Adombrano il cielo troppe silenti parole.
A furia di scavare tra i ruvidi sassi
s’imbratta la tenera crosta;
è naturale rimanere indietro
ad ascoltare il respiro del dolore,
è innaturale fare coacervo di duro cristallo
e temere che sgorghi in acqua di fresco ruscello.
Sospesa nella spirale del tempo
cerco la dimensione naturale
che dia respiro all’anima
al di là dell’effimero orizzonte.
Come l’eremita cerco la vetta
attraverso il cammino impervio e ignoto,
ma so che il silenzio
è lievito prezioso per il cuore
e l’infinito è giaciglio
di quiete per l’anima.
Vive di sangue e di acqua il corpo
ma senza luce sarebbe un buco di vuoto.
Rimango in ascolto
nell’aria canta l’aurora lontana,
nell’aria risuonano i passi solitari
dei monaci impietriti nei chiostri,
nell’aria si nasconde il mistero
del tempo immutabile.
Cerco di riunire e di portare a compimento
con fatica quello che la vita ha sparpagliato
e mi ha portato via incurante del dolore.
Sono pesanti e stanche queste mani
che fluiscono nel mare dei ricordi lontani.
Sono anni sofferti, battuti dalla grandine e dal vento,
sono anni scanditi con amore sotto il guardingo cielo
ed ecco son fiorite nude le parole
come viole minuscole sotto il sole.
Sono parole che vomito di getto
non senza sentire un buco dentro al petto.
Mi sento lieve, sgombra di pensieri,
come il cielo che si offre agli occhi
questa mattina, cielo che ha lottato con ardore
per cacciare via l’ultima, pesante nube
carica di pioggia.
- VETRINA LETTERARIA -
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