Poesie
di Mariateresa Biasion Martinelli
Pagine: 75
Prezzo: 8,00 euro

ISBN 978-88-6170-004-8


  


 

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PREFAZIONE

Sin dalla lettura della lirica di apertura, «Io sarò», traspare la presa di coscienza, da parte dell’autrice, di essere parte del Tutto, piccola componente di un universo caratterizzato da un ciclo perenne di trasformazione: «Sarò terra nella terra, / radice di acero e pino, / polline di gigli selvatici».
Fortunatamente lontana dalla tentazione di adeguarsi all’imperante concezione antropocentrica, Mariateresa Biasion ci mostra una natura indifferente ai destini umani, come attesta il vento che «Indiscreto / si insinua / tra i miei corti capelli, / come carezze / di amante infedele» per proseguire poi «nel suo eterno cammino» e come si evince da una lirica di grande impatto emotivo quale «Le isole perdute», evocante lo spettro dello Tsunami: «La grande onda / creò / il silenzio. / Nell’infinito / si generò / la morte. / L’acqua, / fonte di vita, / si trasformò in un soffio disperato. / Il grido dei gabbiani / tacque / forse per paura, / forse per rispetto».
Tuttavia, l’uomo continua a confidare nel perdono e nella clemenza da parte di una Natura quotidianamente ferita: «Il canto dei grilli / non tace / e ridona speranza / nel perdono della natura, / offesa / dalla mano indifferente / dell’uomo» («Canto di speranza»).
Un’altra tematica di notevole spessore affrontata dalla poetessa trentina è quella dell’orrore provocato da guerre e violenze nella vita e nel cuore dei più piccoli.
Si sofferma sulla tragedia di Beslan, Mariateresa Biasion, abbandonandosi a una constatazione solo in apparenza banale: «Con il dolore innocente / si nutre la violenza» e con le liriche «Bambino» e «Danza anche tu» canta il dramma dei bambini indiani, palestinesi, brasiliani, dell’est europeo e ancora di quelli somali, di Bosnia, del Ruanda per approdare alla intensa e commovente poesia «Rosa del deserto» nella quale la giovanissima protagonista è vittima al tempo stesso dei pregiudizi e delle violenze del mondo e di quelli della società nella quale vive, legata a tradizioni che sono il «retaggio / di ancestrali barbarie» (chiaro è il riferimento alla infibulazione) e che la costringeranno, poco più che bambina, a sposare un uomo che le viene imposto: «Troppo presto / ti possiede quell’uomo / che non hai scelto. / Troppo presto / nel tuo ventre / germoglia la vita, / che non sai se potrà vivere».
Non manca, infine, la tematica sentimentale rappresentata dal trascinarsi stanco di un amore finito («Una storia»), da fiammate passionali come in «Rinascita», dove «Gocce di passione / hanno risvegliato / pulviscoli di attimi» oppure dall’amore di una madre («Per voi i miei figli») felice del proprio sacrificio: «Ho rallentato / i miei giovani passi / per seguire / il vostro cammino».

Roberto Tassinari


      Io sarò
      Sarò terra nella terra,
      radice di acero e pino,
      polline di gigli selvatici,
      foglia d’alloro e biancospino.
      Avrò la forza
      che trattiene le montagne.
      Germoglierò nella rugiada
      a primavera.
      Volerò nel vento
      dell’estate,
      Mi dipingerò coi colori
      dell’autunno.
      M’immergerò nelle brume
      dell’inverno.
      Avrò petali e corolle,
      gialli come oro,
      bianchi come neve.
      Mi scioglierò
      e
      tornerò
      alla terra
      che m’ha generato.

      La carezza del vento
      Cammino,
      sospinta
      da un vento sottile,
      che fruga curioso,
      fra le fronde
      dei tigli.
      Indiscreto
      si insinua
      tra i miei corti capelli,
      come carezze
      di amante infedele.
      E mi lascia
      furtivo,
      per posarsi
      su chiome
      di altri colori.
      Dispettoso,
      solleva
      mulinelli di foglie,
      eteree falene,
      del color della notte.
      Insistente,
      ritorna
      a cercare il mio viso: 
      non accetta
      rifiuti
      alle sue fugaci carezze.
      Dapprima, gentile,
      si trasforma
      in un turbinio
       di passione.
      Non mi illudo
      che si fermi
      a sfiorar
      
      
      la mia pelle:
      altri volti
      bacerà
      nel suo eterno cammino.

      Noi, alla fine del tunnel
      Noi,
      che del baratro
      abbiamo conosciuto
      il buio
      dell’ultimo gradino.
      Noi,
      che ci siamo sporti
      oltre l’abisso,
      rischiando
      di non conoscere 
      la rinascita.
      Noi,
      angeli senza ali,
      imbrattati dalla polvere 
      del  nulla.
      Noi, 
      che abbiamo trovato
      la forza
      per germogliare ancora.
      Noi,
      scalatori
      a mani nude,
      con le dita lacerate
      da pietre acuminate.
      Noi
      abbiamo ritrovato
      le nostre ali,
      riconquistando
      il nostro presente,
      riaccendendo la fiaccola
      per illuminare
      il nostro futuro.

    - VETRINA LETTERARIA -

     
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