Poesie di Camilla Targa
   Pagine: 37 
   Prezzo: 5,00 euro
   E-mail:
percamilla@tin.it

 

PROFILO DELL'AUTRICE

 CAMILLA TARGA nasce a Roma all'inizio del 1978, da un severo professore amante della natura ed un'indomabile madre pronta a dedicarle la vita. Grazie ad un'infanzia ricca di stimoli, Camilla sviluppa presto le sue capacità di apprendimento ed i suoi interessi.
Ancora bambina, si dedica allo studio delle lingue straniere ed al pattinaggio artistico a rotelle, tuttora sua grande passione sportiva. Da adolescente, si avvicina al teatro e dalla scrittura, che fanno breccia nella sua vita per non uscir-ne più. A sedici anni lascia Fiumicino, la sua casa, per volare un anno negli Stati Uniti, dove consegue il diploma superiore ed inizia l'università. Di ritorno a casa, dopo la maturità scientifica, si iscrive alla facoltà di Affari Internazionali alla John Cabot University a Roma, da cui si laurea nel dicembre 1999 magna cum laude.
I suoi ambiziosi progetti di lavoro al servizio della comunità internazionale vengono tuttavia presto stroncati dalla grave malattia del padre, che lascia per sempre la sua “perla più preziosa”, come la definiva, nel marzo 2002.
Pochi mesi dopo, Camilla finisce il master in Marketing, Comunicazione e Pubbliche Relazioni all' Istituto Superiore di Comunicazione a Roma.
Da anni dedita all'insegnamento della lingua inglese, ha collezionato diverse esperienze nel campo giornalistico cartaceo ed on line e nella comunicazione. Poco più di un anno fa, insieme a sua madre, Camilla ha realizzato un progetto che le sta molto a cuore: l'apertura del primo caffè letterario della zona, luogo di incontro e scambio, arricchito dalla presenza di libri, ma soprattutto dall'organizzazione di diversi e numerosi eventi, mirati alla diffusione della cultura nei suoi molteplici aspetti.
Nel 2005, partecipa al concorso letterario nazionale «Scriviamo insieme il CD dell’Amore» indetto dall'A.L.I. Penna d'Autore di Torino, e la Giuria le assegna il 1° premio assoluto.


      Cala la sera
      Il grande disco giallo
      che illuminava l’azzurro
      timidamente si tuffa nel mare;
      il cielo, padre commosso,
      si tinge di porpora scura.
      Una lacrima scende sul viso.
      Un altro giorno finisce,
      e con esso moriranno
      gioie, dolori, emozioni.
      Un battito di ciglia
      e tutto è andato.
      Nero intorno, 
      un  manto cupo
      ed un alito di tristezza.
      Mi perdo nell’immensità,
      puntino scuro su uno scoglio nero
      incastrato nel buio.
      La tristezza del giorno finito
      e la paura della notte
      si allentano e si disciolgono,
      diventando solo
      paura e tristezza 
      per il giorno che deve arrivare.

      Gradino di marmo
      Immersa nel freddo pungente
      di una solitaria notte romana,
      sedeva rannicchiata 
      sopra un gradino di marmo.
      Le voci dei passanti,
      i rumori dei ristoranti,
      il rombo dei motorini di turno,
      si riflettevano informi
      nello sguardo triste e assente.
      
      Dove vagassero i suoi pensieri, 
      quella notte,
      nessuno potrà mai dirlo.
      E quando le gelide gocce
      della pioggia invernale
      cominciarono a scenderle 
      tra i lunghi capelli annodati
      e sul suo viso cristallino
      per confondersi con le calde lacrime
      che le solcavano le morbide guance,
      la notte capì di aver rapito
      la tremolante fanciulla.
      
      Lei chiuse gli occhi,
      appoggiò la schiena bagnata
      sul legno caldo di un portone,
      lasciandosi dolcemente cullare
      dal buio e dalle nuvole,
      volando sopra le stelle,
      seppur sempre lì,
      immersa nella solitudine,
      sedeva sul freddo gradino di marmo.

      Dove
      Dov’è la metro pigra della domenica mattina
      coi sedili scomodi,
      Dov’è la pista infuocata dell’Eur,
      Dov’è finita la tua bici rossa
      che tanto aspettavo di scorgere ogni sera,
      Dove sono le nostre borse dei pattini,
      sempre più pesanti,
      Dove sono le stazioni sporche
      in cui ti tenni stretto nel dolore,
      Dov’è l’ospedale, l’angoscia, il pianto,
      Dov’è l’amore, il mio mondo, la mia vita,
      Dove sei?
      
      Perché ti hanno portato via,
      così all’improvviso, senza motivo
      Perché non posso più vederti, ogni giorno, in pista,
      Perché non ti alleni più con me,
      e mi sgridi perché non sto dritta,
      Perché non hai continuato a vincere le gare,
      a salire sul podio con quel tuo sorriso buffo,
      Perché l’ospedale ti ha rapito così a lungo,
      solo per poi lasciarti morire,
      Perché proprio tu, perché così giovane,
      Voglio te, la tua pelle scura, la tua voce profonda..
      Perché non mi dici dove ti trovo,
      Dove sei?

    - VETRINA LETTERARIA -

     
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