INTRODUZIONE
Si riconosce nella poesia di Amalia Guglielminetti un merito assai grande e
altamente lodevole, che è quello di ritrarsi intera nei suoi versi, proprio
perché la sua passione fu vera, indomabile, perenne; le sue rime sono
un’autentica rivelazione dell’anima sua.
Una scelta di testi selezionati per osservare come sappia parlare una donna che
ama veramente, assegnandoli tra i versi più belli ed appassionati che abbia la
lirica italiana.
Non c’è eleganza ma schiettezza, non imitazione ma poesia spontanea,
femminile, affettuosissima, c’è il mesto canto di un usignolo.
Chi ha saputo esplorare, nelle insondate miniere dell’anima, le potenze e le
risorse della poesia, scopre innumerevoli orme di grazie soprannaturali. Chi
tesoreggia e zela questi doni gusta la propria personalità e proporziona a tali
sublimità la profondità del suo amore.
La sua poesia delicata, incantevole, raffinata, vera ed immediata, universale ed
introversa, coltissima, versatile ad ogni stile e ad ogni problematica
esistenziale, illumina con grazia i piccoli grandi momenti della nostra vita e
ci avvicina al centro del cuore.
E insieme al suo ricordo, che incanta ed appassiona, davanti ai nostri occhi,
scorre tutta un’epoca…
E chi potrebbe negarle la corona melica tra i rimatori del Novecento?
Grazia Bianchi |
Una Poetessa
Ella va sola
nei molti canti
amari ed allegri…
Non è Ada Negri
né Annie Vivanti.
Ma quando una carola
d’amore intreccia
ella scivola, sfreccia
rapida e civettuola…
E non va sola!
Pure originalmente
nell’Olimpo s’accampa
per la sua vampa
dolcistruggente…
Non è Gaspara Stampa,
Veronica Gambara,
né la Contessa Lara.
Ella va sola,
certo non vibra
però se il canto libra
fuor dell’umana scorza,
talvolta vola;
prende a cantar con forza
ma poi si smorza,
la cetra sua si scheggia
e il suono ondeggia
tra un bacio ed uno schiaffo.
No, non è Saffo!
Ma aggiungi un’emme
al nome di battesimo
ed ecco l’incantesimo
delle sue gemme,
o moderna Castalda
in diciottesimo:
Guglielminetti? Ammalia!
*
Poetessa autrice eccétera,
son la Guglielminetti
se più ce n’hai, ne metti,
ché mi farà piacer…
Preghiera
Ci guarda, o Dio, dal tuo cielo immenso
Tu che immenso pur sei.
Clemente affisa, o eterno Padre i figli
tuoi, smarriti, non rei.
Padre, Tu sai gli errori, i mali nostri,
il nostro pianto sai.
Tu l’affannoso nostro grido intendi
che non si tace mai.
O Dio, a Te la vita non chiedemmo,
siamo forzati a soffrir,
la tua legge che eterna a noi sovrasta
ci condanna a morir.
Sudditi siamo di un sovrano aspro
che ne strazia: il Dolor.
La bieca Morte il suo suggello nero
c’impresse in mezzo al cor.
Alto Signor, al cenno tuo la terra
si prostra e trema il mar,
fiammeggia il ciel. Sotto il tuo eccelso sguardo
umile il sole appar.
Noi, a la polve del terren confusi,
ribelli a Te sarem?
Noi la voce di atomi orgogliosi
imprecando alzerem?
Padre, perdona. Questo spirito altero
è una stilla di Te.
Ci ferve in cuore una follia sublime,
noi ci sentiamo re.
O Padre, in atto di supplicazione
leviam la fronte al ciel,
pieno lo sguardo de la fiamma Tua
che non teme l’avel.
Signore, a Te la semplice preghiera
salga piena d’ardor,
sì come al sole l’inno della terra.
Tu ci esaudi, Signor.
Fa che la vita non sia tutta vana.
Fa che il radioso april
de l’anima il suo fior doni di luce,
non mai di fango vil.
Fa che c’inondi di dolcezza buona
il raggio del tuo sol
e fecondi il granello di semente
ascoso in seno al suol.
Fa che trionfi la giustizia, il bene,
l’Evangelo di amor
che predicava il giusto Figlio Tuo
con inspirato ardor,
alta la fronte in contro al ciel d’oriente.
Il tuo sguardo immortal
ci trattenga se l’onda de la vita
ciechi ne spinge al mal.
Ci sorridi, o Signor, ne la purezza
del sogno e del desir.
Fa che serena immagine di pace
Vediam Morte venir.
da “Voci di giovinezza”
- VETRINA LETTERARIA -
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