PROFILO DELL'AUTORE
ANTONIO GRECO è nato a Bagnolo del Salento (LE) il 09-11-1929. |
Un angelo volò via Il tuo volto era triste, quella sera, ma tu eri bellissima: avevi una camicetta a fiori, un foulard di seta intorno al collo, ed un leggero, morbido trucco. Come un angelo, mi eri apparsa, in un vaporoso velo di profumata freschezza. Una pallida luna faceva da cornice ai nostri intimi pensieri, con le stelle riflesse nei tuoi profondi occhi, mentre i grilli intonavano il loro concertino. Ma eri solo tu, nel tuo magico e genuino splendore, ad illuminare la nostra intima serata, Ma tu, quella sera, non parlasti, tenendo lontano da me i tuoi reconditi segreti. Eppure tu fosti capace di rapire la mia anima: un abbraccio, una stretta. un bacio. Anche tu, al pari di me, quella sera fosti presa da grande emozione: potevo sentire i palpiti del tuo cuore e vedere il tuo petto gonfiarsi ed ansimare. Se a significar l’amore grand’è l’emozione, noi, quella sera, pazzi fummo d’amore. Ma, poscia che i nostri sentimenti si furono intrecciati confondendosi, d’improvviso tu mi lasciasti e fuggisti via, scomparendo dalla mia vita per sempre. Svanir nel nulla. perché? Tal come apparve, similmente l’angelo volò via! Ma tu, quella sera, lasciasti in me, qualcosa di indefinibile ma immenso, e tal che nella mia pur labile memoria, esso vita imperitura avrà.
Scienza e natura Saggia ognor fu essa, prodiga natura, creata da Colui che ebbe bontà infinita, ed in tal perfetto ecosistema che sol Lui poté per nostra vita. Creata e poscia all’uomo fu donata, dall’Onnipotente per amor Divino, ma essa dall’uomo per nulla fu amata, e neppur le leggi sue ed il suo inquilino. Padron in assoluto egli volle diventare di tutta la natura e di chi la stava ad abitare, che a capir non poté la mente sua che a goder d’una tal grandiosità essa bisognava saper amare. Ma che a voler concepir un “antropo” con tal diavolerie, ragion non v’era alcuna, ma che a rischiar però di partorir un antropomorfo, qui ragion invero c’era, e più d’una. D’immagine certo non mancavan, tali uomini di scienza e dotti, eppur a reclamizzar essi stavan, diabolici meccanismi e lor “macabri prodotti”. Che la ragione torni ancor ad albergar nella loro confusa mente, che se amor loro fu la scienza, a crear tali mostruosi esseri, ci volea però coscienza. Lungi dalla umana mente, l’idea di forzar ciò che fu natura, che dono fu essa per l’umana gente di Colui che a voler mutar tutto di certo non avea paura.
Solitudine Triste e solo sul mio divano lascio riposare le mie membra, ma non la mia anima tormentata da un cuore in pena. Cerco te, tendo la mia mano per cercare la tua, ma tu non ci sei, non rispondi. Notti in solitudine, notti di incubi, giorni grigi e uggiosi, nel mio angolo vuoto e triste. Speranze che svaniscono, sentimenti calpestati e offesi; anche la luna non brilla più ed ha steso il suo velo triste, e le stelle stanno a guardare, sembra che piangano il mio dolore. Cerco ancora i tuoi capelli d’oro, il tuo respiro, la tua voce come una dolce musica di un organo che vibra per noi due. Triste e amara solitudine, ombra grigia priva d’amore; chissà se vedrò ancora la luna nel suo argenteo splendore, e le scintillanti stelle brillare nel cielo come diamanti. Io tendo ancora la mia mano, tu tendimi la tua, ti prego, non lasciar morire questo cuore. Morte di una farfalla Era bellissima, sfavillante; aveva i colori dell’arcobaleno. Volevo fermare quella farfalla, sembrava essere esemplare unico; mi fermai ed essa si fermò, aleggiava per non precipitare. Tentò di posarsi sulla mia mano, mentre cominciava, pian piano, ad assumere sembianze umane. Vidi io allor, meravigliosa fanciulla, morbida, vellutata, avvolta in un leggero velo bianco, il suo profumo m’inebriava, mi stordiva. Mossi lentamente alcuni passi verso di lei, ma ella indietreggiava, leggera, soffice, come a librarsi nell’aria. La inseguì, stavo per raggiungerla, lei mi sorrise ed il mio petto già ansimava. D’un tratto, radiosa mi si fermò davanti, le presi le mani, gliele strinsi forte, ma un suo straziante grido di dolore mi fece rabbrividire: “Uomo, che hai fatto? Mi hai uccisa!” La guardai sgomento. povera farfalla, essa giaceva, orror per i miei occhi, tra le mie mani, morta stritolata. Inorridito balzai sul letto gridando: “Nooo, non volevo farti male!” Indi mi guardai attorno, le mie mani stringevano ancora un cuscino!