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Prima del viaggio atteso
ho messo nella sacca
fogli per far nascere poesia.
Tante tele cui dar vita,
con graffi e con colori,
per raccontar emozioni.
Dimenticata nei cassetti
la mia anima sognante
un po’ pigra, un po’ bambina
quella che si dondolava
al chiarore della luna,
ha lasciato ch’io partissi.
Ho ritrovato il vento
che fa danzare il mare,
di nuovo ho accarezzato
la vecchia amica palma;
salutato, col segno della croce,
l’antica chiesa madre.
Poi mi sono accorto
d’essere ancor più solo;
un anno dopo l’altro
il tempo infame e crudo
mi ha portato via
figure e sguardi amici.
Oggi nello smaltato cielo
galleggia un aquilone,
freme là nel sole,
la corda tesa al vento.
A quella sfida in volo
appendo, per librarmi anch’io,
la mia voglia di vivere.
Leto sfiorito e senza baci,
barche rovesciate, colori sbiaditi,
profumi svaniti, emozioni lontane
... e piango.
Mi chiami con voce amica
che parla la lingua dell’avo,
parole che sanno d’antico
... e ritorno.
Leto rinato, sapori conosciuti,
baci col soffio, le prue orgogliose
sfidano l’onda di nuovo
... e sorrido.
Taurum sonnolenta e vogliosa
di nuovo mi abbraccia,
il viso è nel sole e
... cammino l’arenile capace di amare.
È questo il paese di mio padre.
Qui ha iniziato il suo cammino
e i suoi occhi hanno visto il mare.
Su queste rive è diventato uomo,
da questa luna ha preso la dolcezza.
La piana verde d’agrumeti
e lo scoglio per il tuffo ardito
hanno accompagnato il suo crescere.
Paese coraggioso al mattino
pronto a rinascere ogni giorno
con il dialetto che bussa all’anta
portato dallo stretto di Cariddi.
Paese sorridente alla sera
quando dolci mediterranei seni
invitano alla danza dell’amore.
Paese da cui il giovane più non fugge
e il vecchio è la vera biblioteca.
Bello il tuo paese padre
e là, spesso, trovo rifugio,
io fragile, spaventato guerriero.
- VETRINA LETTERARIA -
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