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La mente ottenebrata dallo sforzo
altro non vede
che il lento avanzare degli stanchi piedi
sull’impervio cammino, sulla ripida salita,
sino alla meta, sino alla cima
ove d’un tratto
quell’apparente ipnosi
che l’arduo incedere e il cadenzato passo inducono
vien meno
e desto mi ritrovo
solo io, Lui e il Suo creato
Discorsi d’uccelli,
seri o vani non so;
cinguettii tutt’intorno,
invisibili creature
che forse m’osservano, intruso,
e di me discorrono
o forse m’ignorano
presi a lodare, gaudenti,
il loro incontaminato mondo.
Dei colori d’autunno s’empiono gli occhi miei,
pellegrini senza meta pei boscosi clivi montani.
Mai si cheta la gioiosa natura,
mitologica sirena che senza posa
a se gorgheggiante m’attira.
Ma non ho cime
che leghino il mio io all’albero maestro
né la volontà di resistere all’insistente invito
e m’abbandono nel variopinto mare
di rami e arbusti
che paiono aprirsi ed accogliermi
come un ospite atteso.
- VETRINA LETTERARIA -
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