viveva all’interno di quel guscio, si riparava dal torrido sole, dalle
piogge più impetuose e dai venti scocciatori.
Quella era la sua dimora tutto l’anno.
La statura era quella di uno gnomo, o meglio di un folletto del bosco, le sue
guance rosse e paffute, i capelli nascosti sotto il berretto (uno di quei
berretti a punta con il pon pon finale), i suoi occhi poi, tenerissimi, vivaci e
furbi, ma a volte anche un po’ tristi, forse ultimamente un po’ troppo spesso,
tristi.
Viveva da solo, non aveva famiglia, era solo al mondo e nessuno intorno a sé,
viveva come su un’isola deserta.
Il guscio in cui lui si proteggeva aveva sopportato piogge, sole e il
venticello, che soffiava qua e là di tanto in tanto; ma vere e proprie
intemperie, quelle non le aveva mai subite.
Quindi, la noce era un riparo giusto ma non del tutto robusto e l’Omino ne era
al corrente, ma a lui non interessava, perché non era un problema che lo toccava
e pensava che la fortuna fosse dalla sua parte, e che ciò che voleva gli sarebbe
accaduto favorito dal cielo. Non amava molto la natura, per come l’aveva creato
e di conseguenza, non la rispettava.
Sotto alcuni aspetti, era giusto vivere come viveva lui, ma in una cosa non sono
d’accordo; non rispettava nulla che non fosse se stesso. Fino a quando...
... una notte piovve parecchio e lui si rannicchiò nel guscio, con una foglia di
fico sulla testa. Per tutta la notte ci fu un violento temporale, ma non diverso
dal solito. Al mattino tutto era finito, i raggi del sole filtravano attraverso
le venature della foglia accecando le buffe palpebre dell’Omino, che
sbadigliando si svegliò e con le manine intorpidite, scansò la foglia di fico,
da sopra il capo, e quale fu il suo stupore nel trovarsi in un posto tutto
nuovo, circondato da alberi immensi dai frutti rigogliosi, da felci grasse e da
fiori colorati e profumati.
Tutto era più grande e più colorato di prima, ma la cosa più strana fu
l’accorgersi, che in quel paradiso non era da solo, ma tutto intorno a sé
vivevano milioni e milioni di creature: formiche, coccinelle, maggiolini, cicale
dal canto allegro e ogni sorta di insetto, ed ognuno di loro era indaffarato e
laborioso. L’Omino scese dalla noce, si tolse il berretto (grattandosi il tenero
testolino) quasi strabiliato, da ciò che gli appariva d’innanzi.
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