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Dedicato a mio padre
Disteso, sopra la sdraia
sotto il pergolato
pieno di acciacchi, medita.
Osserva l’orto, con rammarico,
foglie e erba secca ingiallite
un vecchio nido
caduto, giù dal castagno.
Il cielo, oscurato da nuvole
uccelli in formazione
via, lontano a svernare.
Il sole è autunnale
mogio mogio,
si ritira dietro le colline,
la giornata è ormai al termine.
Un ultimo sguardo
e con fatica, si alza barcollando
incamminandosi verso il buio.
Il mio vecchio rione!
Poche case, tanti campi,
una campana che lanciava
rintocchi di fede e speranza.
Sorge un solarium dove
splendevano pannocchie.
Una vecchietta s’affacciava
per sorbire azzurro dove
una palestra si spalanca.
E vidi aratri sulle zolle,
gemme sulla terra smossa.
Vidi escavatori aprire fossi
e cemento che rubava cielo.
Margherite e papaveri
non sporgono dal grano,
ma spaccano l’asfalto.
Tutto questo vidi e vedo
seguendo il tempo.
Il mio rione d’oggi?
Tante porte sempre chiuse,
e voci in diverse lingue.
Conserva solo il nome originale
e per faro il campanile.
IO
vorrei ancora una volta
vedere la Tua mano sui miei capelli
le tenere forti braccia
stringermi al cuore.
IO
vorrei sentire il passo Tuo lento affannato
mentre la luna veglia sulle case
venirti incontro e sorreggerti.
Frugando nelle cose che hai lasciato
tra le mani passano
la scatolina con le pastiglie
l’uncinetto
il pizzo un po’ ingiallito
un ritratto sbiadito dei tuoi vent’anni
e mi par di sentirne la voce.
Rispolvero i ricordi
similitudini eventi sto vivendo
un brivido addosso!
La fronte si bagna di sudore
neanche una lacrima
il dolore
il dolore non fa rumore
vorrei
vorrei ancora una volta rivederti
Mamma!
- VETRINA LETTERARIA -
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