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La falce, stanotte
ha crudelmente reciso
greggi di pensieri
allo sbando
nei recinti della mente.
Ha duramente sgozzato
nebulose di sogni impazziti
alla deriva
nei cieli infiniti.
Senza pietà
ha sterminato lupi
alla rincorsa d’innocenti prede.
Urlando
ha snodato
danzando
i suoi netti contorni
lungo spiagge deserte
e ha deposto
stanca
la lama insanguinata.
Però l’astore ch’è preso alla rete
ed è ribelle finché è domato,
diventa quindi domestico e amico,
se ammansito e ben trattato,
e vale più d’altri quando cattura.
Proprio lo stesso è il procedere
di chi, amando giovane donna,
deve ammansirla con gentilezza.
Peire Vidal
Quando il mattino del mondo era
un solo respiro,
non sapevo che esistevi
e il mio volo era libero.
I sogni,
privi di sbavature,
non marinavano il giorno
ed inseguivano l’ombra
di lunghe appuntite ali
in cerca di orizzonti superflui
al vivere quotidiano.
Quando il cielo terso non era
barriera al mio volo,
non conoscevo il Male
e il nero del mio capo
si stagliava
nella luce possente del giorno
verso Universi ancora possibili.
Allora
montagne incantate e boschi complici
urlavano la solitudine
ed il Destino segnato.
Alla Corte del mio Signore
aspettavo a mani nude
giunte in preghiera.
Già esistevi ma
solo in luoghi irraggiungibili.
Il mio silenzioso richiamo
ti contendeva all’Azzurro
e ti portava a me
che tra musiche e danze
spiavo il tuo arrivo
per rapirti poi
verso cieli sconfinati.
Nato per un duetto mortale
e senza scampo
ho accettato il mio Destino.
All’alba
usignolo sarò per te.
Cieca
catturata d’antico panno
eviterò il tuo occhio.
Senza cibo, debole,
preda della tua voce
solo te riconosco
e tranquilla aspetto
pronta allo slancio della vita
e della caccia.
Parto e ritorno
al tuo comando
attratta dall’esca che
ogni giorno agiti per me.
Ci incontreremo
nella nostra Contrada,
per rendere omaggio
alla dimora degli sposi.
Deporrò il mio guanto
e sarà pace,
calmerai il tuo volo
e sarà pace.
Sul sepolcro di granito
annaffieremo gigli
in nero vasellame
rubato alle perdute stanze di mosaico
nei dedali del Palazzo
dove Ruggero,
Re geloso,
conobbe il grande sonno.
Tuffàte le mani
nell’acqua gelida
della fontana della Vergine,
chiudi le palpebre
che sognano di te.
Usa la voce,
ipnotizza il cuore,
sanguinante per la lunga attesa.
Bacia le labbra
fiato sia:
concepiscimi la vita,
strappa la maschera.
- VETRINA LETTERARIA -
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