PROFILO DELL'AUTRICE
CAMILLA TARGA nasce a Roma all'inizio del 1978, da un severo professore
amante della natura ed un'indomabile madre pronta a dedicarle la vita. Grazie ad
un'infanzia ricca di stimoli, Camilla sviluppa presto le sue capacità di
apprendimento ed i suoi interessi.
Ancora bambina, si dedica allo studio delle lingue straniere ed al pattinaggio
artistico a rotelle, tuttora sua grande passione sportiva. Da adolescente, si
avvicina al teatro e dalla scrittura, che fanno breccia nella sua vita per non
uscir-ne più. A sedici anni lascia Fiumicino, la sua casa, per volare un anno
negli Stati Uniti, dove consegue il diploma superiore ed inizia l'università. Di
ritorno a casa, dopo la maturità scientifica, si iscrive alla facoltà di Affari
Internazionali alla John Cabot University a Roma, da cui si laurea nel dicembre
1999 magna cum laude.
I suoi ambiziosi progetti di lavoro al servizio della comunità internazionale
vengono tuttavia presto stroncati dalla grave malattia del padre, che lascia per
sempre la sua “perla più preziosa”, come la definiva, nel marzo 2002.
Pochi mesi dopo, Camilla finisce il master in Marketing, Comunicazione e
Pubbliche Relazioni all' Istituto Superiore di Comunicazione a Roma.
Da anni dedita all'insegnamento della lingua inglese, ha collezionato diverse
esperienze nel campo giornalistico cartaceo ed on line e nella comunicazione.
Poco più di un anno fa, insieme a sua madre, Camilla ha realizzato un progetto
che le sta molto a cuore: l'apertura del primo caffè letterario della zona,
luogo di incontro e scambio, arricchito dalla presenza di libri, ma soprattutto
dall'organizzazione di diversi e numerosi eventi, mirati alla diffusione della
cultura nei suoi molteplici aspetti.
Nel 2005, partecipa al concorso letterario nazionale «Scriviamo insieme il CD
dell’Amore» indetto dall'A.L.I. Penna d'Autore di Torino, e la Giuria le assegna
il 1° premio assoluto. |
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Il grande disco giallo
che illuminava l’azzurro
timidamente si tuffa nel mare;
il cielo, padre commosso,
si tinge di porpora scura.
Una lacrima scende sul viso.
Un altro giorno finisce,
e con esso moriranno
gioie, dolori, emozioni.
Un battito di ciglia
e tutto è andato.
Nero intorno,
un manto cupo
ed un alito di tristezza.
Mi perdo nell’immensità,
puntino scuro su uno scoglio nero
incastrato nel buio.
La tristezza del giorno finito
e la paura della notte
si allentano e si disciolgono,
diventando solo
paura e tristezza
per il giorno che deve arrivare.
Immersa nel freddo pungente
di una solitaria notte romana,
sedeva rannicchiata
sopra un gradino di marmo.
Le voci dei passanti,
i rumori dei ristoranti,
il rombo dei motorini di turno,
si riflettevano informi
nello sguardo triste e assente.
Dove vagassero i suoi pensieri,
quella notte,
nessuno potrà mai dirlo.
E quando le gelide gocce
della pioggia invernale
cominciarono a scenderle
tra i lunghi capelli annodati
e sul suo viso cristallino
per confondersi con le calde lacrime
che le solcavano le morbide guance,
la notte capì di aver rapito
la tremolante fanciulla.
Lei chiuse gli occhi,
appoggiò la schiena bagnata
sul legno caldo di un portone,
lasciandosi dolcemente cullare
dal buio e dalle nuvole,
volando sopra le stelle,
seppur sempre lì,
immersa nella solitudine,
sedeva sul freddo gradino di marmo.
Dov’è la metro pigra della domenica mattina
coi sedili scomodi,
Dov’è la pista infuocata dell’Eur,
Dov’è finita la tua bici rossa
che tanto aspettavo di scorgere ogni sera,
Dove sono le nostre borse dei pattini,
sempre più pesanti,
Dove sono le stazioni sporche
in cui ti tenni stretto nel dolore,
Dov’è l’ospedale, l’angoscia, il pianto,
Dov’è l’amore, il mio mondo, la mia vita,
Dove sei?
Perché ti hanno portato via,
così all’improvviso, senza motivo
Perché non posso più vederti, ogni giorno, in pista,
Perché non ti alleni più con me,
e mi sgridi perché non sto dritta,
Perché non hai continuato a vincere le gare,
a salire sul podio con quel tuo sorriso buffo,
Perché l’ospedale ti ha rapito così a lungo,
solo per poi lasciarti morire,
Perché proprio tu, perché così giovane,
Voglio te, la tua pelle scura, la tua voce profonda..
Perché non mi dici dove ti trovo,
Dove sei?
- VETRINA LETTERARIA -
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