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Ogni giorno ch’ero spaventato
tracannavo tutto
per colmare il vuoto,
per ingoiare rabbia,
per non morir da vivo.
Aspri i sapori
a fondo mai gustati;
al posto della testa un girasole,
ogni scelta sapeva di scommessa,
solo bestemmie a sconosciuto dio.
Ebbro di niente
mai s’alzava un canto,
finché non ne morii
in uno strano istante
di ultima follia.
Ora che il palato sa di miele
gusto a piccoli sorsi il mare,
il vento, l’erba, l’amore.
Bisbiglio un lieve canto
per sorseggiar la vita.
Non voglio serrare gli occhi
per rifiutare il giorno
nella stanza ancora in penombra.
Dopo notte su ventosa terrazza,
impastato d’alcool e gin
mentre il mare frantumava
lo splendore della luna
ho sognato semplici versi.
Là, tra l’agave spinosa
e lo sterrato di campagna,
ho ascoltato tristi voci
dal sapore di tragedia
che non davano parola
all’onda, dolce amante,
per cantare alla sua riva.
Là sul mare tremolante
ho brindato ad ogni cosa
che viveva a me d’intorno:
ad un cane disperato,
alle sagome dormienti
dei guerrieri sulla spiaggia,
alle barche capovolte,
alle reti aggrovigliate.
Poi...
ho spento tutti i fuochi
a difesa del mio “io”,
perché ora i tanti lupi
non più addentano le notti.
Mi venne incontro il dubbio e disse:
“Chi sei tu che sogni
e nei sogni dipani la matassa...?”
“Sono uno di quella specie
che porta il peso di troppe memorie
e nei sogni più lieve è la fatica...”
Continuò l’ambigua voce:
“Come fai a cantare
tu che cantar non sai...?”
“Appartengo alla tribù
che incise ha nel cuore
le stimmate di cari visi
e nel canto più facile è il cammino...”
Ancora l’incerta, oscura voce:
“Come fai a colorare sogni e canti
tu che dipingere non sai?”
“Questo non so – risposi –
Grigia era la strada
e stonati i canti, sempre...
poi... poi incontrai qualcuno
che mi vestì d’amore.
Quando la sua mano
strinsi tra le mie,
mai la ritrasse e rise insieme a me.
Tutto si colorò: cespugli, tronchi,
gatti, i fogli dei quaderni,
la sabbia, i miei cassetti,
il viso di mio padre,
la foto d’un amico,
il ciuffo di un bambino”.
L’oscura ombra del dubbio
perplessa s’acquietò.
Non so se mi ha creduto
ma silente si disperse...
- VETRINA LETTERARIA -
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